As câmaras da memória

Diario di un(o che continua a confermarsi un) antieroe
Vortici di pensieri disordinati: un italiano che ha anche vissuto a Lisbona, ma non per fare l'er*smus
"La vita per te é solo un pretesto per scrivere a ruota libera" (simon tanner aka humpty dumpty)
"Io lavoro, eri tu quello che faceva cazzate!" (Franca)

lunedì, settembre 25, 2006

Riproposizioni: Harri Decheiver e l'irresistibile richiamo della libertà


Onde scongiurare il famigerato blocco del blogger, ripesco un racconto che incluederei ne "la materia dei sogni", che postai in un luogo... che non specificherò, ma mi accorgo che stavo davvero male.
E che, grazie a Dio, sono meno scorbutico, prolisso e pesante.
Sono cresciuto. In soli due anni.
Paura, eh?

Nota doverosa: questo è un mio racconto, molto parafrasato e con grande licenza poetica, basato su una storia vera, che risale al 18 dicembre dell'anno 2004.

Premessa.

La mia passione per il calcio tedesco si formò (correzione: e si concluse) nel corso della seconda metà degli anni '90. Erano i tempi che la pay tv era Tele+, ci voleva il decoder (che aveva solo tre canali) per vederla, e lo avevamo in casa solo due persone in tutta la compagnia. I pomeriggi di sabato erano dedicati alla visione delle partite di Bundesliga, che, noi poveri provincialotti tifosi di serie B, amavamo quasi quanto il nostro massimo campionato.
Erano i tempi in cui Massimo Tecca e un imberbe Fabio Caressa entravano nelle nostre case a raccontare con passione e tanta ironia un pallone distante dal nostro, cui noi dedicavamo una cura maniacale.
Un Caressa pazzesco, ricordo: adesso è limitato dal suo ruolo di telecronista istituzionalizzato dalla responsabilità di commentare il posticipo di campionato (correzione, è arrivato ai mondiali, il buon Fabio), ma che allora si lanciava in descrizioni che facevano impallidire: "uscite misteriose", i primi"thé caldi" e, indimenticabile, un supergol di Paulo Sergio che lo fece urlare come un ossesso per tre minuti e mezzo.
Prendevamo appunti delle sue telecronache, ho quaderni zeppi delle colorite espressioni che si lasciava scappare durante i matchs di Bundesliga.
Altro che filosofia e latino.
Uno squilibrato, insomma, un uomo rimasto bambino con le sue espressioni adolescenziali. Era uno di noi, passione allo stato puro sopra ogni altra cosa, prima di ogni altra esigenza.
Ma questa è un'altra storia.

Harri "Knipser" Decheiver

Harri Decheiver approdò al Friburgo nell'Ottobre del 95, per sostituire Cardoso. Cardoso era un regista argentino dalla tecnica sopraffina,un piccolo genietto del calcio. Punizioni fenomenali, bordate da fuori area, assist al millimetro. Perfetto, dentro e fuori dal campo, con la garra tipica del suo popolo. L'idolo dei miei amici.
Giusto per andare controcorrente, quasi immediatamente mi schierai subito dalla parte del suo sostituto, tale Harri Decheiver.

Quell'anno Decheiver scardinò le porte.

Harri Decheiver nasce a Deventer,Olanda, nel 1970.

A 16 anni fa il titolare nei Go Ahed Eagles(sempre di Deventer), in serie A.
Nell'87, fulminati dalla sua abilità, lo tesserano l'Ajax. Lo mandano all'Ajax2 ma comincia a godere eccessivamente della bella vita di Amsterdam: non si allena e lo buttano fuori, dopo sole tre settimane.
Torna a Deventer e gioca tre anni in serie B, anonimamente.
Nel 90 va all'Herenveen, poi passa all'RKC.

Le squadre olandesi, per chi non lo sapesse, a parte l'Ajax che è una delle superpotenze del calcio mondiale (al pari di Real Madrid, Juve, Milan, Inter, Bayern, Manchester Utd...) sono tutte equiparabili a una discreta C1 italica. Passa, per intenderci, dal Milan alla Pro Vasto.
Perde la prima occasione.

