As câmaras da memória

Diario di un(o che continua a confermarsi un) antieroe
Vortici di pensieri disordinati: un italiano che ha anche vissuto a Lisbona, ma non per fare l'er*smus
"La vita per te é solo un pretesto per scrivere a ruota libera" (simon tanner aka humpty dumpty)
"Io lavoro, eri tu quello che faceva cazzate!" (Franca)

domenica, giugno 17, 2007

Pagatemi la pensione, ragazzini (cit.)


Una grande notte lisboeta.

Quando ho visto il flyer della foto a destra, con robert smith alle spalle di quelle magiche presentazioni, quanto ci avrò messo, secondo voi, per programmarmi la serata di oggi?
In fondo il revival anni '80 a Lisboa me lo vivo ogni fine settimana, ma stasera è stato un po' differente: perchè il Santiago Alquimista è un locale molto ben arredato, per quanto sia in Alfama -e a differenza del 100% dei visitatori di Lisboa a me Alfama non fa nè caldo nè freddo, è il vero Portogallo, dicono gli er*smus mai usciti dal Bairro Alto-, con un soppalco sul quale la gente balla a mò di cubo, perchè l'accoglienza è sempre buona, perchè una volta Helder mi ci ha fatto entrare presentandomi come Antonio Moretti con gli accrediti del Rascunho, perchè è la prima sudatona estiva a ballare dell'anno.
Una gran serata, con due dee jays bellissime, iniziata con poca gente. Ero darkabbigliato, i miei '80 sono questo dal punto di vista vestiti; sono i suoni del commodore durante il concerto di Type Loading Error, un tipo che basterebbe solo il nome, con la faccia coperta da una maschera da schermidore, a suonare sui suoi suoni (che grande trittico di parole) pre-registrati nell'ipod una chitarra bella secca e rock, col basso compulsivo di eighties memories; sono il mondo diviso in due sul final countdown, le C90, sono Blondie e la Material Girl, i Cure, il personal Jesus, la mia spilletta dei New Order di oggi, sono Sweet Child o' Mine col motorino, sono i Joy Division dopo una settimana curtisiana, con i racconti di quei vecchi paesani che sembravano di altro mondo - il nastro giallo e il paint-in-black; gli 80 erano quello che avremmo voluto essere crescendo: quello che siamo, l'adattamento tra infinite nostalgie di un mondo che, truccato forse dall'innocenza della nostra infanzia, ci sembrava perfetto, lento, drive in e l'a-team, i colori della televisione ancora un po' sfuocati; Maradona e il muro di berlino e chernobyl.
Ce li abbiamo ancora di fronte ai nostri occhi, quando li chiudiamo danzando su quelle tastierine ora pompose dei Van Halen, ora decadenti di Bowie, ora twee di Cindy Lauper.
Qualcosa che porteremo sempre dentro, qualcosa che ci ha segnati.
Noi, figli, che balliamo epilettici sotto le luci stroboscopiche avanzate alla generazione precedente.

Per quanto ci potrete cancellare od ignorare utilizzando un semplice tasto delete, quello che nell'Amiga era fantascienza, rimarrete degli orfani, ragazzini col telefonino.
Troppo impegnati per chiedervi "da dove vengo".

2 Comments:

  • At 17 giugno, 2007 16:17, Anonymous Anonimo said…

    Cari, carissimi anni 80..
    Siam nati troppo tardi per goderceli appieno, e troppo presto per esser predisposti a fotterci la zucca con la playstation e l'i-pod..
    Meno male che ogni tanto, raramente, una partita a tressette ci riporta alla realtà..

     
  • At 17 giugno, 2007 19:13, Blogger Il_Marchese said…

    Abbastanza però da esserne figli legittimi.

     

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