As câmaras da memória

Diario di un(o che continua a confermarsi un) antieroe
Vortici di pensieri disordinati: un italiano che ha anche vissuto a Lisbona, ma non per fare l'er*smus
"La vita per te é solo un pretesto per scrivere a ruota libera" (simon tanner aka humpty dumpty)
"Io lavoro, eri tu quello che faceva cazzate!" (Franca)

lunedì, ottobre 09, 2006

Scegliete voi

Un esperanto personale, un esperimento solidale (con me stesso, l'equo e solidale, quanto interesse personale c'é, quant'egoismo, in questa parola, in questa concezione del mondo - e da questo, che vi credete, che non riuscirei a dissettare sulla finanziaria? Poverazzi, con la giacca nera e gli occhiali trasparenti), che mi porta a rilevare che in effetti ancora non ho un titolo per questo post che probabilmente andava scritto pochi minuti fa, di fronte ad una televisão accesa, mentre I feel like I'm speaking about what I think.
Ok, sono portato per le lingue. Che puttanata che ho fatto, ma vuoi mettere o nivel no qual fico agora falando in tutte le maneire che voglio, giuvanottu, e invece a che serve?
Lo dico in portuguese, na maneira che so ele pode perceber: pah, o rei dos burros, tornai-me?
Puó darsi, ma che importa? Sento crescere canzoni su un arpeggio cantato mentre la seconda fa le distorsioni forti, che é? Pop rock? Il dolore superato, tu che chiami quello s'é ammazzato poverazzo, ma com'é arrivato?
Lo so io com'é arrivato. Come ti fermi un secondo a pensare, ma guarda tu: If I do one thing like this, o minuto antes, che penseró? Antes da chegada, claramente.
E quella lá, il suo sguardo, pah.
E' pronta, andrá via.

Com'é bello crescere.

Una volta pensavo, pensavo non in funzione di, pensavo poiché, che i molteplici interessi, pah, erano cosa particolare, discriminante, quando poi ti ritrovi che quegli interessi non li coltivi piu, tanto fichi il re dei burros comunque caraglio.
Allora fichi qua. Ho tradotto maxithlon in portoghese, ho parlato dei cazzi miei a uno che é svenuto e che cazzo, mamma mia.
Coraggio. Boh.

E quello, ma dai, uno dovrebbe sempre essere cosí per ucciderli, sti mezz’uomini (a parole, scemi – guarda te, mi viene in mente eleonora e melloncolli).
And I feel justy like fallin’ in love again.
Quante ne inventiamo per andare lontano.

Ché la vita non é una fica, né nemmeno una maglia firmata.
E' piangere di fronte all'illusione di fottere la solitudine. E' una canzone dei death cab. E' un telefilm cazzone americano. E’ l’illusione di pensare che 33 minuti e 06 siano qualcosa, che quanti ti hanno amato, ma io restero chi ti ha amato davvero.
É fumare una sigaretta alle 4 con la gola in fiamme che te ne chiede di piú.
É guardade quel coglio' in faccia e dire, ma va curcati.
É 4 lingue parlate.

E' ma cazzo quella sera avrei dovuto portarti sola, a casa.

É essere superiore a uno che, che bello, ti porta in giro con la macchina, é piú che il materialismo e lo svuotamento calcolati, é vaffanculo ma che me ne fotte di perdere punti, é due note su una scala, é l’arancio di oggi pomeriggio, e io non vado via solo per quell’arancio.
Solo perché ho visto il colore arancio a Lisbona.
E nessuno saprà mai cos’é, mesmo os lisboetas também, que nao percebem o que fortuna tem.

La vita é una speranza, o una presunzione continua.

La vita l'hai capita, e l'hai lasciata.
Chi poteva capirlo, dai.
Poveracci.

Ciao, Ciccio.