As câmaras da memória

Diario di un(o che continua a confermarsi un) antieroe
Vortici di pensieri disordinati: un italiano che ha anche vissuto a Lisbona, ma non per fare l'er*smus
"La vita per te é solo un pretesto per scrivere a ruota libera" (simon tanner aka humpty dumpty)
"Io lavoro, eri tu quello che faceva cazzate!" (Franca)

venerdì, giugno 30, 2006

Le profonde rughe dei ricordi

Doveva essere una serata anonima, quella di ieri sera, finché inaspettatamente sei arrivata tu, e ti sei seduta lì, proprio vicina a me.
Tatiana.

Tatiana, ti ricordi? Avevi una maglietta verde col nome scritto dietro, erano circa tredici anni fa, e faceva caldo in piazza, quel giorno del torneo.
Tatiana, con quegli occhi colore del mare, e i ricci dorati che ti cadevano sul collo. Tatiana, quanto siamo cambiati. Irraggiungibile, eri, per me, brutto e antipatico, negato per il volley, fissato con il basso. Mai pervenuta a nessun concerto.
Non ti ho mai vista sorridere, Tatiana.

Quante volte ci incontravamo? A bordo della mia moto viola, albori di alcolismo, su e giù dal mare, dentro al bar a giocare a biliardo.
Una volta sei entrata, Tatiana, mi sedetti sul bordo del tavolo, tirai di schiena un pallonetto e imbucai.
Fu il più grande gesto atletico che mai ho compiuto nella mia vita, e quella volta ebbi la tua attenzione.

Ricordi i mondiali del '94, Tatiana? Eravamo vicini, e adesso che non ricordo neppure più gli avversari ricordo ancora i tuoi occhi.
Verdi, tristi, le tue labbra sottili e il tuo nasino all'insù, com'erano, com'eri ieri sera.
Quante labbra avrai baciato, quante braccia t'avranno stretto (e cit., perchè d'estate si tratta, e ai falò con la chitarra tu eri sempre nell'altro gruppo, quello vicino a noi), chissà cos'è quel tatuaggio.

Quante notti a pensarti, Tatiana, nome da triste diva del circo, a scrivere lettere che non saprai mai. Tatiana, che angelo sceso dal cielo che eri, che fresca brezza di settembre. Ti guardavo ieri, come ti guardavo sempre.
Come cercavo di incontrarti, e mai ti dissi una parola.
Avrei potuto dirtela ieri, ora che sono un uomo, ormai non più insicuro.

Ti avrei detto, Tatiana, quanto mi hai attraversato in questi anni. Donne, amici, fratelli, università, scuola, Portogallo, ideologie, battaglie, lotte, guerre, paci, sguardi, automobili, città, case, strade, bicchieri, bottiglie, mode.
E tu eri là, rimanevi nel mio cuore, profonda, immensamente innamorato di te da perdere ogni controllo, ché mi bastava sapere che c'eri, fata dai capelli dorati, per sentirmi migliore.

E perché avrei dovuto farlo? Non c'è più niente, adesso, ormai, della poesia, dell'innocenza, della voglia di vivere che portavamo dentro.
Del nostro mondo bambino senza telefonini, di corse al mare e partite di calcio, di sigarette amare che spaccavano i polmoni, della paura dei prof a settembre, delle piazze e patatine fritte.

Sono le due e tre minuti, un inatteso regalo, parte 'Felicità', di Albano e Romina.
Il mio volto ha tante rughe e i miei rari capelli si stanno tingendo di bianco. Tu parli con qualcuno lì vicino, e il tuo viso resta, come sempre, etereo e velato di un'aura di malinconia.
Il tempo ci ha sorpassati sulla destra, velocissimo, a bordo di un motorino viola, Tatiana.
E non ci ha lasciato niente.

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