As câmaras da memória

Diario di un(o che continua a confermarsi un) antieroe
Vortici di pensieri disordinati: un italiano che ha anche vissuto a Lisbona, ma non per fare l'er*smus
"La vita per te é solo un pretesto per scrivere a ruota libera" (simon tanner aka humpty dumpty)
"Io lavoro, eri tu quello che faceva cazzate!" (Franca)

giovedì, gennaio 22, 2009

Le meraviglie del fa e di tutti gli altri accordi


Non è mai stato tanto difficile per me parlare di qualcosa come lo è dei Mr. Connecticut.
Anche se mettessi entrambe le mani sul fuoco e ne venissero fuori immacolate e pure, è ovvio che da ogni parte, anche in modo inconscio, verrei accusato di scarsa onestà intellettuale, nei riguardi di una band formata da tre persone la piu' recente delle quali ho conosciuto 20 anni fa, e delle quali, grossomodo, posso ricostruire gran parte del percorso musicale al millimetro.

Ma non è per puro spirito di campanilismo che annoto queste mie righe, perché non è sinceramente possibile tacere di fronte a Le Meraviglie del Fa, e alla capacità di quest'album, autoprodotto con 4 lire in una provincia, in un paese che, non mi stancherò mai di ripeterlo, se si fosse trovato 800 chilometri piu' a nord della penisola, non avrebbe avuto niente da invidiare, in quanto a concentrazione di talenti, alle capitali della musica italiana, di essere un punto di rottura nell'intero panorama del pop tricolore degli ultimi anni, quanto a nuove proposte pop. Se mi fosse caduto dal cielo come tutte le altre produzioni piu' o meno grandi che mi capitano in hard disk, avrei scritto di sicuro le stesse identiche parole.

Le Meraviglie del Fa è senza ombra di dubbio uno dei migliori esordi musicali che la scena indiepop italiana abbia proposto negli ultimi tempi. La struttura del disco è compatta, le citazioni miste all'originalità di 10 pezzi logicamente in fila su sonorità quando twee, quando piu' elettroniche, costituiscono un puzzle omogeneo perché armonicamente strutturato sulla combinazione di diversi suoni "portanti" dell'intero album: le melodie sono figlie dell'eclettismo e delle diverse esperienze pregresse dei tre. La batteria cadenzata del Barresi è esemplare di un culto pop delle produzioni piu' e meno recenti, si sente Paul Savage in alcuni fraseggi, come anche qualche vezzo '70es italiani, con il passaggio fondamentale, pero', di altre divagazioni piu' noise, decisamente necessarie ad inserire l'album nel contesto attuale; sulle tastiere di Amuso, invece, si potrebbe scrivere un libro: il talento pop del nostro è qualcosa di assodato per chi lo ascoltava già piu’ di dieci anni fa, ma, fingendo di ascoltare per la prima volta le incisive linee di tastiera che piu' d'ogni altro strumento caratterizzano le sonorità dei Mr.Connecticut, come già giustamente altri e in altri luoghi hanno notato, non si puo’ che configurarle come sublimazione piu' evidente del rock italiano –sotterraneo- anni ’80, parliamo di Diaframma, e Litfiba, e un continuo sviluppo degli arazzi indimenticabili che Antonio Aiazzi ha affidato alla gloria della musica italiana degli ultimi 30 anni; il tutto, pero’, modulato su una base twee, che rimanda spesso alla Scozia dei Camera Obscura, e che conferisce alle tastiere quel ruolo indispensabile che assumono nei quasi cinquanta minuti dell’intero disco. Il ruolo degli strumenti a corda, invece, affidato a Taverna, è quanto di piu’ familiare riesco a trovare in tutto l’album: ogni singolo accordo rimanda alla tradizione brit piu’ pura, dai Pulp agli Oasis, ma anche ad episodi americani, in primis le parentesi piu’ felici dei Death cab For Cutie, o, per rimanere in Scozia, ritmi e linee melodiche Kings of Convenience.

L’album si snoda in modo alternante, affidando quando all’uno quando all’altro strumento il ruolo di protagonista ad accompagnare la voce singolare e nasale-roca dello stesso Barresi, decisamente il tocco di orginalità piu’ unico.

Il caso di Barresi è sicuramente il piu’ complicato e affascinante. La particolarità della sua voce, che di sicuro rimanda con riferimenti piu’ o meno evidenti alle ispirazioni piu’ varie, la rende unica, anche quando si limita a cantare la cover de la stagione dell’amore, di Battiato. Il Barresi è un marchio di fabbrica, non ha spunti di acuti altissimi da lasciare a bocca aperta o urla possedute da ira funesta. Il Barresi è sensuale, roco, sussurra e stona, o accompagna la melodia, e rapisce, prende per mano, culla per tutto l’album.

