As câmaras da memória

Diario di un(o che continua a confermarsi un) antieroe
Vortici di pensieri disordinati: un italiano che ha anche vissuto a Lisbona, ma non per fare l'er*smus
"La vita per te é solo un pretesto per scrivere a ruota libera" (simon tanner aka humpty dumpty)
"Io lavoro, eri tu quello che faceva cazzate!" (Franca)

giovedì, giugno 01, 2006

Martina per abitudine


Ritrovo un articolo di Gianni Clerici, su 'la Repubblica' del 21 maggio scorso.
Stavo viaggiando in treno verso Roma, e leggere quelle parole mi scosse profondamente. Martina è nata un mese prima di me, eppure ci ha saputo fare molto di più. La solitudine del viaggio, con la poesia del mezzo-treno, oltre all'indiscussa bravura del sedicente scriba, tutto concentrato sull'evocatività del tennis (e Martina, anni 25, coetanea e bambina prodigio quando eravamo noi bambini tennisti non prodigio) mi han causato troppe emozioni, che a riproporre qui il testo, freddamente, su uno schermo, non possono riproporsi. Non si ha la stessa capacità di colpire e rendere partecipi di un formato cartaceo di un confortante quotidiano di sinistra dopo la politica e la cronaca, ma si dà comunque un’idea del proprio immaginario legato al mondo di Martina.

"Smemorato. D'abitudine, e non solo per l'età. Quando si confonde ciò che è avvenuto con quanto si è immaginato, mi disse Karen Blixen mentre l'intervistavo a Copenaghen per il Giorno, allora si può provare a scrivere. Questo è più utile nelle occasioni di giornalismo rilegato, che ogni due o tre anni oso definire fiction. Ma per un pur modesto adattamento di una partita del passato a quella d'oggi è forse possibile, frugando non solo nella memoria, ma nell'archivio di Repubblica. Correva il 10/05/1998 e l'articolo dello scriba affermava 'Minerva ha battuto Venere per ragioni che non sfuggiranno non si dice a un allievo di Robert Graves ma ad un qualunque studente del Liceo. Minerva Hingis è stata sempre lucida, ha giocato geometrico, non ha mai perso di vista il valore relativo dei punti. Minerva non si è mai, apparentemente, lasciata andare alle emozioni, o quantomeno le ha controllate, quasi fosse un doppio di sé, un piccolo coach celato dietro a quell'aria di bambolotta sorridente. Era scesa in campo con un disegno tattico geniale tutto semplicità, Minerva Hingis: palleggiare con rotazioni svarianti sul diritto dell'avversaria, evitandone il rovescio... ', e così via.
Siamo stati autorevolmente informati che non c'è nulla di nuovo sotto il sole, che la storia si ripete. Par giusto annotare che, nell'adattamento odierno, la mutazione più evidente è stata esteriore: da una blusettina blu e minigonna di allora, Venus è passata al completino giallo con sottanella, dalle perline nei capelli ad un elaborato chignon. Da un modellino per una volta conformista del tacchini anni '90, Martina ha adottato una canotta scalfata carnicina, e un'aderentissima mini. Quanto a gioco, l'impostazione tattica di Minerva non si è per nulla scostata dal novantotto, mentre, una volta ancora, Venere si affidava ad un forcing di puro muscolo, reso presto inutile da una preparazione fisica affrettata.
Sin qui, scarti e analogie, entrambe di modesto rilievo. Quel che è mutato, in questi anni, è rimasto segreto, intuibile soltanto a pochi intimi, o ad osservatori versati in psicologia. In tutte le correnti biografiche, più o meno autorizzate, si trova scritto che il ritiro dal tennis della Hingis era stato provocato da ribaditi incidenti occorsile a piedi, caviglie, anche, tra il 2000 e il 2002, che l'avrebbero trascinata dal 1° posto al n.10, e infine spinta al ritiro. In quello sventurato biennio Venus strappa 4 slam e Serena 3. Sono loro, le sorelle nere, a conquistare la ribalta sotto la regia di papà Richard.

