As câmaras da memória

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sabato, settembre 22, 2007

Fuochi d'artificio


Ovviamente partigiani, ecco alcuni pensieri su Watch the Fireworks, il nuovo di Emma Pollock, album che ho atteso per piú di un anno, e che, come lo stesso blog testimonia, ho seguito sin dall'uscita del singolo Fortune, generosamente elargito (come anche le versioni acustiche di Limbs e Paper and Glue) e messo in download sin dai primi mesi del 2006 da buona artista indie quale è sempre stata.
Ché Emma non ha bisogno di presentazioni: cantante e chitarrista dei Delgados, ahimé, come sapete, separatisi qualche anno orsono, quindi co-fondatrice della Chemikal Underground, passata, dopo la separazione tragica di cui sopra, alla 4AD (mica cazzi) nel giugno del 2005, dopo una crisi di identità (comprensibile, dopo più di dieci anni di musica insieme) che l'aveva quasi portata alla decisione di abbandonare il music business, per intraprendere la carriera solista.

Un po' come la Sarah Bettens, altra meravigliosa voce che ho sempre adorato, ma mentre la Bettens ha decisamente virato verso suoni profondamente folk, dell'album di Emma non si puo' non osservare l'assoluta vicinanza e lo strettissimo rapporto di parentela con il pop delgadosiano. Con le dovute differenze peró: Emma sembra molto piú triste, perde molto delle tendenze naif degli autori di Hate e Peloton, mantenendo però la purezza pop e le melodie incantate di sempre, le tastiere twee e la batteria precisa tipo marcetta, mentre la sua voce, il timbro inconfondibile un po' nasale e intonato, danza sulle note di chitarre arpeggiate o a distorsione appena accennata.

E se la prima parte, da New Land, marcetta appunto cadenzata con sottofondo di carillon, e subito dopo un pop rock dalle chitarre inconfondibilmente delgados con Acid Test, per passare ad uno dei pezzi piú meravigliosi di quest'anno, destinata a rimanere tanto tempo nelle mie compilation, la meravigliosa Paper and Glue, classica canzone d'amore semplice, si discosta molto da quello che sono stati i ragazzi di Glasgow per tanto tempo, Limbs e Fortune, come l'episodio conclusivo dolcissimo di The Optimist, tristi e mormotate, intime e sussurrate, sono dei pezzi molto piú personali, molto piú sentimentalmente carichi, coinvolgenti e narranti di piogge ed autunni mai realmente finiti, parti di quel mosaico che fu.
E se poi altri episodi, tipo here comes the heartbrake, spiazzano moltissimo (appena l'ho ascoltata ho pensato a "gonna soak up the sun"...) credo che il tentativo di avvicinarsi a nuovi suoni, di arriscarsi in nuove strade, che non la ridicolizza o non la rende banale, non possa che essere applaudito e comunque guardato con attenzione e passione, anche perché You'll come around ha un ritornello da paura, e il crescendo di If silence means that much for you esplora percorsi inusitati per lei, ed è strano e divertente sentire la sua voce inconfondibile in contesti così generalmente lontani dal suo genere.

La nuova Emma non smette di essere Emma, per quanto mi riguarda, la voce più bella degli ultimi 20 anni di musica pop, attesa e sperata e finalmente di ritorno con un disco da consumare nel tempo, da ricordare negli anni, sperimentale con consapevolezze della grande artista che è sempre stata. Un nuovo percorso, un nuovo profilo, una nuova casa discografica, una nuova band (per ora la accompagneranno i New Pornographers in tour) per raccontare se stessa, per ricominciare, per confermarsi e consolidarsi nel modo in cui è sempre stata; se ce ne fosse ancora bisogno.
Emma rimane una certezza assoluta, una cantante semplice di pop semplice, capace di rendere speciali i dettagli e il racconto del quotidiano. Un po' piú triste, forse un po' piú consapevole e matura, ma decisamente in testa a qualsiasi forma di classifica possa farsi quest'anno (e fors'anche negli anni passati, se non fosse che lei stessa si è superata con Universal Audio), in virtú di arrangiamenti, suoni, combinazioni di melodie.

Emma Pollock, Watch the Fireworks: supremo.

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