Una favola a lieto fine
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Di Wimbledon, quest'anno, onestamente, ho seguito poco, come si sarà notato, assecondando la passione calcistica, sacrificandomi al rito solenne mondiale.
Non ho seguito Martina, malmenata senza pietà, né Justine, approdata in finale dopo il 620° derby vinto contro Kim burrosa, nè la dolce Amelia, che in finale c'è arrivata pure.
Stavolta vincendo.
E sì, dolce Amelia, stavolta, finalmente, tocca a te.
Australian Open già in bacheca si obietterà, ma ricordiamoci che la vittoria venne solo dopo i due belgi ritiri in semifinale e nell'ultimo atto.
Stavolta è Amelia.
Amelia, vestita di bianco. Amelia che perde il primo set 6-2.
Amelia che non si arrende, che guarda la sua compagna in tribuna, che urla allez sovrastando Justinella, che corre a rete e spara al volo, che serve aces a tutta forza.
Che non crolla quando ha la vittoria in mano, che alla fine di questo ballo, questa volta, è incoronata regina.
Per la prima volta, davvero, Amelia.
Amelia che ripete l'ultimo servizio, e alla seconda tira la palla in aria, la riprende, la fa rimbalzare, la ritira, la mette dentro, Justine sbaglia e scorrono le lacrime, e sale come Cash fra le tribune del centrale, e sorride al mondo, e si fa fotografare, e piange, ché ha preso quel treno, il treno giusto, che l'ha portata in fondo.
Contro le paure, contro i nervosismi, contro gli isterismi.
Parole dette, giudizi avventati, critiche a fisico e anima.
Tutto alle spalle, il mondo ai tuoi piedi.
Hai vinto, Amelia, finalmente.
Fragile, indifesa, impaurita.
Mai più.
L'essere più dolce del mondo.
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