As câmaras da memória

Diario di un(o che continua a confermarsi un) antieroe
Vortici di pensieri disordinati: un italiano che ha anche vissuto a Lisbona, ma non per fare l'er*smus
"La vita per te é solo un pretesto per scrivere a ruota libera" (simon tanner aka humpty dumpty)
"Io lavoro, eri tu quello che faceva cazzate!" (Franca)

lunedì, agosto 06, 2007

Manuel Rui Costa e i limiti dell'antib*nf*quismo


Per la prima volta nella mia vita, in terra lusa, ho visto il mio adorato Sporting perdere.
E contro il B*nfica; ancora peggio.

In ogni caso, in quell'equipa de sidosos, rimane quel ragazzone incorruttibile che è Manuel Rui Costa.
Che è partito da Damaia, un bairro eufemisticamente degradato di Lisboa, molto vicino alla nostra adolescenza in terre difficili (diciamo che Damaia è il posto che più mi ricorda in assoluto a Lisbona la mia terra d'origine), per diventare il principe di Firenze, poi una colonna del Milan, senza urlare né scalpitare quando il suo posto fu preso da Kaká, un giovanotto senza barba né patene venuto da São Paulo -e chi non ci vive non puó capire il rapporto tra brasiliani e portoghesi; il portoghese vorrebbe essere brasiliano, il brasiliano schifa il portoghese, in due culture fondatesi, un modo di parlare opposto la stessa lingua, chiusa, cupa, scura, misteriosa la variante europea, cantata, sguaiata la brasiliana: il tuga sará sempre troppo triste, deluso, malinconico, profondo per essere un pagliaccio brasiliano, e il brasiliano troppo superficiale per non deridere la serietà lusitana - a rubare il posto a Rui, per arrivare ad essere amato e rispettato ad ogni latitudine.

Rui Costa rideva come un bambino quando guardava l'aquila degli infami volare dopo la vittoria. Rui costa sorride ad ogni partita che fa, mémore di quante nostalgie portoghesi che sempre ammise, quando già a Firenze diceva "tornerò a Lisbona", e a Milano e sempre e così ha fatto, tenendo fede ad una promessa d'amore infinito; per quei colori, certo, ma anche per il cielo dell'Algarve, che oggi ammirava inebetito, per il vento freddo di Lisbona, per il Ponte del 25 aprile, per i tramonti sul Tejo da togliere il respiro, per quell'oceano lontano e misterioso che finisce chissà dove, mentre alle tue spalle sono troppo indaffarati ed arroganti per preoccuparci, mémore di tascas e partite a pallone sotto gli archi delle mura romane, quei romani che ci hanno dato una lingua che abbiamo colorato fino a renderla così speciale; come i sapori del nord e la serra d'Estrella, o serate universitarie a Braga e Coimbra; come i ponti di Aveiro e i leoni di Porto; di ragazzine dagli occhi profondi che saranno chiacchierone sorridenti, donne così delicate, così semplici, così sincere e pure, tenere e minute da chiedersi da quale incanto siano state rapite così da renderle tanto vere.
Ogni volta che Rui guarda a tutto questo si sente così rilassato, con un sorriso irreale, così felice come un bambino che scopre una cosa nuova, che gioca nella -ed è il capitano della- sua squadra del cuore, che mangia a casa guardando sua madre, che la sera esce con gli amici alla tasca lì sotto, conoscendo uno per i uno i buchi nei ciottoli dei marciapiedi lisboeti.

Io non avrò mai tutto questo amore per questa terra, per quanto la possa sentire mia, profondamente; ma vorrei averlo; vorrei solo per un attimo sentire questo tepore di Manuel Rui...
Ecco, forse questa è una vaga idea di saudade.

2 Comments:

  • At 06 agosto, 2007 15:03, Anonymous Anonimo said…

    anche se a lisbona immagino avrai di meglio di fare, dai un occhio al nostro myspace se ti capita, che ci sono novità ;)

     
  • At 06 agosto, 2007 22:10, Blogger Il_Marchese said…

    Ecco, lo vedi, io avevo scritto 'sto popo' di post e già devo commentare il ritorno dei Vancouver... Ma vaffancouver, vah!
    :D

     

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