"What's a Wonderwall?"
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Oh, si', adoro questa canzone, e' stata la canzone al nostro ballo.
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La mia fu "Starway to Heaven". Dio!
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Questo mi fa sentire cosi' vecchio.
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Dio, come mi mancano quei tempi.
(...)
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Cos'è un "wonderwall"?
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E'... Qualcuno su cui puoi sempre contare.
Non importa cio' di cui hai bisogno, lui e' li' per te.
Chi si é preso la briga di leggere i commenti in calce al post precedente, capirà come mi sono sentito di fronte a questo dialogo, puntata numero tre, serie 4.
Nip/Tuck.
Oasis.
Sean e Monica in piena tensione erotica, e parte Wonderwall.
"La canzone al nostro ballo."
Credo di aver parlato pochissimo, forse mai, della mia passione oasisiana.
Nacque così, in modo estemporaneo, con l'ascolto ormai remotissimo di Definitely Maybe, quand'ero alle prese con grane da liceale e primi esercizi su uno strumento.
La mia condizione non mi impedì di urlare subito al miracolo, quel periodo, 1993-1996, decorato da Mellon Collie, da Smash, da Superunknown e per l'appunto dagli Oasis e da Wonderwall, materpiece di quello strordinario capolavoro destinato a rimanere senza tempo (e mi si scusi la contraddizione tra localizzazione temporale e astrazione cronologica) che è e resterà Morning Glory.
Mai indossata una maglia coi colori inglesi, mai sentito un britpop-kid.
Stavo più sul dark, io.
Gli Oasis erano qualcosa di privato, una cassettina in uno stereo usurato da interminabili pomeriggi primavera-autunnali rosa rosae e Geoffrey Caucher, poi più avanti Ballantines e subito dopo scuola guida.
O il Manchester City.
Ma non vi tedierò con la settecentoquarantesima riesumazione del mio privato adolescenziale.
La cosa che ho sentito, abbinando la quarta serie del familiare N/T ai familiari Gallagher, come ho scritto da altre parti, è stata un po' come se la tua compagna da tre anni, che ancora ami alla follia, ti stupisse come la prima volta. E d'improvviso t'accorgi che la ami ancora di più.
Una qualcosa di familiare, appunto, di conferme interiori che non avevi richiesto ma che in fondo ti fanno sentire meglio.
Sensazioni poco usuali, mi si permetta, e non credo che questo sia dovuto alla mia particolare forma mentis, questa condizione di fascinazione si crea credo in tutti.
E' un po' come tepore dell'anima, calore profondo, un grammo in meno di solitudine assoluta. D'improvviso, a tradimento, un fotogramma di un telefilm che pretende, a tratti, di essere senz'anima (facendo l'occhiolino però a spinte interiori non da poco) ti fa commuovere.
E quella chiave di lettura di Wonderwall.
Quanto sarà stato che non pensavo al senso di questa canzone?
Perché quando impari a suonare un pezzo, perdi gradualmente la carica emotiva che inizialmente ti conquistava, ti spingeva a divorarne parole, significati, note e passaggi.
Come l'a solo di Ballata o il giro di Jumpin' someone else's Train, diventi meccanico, robotico, ripeti due gesti con le dita, e dimentichi cosa ti stiano dicendo, cosa tu stesso dici, in quella breve sequenza.
Fino a dimenticare anche come si suona.
Ma poi ritorna così, d'improvviso, e ricordi tutte quelle impressioni che ti fece da bambino, quelle cose che sembravano infinitesimali, quotidiane, insignificanti, e che in fondo era la tua vita e nemmeno te ne accorgevi.
Come ricordare un amore perduto.
Quando le letterine diventano insopportabili le metti da parte. Rabbia, dolore, fastidio, senso di vuoto.
Dopo tanto, dopo l'oblio (ma cosa sarà mai quest'oblio? Ché io non l'ho mai visto in nulla), resta un sorriso, nemmeno amaro, e nemmeno indifferente, e nemmeno di rimpianto, e nemmeno velato del patetismo di cui sotto: resta un sorriso di ricordo, e la lacrima che vi dicevo.
E'... Qualcuno su cui
puoi sempre contare.
Non importa cio' di cui hai
bisogno, lui e' li' per te.
Sono i ricordi, sono un muro dei desideri, che nonostante quel video in bianco e nero, io vedevo dipinto di rosa, verde e bianco:
Era la mia adolescenza, era una vita da vivere.
Quante lacrime, per un fotogramma.
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