Nel 91-92 Harri Decheiver si piazza secondo in classifica cannonieri in Olanda dietro a Bergkamp, allora osannato come uno dei migliori talenti d'Europa, a pari merito con un altro grande emblema dell'adolescenza, Wim Kieft (che qualcuno ricorderà per un suo gol che eliminò l'Eire agli europei '88), siglando 19 reti.

Fine stagione. Ultima partita. Si parla di un ritorno all'Ajax.
Si rompe i legamenti.

Salta tutto il 92-93, poi lo chiamano in Svizzera, al Servette. Potrebbe essere un interessante trampolino di lancio.
E'tutto pronto: in Svizzera lo vogliono, piace, sarà pagato e titolare, l'occasione per ripartire da zero.
Parte sballato, fumatissimo, e non passa le visite mediche.

Non demorde e riparte: 16 gol nel 94-95, prima all'RKC, poi al Go Ahed Eagles.
L'Olanda gli sta stretta, è deciso.
Fine stagione, si offre a mezza Europa, compreso il Cagliari allora allenato da Trapattoni.

Il presidente del Friburgo se ne innamora, lo prende.
Arriviamo dunque al 1995. Primo anno in Bundesliga, un Friburgo in cattive acque rischia la retrocessione.
A ottobre arriva Decheiver,casacca numero 27: 11 gol in 22 partite,salva il Friburgo.
Sembra che vada tutto bene: si allena, con la società e i compagni di squadra si trova bene, con i tifosi e la città è un idillio: firma fino al 99.
Inizia una nuova stagione.

Friburgo non è Berlino, ma ci si può divertire anche qui: Decheiver ricomincia a uscire la sera, a non allenarsi. I suoi compagni di squadra sostengono che sia autore di piccoli furti, litiga agli allenamenti, i tifosi lo abbandonano. Decheiver non sta più bene, non segna, non inventa. Si fa espellere troppe volte inguaiando la squadra, il mister lo sostituisce spesso e lui lo manda a quel paese in 17 matchs su 19. Fa le ore piccole, salta gli allenamenti, beve birra, fuma e scopa alla grande.

Lo cacciano dalla squadra.
Torna ad allenarsi in Olanda, ancora a Deventer, dove fa la vita che vuole.
Decheiver è un destro naturale, seconda punta molto veloce che taglia l'area.
Va all'Utrecht, e segna 6 gol in poche partite.
Sembra essere tornato lui.

Siamo al 1998, e passa al Borussia Dortmund, l'allora grande Borussia Dortmund (sarà campione d'Europa nella famosa finale contro la Juve) per 6 milioni di marchi.
Memore dell'esperienza all'Ajax di nove anni prima, Decheiver è deciso e determinato a non perdere anche questa occasione: non beve più, si allena, lotta, gioca. Lo iscrivono pure alle liste Champions. Fa 8 partite,segna 3 gol.
Lanciatissimo.

"Harri Decheiver ended his professional footballcareer because of an heavy injury in spring 1999. His last club was Borussia Dortmund in Germany. Decheiver played in the European Supercup against Barcelona and in the Worldclub cup in Tokyo with Dortmund as well." (http://www.dutchplayers.nl).

Si rompe. E' finita.

Io immagino adesso Harri Decheiver sotto i ponti a insegnare calcio ai bambini. O ucciso in un pub olandese perchè ha rubato la moglie a un capomafia. O alle prese coi debitori che incalzano, alcolizzato com'è, stanchi di fargli credito.

Decheiver è un simbolo del nostro calcio da ragazzi giocato per strada, lontano da schemi e catene, quando a fine partita si prendeva una birra (due, tre, quattro birre), si usciva con la ragazza, si faceva la cazzatona con gli amici.
E'sempre tornato a casa, Harri Decheiver, per volontà sua, per sfortuna, per destino.
(Aggiunta di oggi: guarda un po' com'è la vita... Quant'è mia, questa frase, adesso, ché quando scrissi questo racconto del Portogallo non vedevo neanche l'ombra più lontana?)

Ma Decheiver è anche un simbolo della libertà.
Scappò dall'Ajax, dalla Svizzera, dal Friburgo.
Da ogni catena.