Da Parma a Vancouver, con le nebbie che si diradano
Dopo due anni di silenzio, dopo quel folgorante esordio del Poser, Lover e Poet con relativo album, i miei sempre favoriti Vancouver vengono fuori con due (tre?) pezzi (da ascoltare qui) ancora una volta unici, ancora una volta eccellenti, ancora una volta marchiati da altissima classe ed originalità.
E qualsiasi riferimento, a volte forzato, a volte necessario, a volte del tutto inventato di sana pianta che gli è stato tributato mi viene da ignorarlo e snobbarlo, nella misura in cui Jennifer inizia citando in maniera palesissima Tonight Tonight.
Tonight Tonight, signori miei, come quelle urla da Corgan italico che l'Alain Marenghi sputava al microfono alla fine del poser e del lover, per innovarsi e strutturarsi su una armonia post-rock che nessuno in Italia, e fors'anche all'estero, ha ancora trovato: un noise che non stanca, una melodia tanto delicata da rimanere in testa come una canzone pop da due accordi, quando invece dietro vi è una genialità e una originalità negli arpeggi, cadenzati su una batteria precisa e secca, con un basso finalmente valutato come si deve per inscriversi nel nuovo mood indierock di questi anni da far impallidire banduccie di periferia e ragazzetti postshoegaze cover band di cover band con i padri miliardari a pubblicare dischi in serie senza il barlume d'un merito.
Non so se solo io ci leggo così tanto quello che avrebbe fatto corgan se fosse ancora lucido oggi in loro, se è un bisogno che ho io di trovare la band tributo agli Smashing, e non voglio mancare di rispetto a questi ragazzoni parmensi che meriterebbero di stare in festival internazionali accando a presunti mostri sacri d'oggi -avanti i, per quanto da me osannati ché non è mai facile farlo, Camera Obscura non hanno fatto altro che prendere una chitarra e scrivere 10 canzoni uguali in mezz'ora-, e i Vancouver hanno dietro di loro un bagaglio culturale che non si esaurisce in questa mia ossessione continua, ma pescano in poesie scozzesi (The Idle, i Mogwai che si fanno produrre un album dai Delgados) -edit delle 22:26 locali: e nell'Idle ci sento pure un po' di Gibbard-, forse in un certo spirito Teenage Fanclub, raramente, mentre sotto il post d'avanguardia che cresce sulla voce dal timbro inglese del Marenghi (e ditemi se l'originalità sta qui o dalle parti dell'arrogante bottegaio, indeciso tra Low e Robbie Williams, gente che incide dischi a cazzo, per intenderci), che facilmente è accostabile alla rinascita shoegaze di questi tempi, crea una strada, un percorso da seguire, una innovazione logica e matura di un progetto che da una Foggy Town porta precisi precisi alla realizzazione di due pezzi che solo dalle premesse promettono di imporsi a diversi livelli e in diversi generi in tutto il panorama musicale d'oggi.
Due singoli d'eccezione, cui deve seguire un disco degno di loro, se queste stesse parole vogliono confermarsi.
Qualcuno, visto che per chi merita veramente in Italia non c'è posto, si propone di produrgli questo disco.
Da parte mia, se qualcosa si può muovere da queste parti, non farò mancare il mio appoggio.
E credetemi, io di cazzate ne scrivo tante, ma stavolta non scherzo: vi basta seguire due link per innamorarvi.
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