As câmaras da memória

Diario di un(o che continua a confermarsi un) antieroe
Vortici di pensieri disordinati: un italiano che ha anche vissuto a Lisbona, ma non per fare l'er*smus
"La vita per te é solo un pretesto per scrivere a ruota libera" (simon tanner aka humpty dumpty)
"Io lavoro, eri tu quello che faceva cazzate!" (Franca)

martedì, febbraio 28, 2006

Sò eu sei porque não fico em casa


Se pensate che il calcio sia un'ossessione in Italia, è solo perché non siete mai stati in Portogallo.
Qui si vive solo di questo. Udite udite, le donne ne sanno di pallone tanto quanto i maschi, raccontano di epiche gesta di calciatori affermati o storie perse nel passato molto spesso sapendo molto piu' dei ragazzi.
Quando è tempo di campionato tutto si ferma: locali chiusi, ristoranti manco a pagarne, negozi blindatissimi; è un'ossessione, ma che non ha nulla del nostro mondo del pallone insano e malsano.
Ho visto cose che voi umani... Benfica-Sporting, derby dell'anno, in un bar sportinguisti e benfiquisti spalla a spalla a bere birra e scambiare battute. Mai una parola di piu', mai un urlo selvaggio. Un rigore cambió il risultato, volgendo le sorti a favore dei biancoverdi sportinguisti. Candidamente gli avversari ammisero che il rigore 'era'. E lo Sporting espugnó il Da Luz.

Lo Sporting Clube de Portugal è un equipo de Lisbão con le maglie a strisce verde e bianche orizzontali, come quelle del Celtic, come nessuno in Italia.
Non so precisamente quando me ne innamorai: son sicuro che giocarono contro l'Inter, e io ero un ragazzino e ne subii immediatamente il fascino.
Non si ama una squadra solo per dettami familiari o per questioni di localizzazione, né perché vince sedici coppe dei campioni e trenta scudetti, e neppure perché in squadra ha il campione di turno.
Non c'é un motivo per amare una squadra. E' come innamorarsi perdutamente di una ragazza anonima. In fondo non ci crede neanche lei. Eppure tu scaleresti le montagne.
Mi faceva simpatia lo Sporting, prima di venire qui.
Prima che davvero entrassi nella realtá portoghese avevo già comprato maglia e sciarpa, e seguito due partite di questi ragazzi. Daniela (a chefe da claque, la mia professora di Portugues, e più avanti ce ne sarà da scrivere) e Bruno (il ragazzo, un tipo unico, una persona di cui difficilmente potrò dimenticare negli anni), sportinguisti D.O.C., hanno fatto il resto.
Lo Sporting non è la prima squadra del Portogallo. Quella è il Benfica, con lo stadio grandissimo, 8 milioni di aficionados su 10 milioni di abitanti, 30 scudetti, la squadra di Salazar, Eusebio e tutto il resto.
Il Porto già fa piú adepti: coppe campioni e scudetti, dicevo.
Lo Sporting no: lo Sporting non ha i soldi delle grandi, lo Sporting sta alienando il patrimonio immobiliare perchè non c'è un dinheiro, lo Sporting vende Figo e Paulo Sousa perché non si può andare avanti.
Lo Sporting in una settimana l'anno scorso ha perso coppa Uefa, scudetto all'ultimo minuto per un gol da annullare di Nuno Gomez a favore del Benfica, e Coppa del Portogallo sempre a favore di quel rivale di sempre benfiquista che ha lo stadio a 4 chilometri.

Ma lo Sporting é qualcosa di piú: è una condizione mentale, è un modo di essere, di sentirsi fuori dalla massa tutta rossa, di essere rassegnati e qualche volta vincere comunque: lo scudetto del 2000 rimane indimenticabile, raccontano di scene che solo a sognarle ti mette i brividi.
Lo Sporting é il capitano Sá Pinto che bacia la maglia e la settimana scorsa con Porto 51 Sporting 46 Benfica 43 si augura la debacle benfiquista a discapito dei suoi stessi interessi. Lo Sporting è lo Sporting.

Sabato Daniela e Bruno mi hanno portato a vedere lo Sporting.
Da quando sono qui questa squadra ha sempre vinto, da -10 che si trovava adesso è a -2. E sabato questa legge non è venuta meno: vado a Coimbra, per la partita contro l'Academica, in uno stadio che è un gioiello memorabile, figlio di quell'EURO 2004 che tanta gioia e dolore porto' a questo popolo (gioia e dolore... Come questa squadra). Allo stadio, all'entrata, la gente biancoverde e gli avversari sono vicinissimi. Un ragazzino di 8 anni e' a fianco a me. Due anziani qualche fila piu' avanti. Misti. Nero (il colore dell'Academica), verde e bianco: senza protezioni, senza polizia. Si tifa, anche contro, aspramente. Ma col sorriso sulle labbra.
Io non vado più allo stadio perchè l'anno scorso un uomo mi è quasi morto davanti agli occhi.
Non c'è guerra, se non in campo, dove l'undici di Lisbona dopo 1 minuto e mezzo e' gia' uno a zero. Liedson, un ragazzo che in Italia farebbe la gioia di tanti club, domina avanti, la claque (gli ultra') dedica cori al cardiopamo ai beniamini.
Tutto è una festa, tutto è gioia. Il 3-0 finale rende tutto ancora più perfetto.
Só eu sei, porque não fico em casa.

Rimane il tempo, per due parole sul Carnevale di ieri sera, truccato ma non troppo, fuori dalle mie abitudini. Per Sanremo che ancora una volta mi fa vergognare dell'Italia in toto. Per i carri di Nelas, paesino rurale di cui già parlai, di una semplicità affascinante; e chiedere passaggi ed essere caricti da un tizio che c'ha Faith in macchina.

E una citazione, scovata da Marco, che voglio riportare:
"Il mondo è un labirinto di spigoli, ti sbatte di qua e di là, ti stordisce di domande e proposte infingarde, ti accerchia e ti opprime.
Spostarsi da un luogo all'altro è solo una nozione illusioria che, di per sé, non ha motivo di portarsi appresso la libertá interiore di essere tu colui che decide di tale trasferimento; l'atto di uscire cosí come quello di rimanere finisce per essere altrettanto caduco e accidentale, dipende da come si guarda, dipende da un punto di vista che viene deciso, in ultima istanza, dalla mente.
Lei sí che non deve danneggiarsi: non v'é mutilzione peggiore di quella del pensiero, l'unica davvero grave!"
'La Regina delle Nevi', Carmen Martín Gaite.

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