Ad ogni sconfitta sua, ad ogni successo delle sorelle, il dolore di Hingis cresce. Ufficialmente, sotto glia archi plantari a soffrire, in modo da poter giustificare il ritiro intentando anche una causa miliardaria allo sponsor Tacchini.
In realtà, è tutto un mondo a crollare dentro a una ragazzina che si era creduta invincibile e non aveva mai immaginato la vicenda del Principe Felice di Oscar Wilde. Si dice appagata, e mente. Cambia non solo casa, ma addirittura continente, per iniziare un inesausto ping-pong di -chiamiamoli così- flirt, uno più improbabile dell'altro. Riappare nel mondo che le deve disperatamente mancare sotto spoglie di improbabile commentatrice o testimonial. I cavalli, giunge ad affermare, quasi una qualunque Elisabetta d'Inghilterra, la interessano in fondo più degli umani. Sinchè giunge un'ora che deve esserle parsa disperata, l'ora in cui è impossibile mentirsi.
Riprende la racchetta, e il suono della palla sulle corde l'attraversa, quasi rintocco divino. Riappare in una sorta di esibizione benefica su spiagge esotiche e , pur battuta, si rende conto di non appartenere interamente al passato. E allora ritorna: addirittura crudele col suo corpo che si era arrotondato, impigrito.
Dall'inizio di questo 2006 non fa che giocare,e ripete a tutti i cronisti di essere felice, vinca o perda. E' sincera, all'avvio, ma pian piano ritornano a visitarla i desideri. Vuol vincere, e vince sempre più spesso, sinché a Varsavia ritrova una delle sorelle Nemesi, Venus. Ci perde, ma capisce di poterla ancora battere. Si giura che lo farà, alla prima occasione.
Oggi, alla fine di questa storia vera, l’ha battuta”.
Gianni Clerici, la Repubblica, 21/05/2006.

Martina era così, una belva assetata di sangue su superfici rosse o verdi, una ragazzina tutta classe ed erotismo da compagna di banco, da vicina di casa.
Martina è tornata, e le altre non saranno mai Martina.
E non a caso oggi la Henin compie 24 anni ma riporto l’articolo sulla svizzerotta rotondetta.
Martina, Minerva, è unica.
Profuma dell’erba del campetto dei miei 16 anni.

E mi chiedo, ma saranno così importanti questi mondiali? Coi titoloni sui giornali ‘oggi il ct ha ruttato due volte come Bearzot nell’82’ o ‘Delpiero ha la diarrea come Tardelli al Mundial’ o ‘Totti si è depilato il pube come Pablito in Spagna’.
Ma chi se ne frega.

Adolescenza e poesia, caramelle amare e 20 sigarette, come diceva una volta un gruppo di Montepulciano che non conosceva nessuno.
E Martina.

Martina per abitudine
Miele infinito per anima
Piccola speranza di non deludere mai più
Per morire un attimo
Per calvario un angelo
(…)
Piccole catastrofi
Per minuti intimi
Tutto ciò significa
Scavare in profondità
(…)
Ora ridi...
Dietro lenti scure riderai

Baustelle, "sussidiario illustrato della giovinezza".

Martina è caduta, sembrava finita per sempre, e poi è tornata.

Ricordi, Martina, il nostro Sussidiario?
Ricordi, Martina, di Dylan Dog e del Subbuteo?
Ricordi, Martina, di preti malvagi, di cimiteri di notte, di pomeriggi pallidi?
Ricordi, Martina, di palle gialle sgorbie e sgonfie, di racchette graffiate, di alberi d'arancio, di erba curata male, di campi pieni di buche?
Ricordi, Martina, di motorini truccati, di patatine fritte alle sette di sera, in quel bar dove non andava nessuno, di sigarette di nascosto, con la paura che mamma lo sapesse?
Ricordi, Martina, quel giorno abbracciati ubriachi sulla terra sporca, ricordi di assemblee d'istituto col coraggio di aprire il cuore, di musica innocente e tu lì, a vergognarti di incrociare il mio sguardo?
Ricordi, Martina, di vino rosso e gin lemon, dell'illusione di essere diversi, cullata e poi rivelatasi un bluff, inutili come il resto, dell'innocenza dei nostri sogni così grandi da non stare nelle nostre manine piccole e impotenti, e crederci senza paura del domani?
Ricordi, Martina, io e te mano nella mano e baci che nessuno seppe mai, ricordi la piazza così grande, sotto le palme e panchine verdi?
Ricordi, Martina, come s'illuminavano i tuoi capelli al vento?

Ricordi, Martina, quand'avevamo quindicianni?

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