Vi direi che è sempre stato così. Il Barresi a 16 anni solo con la tipicità della sua voce rendeva ascoltabili pezzi orrendi ai limiti del concepibile. Suo malgrado, ancora ne conservo le prove.

Ma questa orgia di riferimenti che ho appena elencato non deve minimizzare in alcun modo lo spessore di questo piccolo/grande esordio. L’apertura, Il Walzer del Camorrista, è un’operetta strumentale orchestrata e dreamy, con appunto la compattezza di suono architettata intorno alla delicatezza delle tastiere in crescendo, cupe e lisergiche, un groove insistente e incalzante, di rarissima bellezza, incantevole, seguita subito dopo dal vero baluardo dell’intero disco: Baby.

Baby è il senso e il paradigma, il termine di riferimento di tutto il progetto mr. Connecticut: ecco la rivelazione del 2009, nella misura in cui questi ragazzi riescono a configurarsi come i Perturbazione nella loro migliore versione possibile, e piu’ divertente e riuscita. Ad una strofa cantata in crescendo, segue un indimenticabile “oh-oh-oh” che apre ad un ritornello affidato alla tastiera melodica per una perfetta canzone pop, e ad una chitarra ad arpeggiare twee, un singolo che ascolti una volta e resta in mente per sempre; non sarebbe difficile immaginare un video per questo pezzo che, in tutto un altro contesto, passerebbe attraverso tutte le radio indie d’Italia. È questa la base dell’analisi per scoprire il segreto dei Mr. Connecticut: la miscela di intuizione e classicismo easypop, qualcosa molto simile a cio’ che ricorda, ovviamente fatte le dovute proporzioni, i Cure di Wish, che li rende convincenti e capaci di infilare due bei paletti nella memoria sin dal primo, superficiale ascolto. Un po’ quel che accade con La Prima Volta, una bella marcetta estiva e scanzonata, e, se ancora non bastasse, arriva Il Giorno Dopo, due minuti e mezzo di melodia dolce e riuscita, con evidenti citazioni Pulp, un quattro quarti e il malizioso crescendo che esplode in un ritornello convincente e armonioso.

Non si tratta pero’ solo di rose e fiori: un pezzo meno forte è sicuramente Crepes, un’idea molto cantautorato seventies, lento e affidato principalmente alle capacità del Barresi, troppo dispersivo, al contrario di Nessuna Idea, troppe citazioni al classico rock italiano Afterhours nell’approccio e troppo Baustelliano nel ritornello, entrambe idee che se fossero state sviluppate meglio presumibilmente avrebbero rappresentato altri pilastri importanti nell’economia dell’intero disco.

Prontamente pero’ ritorna l’incanto delle chitarre di Goodbye, il pezzo con il ritornello piu’ convincente, due accordi aperti semplici e decorati di effetti al minimo, lenti e dolci, a struttura classica, strofa-variazione-ritornello per due e chiusura, una prova di talento nitidissimo alla pari della, sciaguratamente sacrificata nella versione finale del disco, cover de La Stagione dell'Amore, forse un po’ troppo simile all’originale, ma che, come già riferito, mette in evidenza le qualità del cantato e non di meno l’eclettismo dei tre nell’uso dell’elettronica, che colora il pezzo di una epicità che nell’originale non si trova; un’interpretazione singolare, che ha portato qualcuno ad ascoltare echi progressive, e alcuni suoni, tutti quelli creati con l’ausilio dell’elettronica, non inducono ad escluderlo, oltre alla cover di Battiato, in tutto il disco. Se Crociera, invece, ricade forse negli errori di Crepes, pur essendo nel complesso piu’ pregevole dell’episodio precedente, un altro masterpiece è di sicuro La Luna Sbadiglia: i suoni iniziali ricordano il meglio delle produzioni catanesi, e mi riferisco a Venuti e degli episodi piu’ interessanti e post della Consoli, in quell’altalena stonata e disarmonica dell’apertura, seguita dalla magia di un ritornello incantevole, crescendo stupefacente e ritmato sulle vette emozionanti della voce di Barresi, un pezzo di un’atmosfera e trasporto rari e preziosi, degna anticipazione della chiusura di Non è Cosí, il pezzo forse piu’ straordinario e promettente di tutto l’album. Da un inizio lento e a chitarra pura, i mr. Connecticut esplodono in un delirio post rock da manuale. Quasi 11 minuti di barocchismi in contraddizione solo apparente: la piu’ stupefacente novità dei nostri, il quid che li rende notevoli, sta nell’arte magistrale della condensazione dei diversi generi, pur mantenendo un’attitudine melodica irriducibile; ed è per questo che Non è Così puo’ definirsi, molto probabilmente, il pezzo manifesto dell’intero album.

Ed è da queste basi che nascono le considerazioni su una band che si candida, a pieno titolo, come la sorpresa dell’anno: i Mr. Connecticut, certo penalizzati dall’infelicità del nome, oggettivamente troppo brutto, portano in dote una storia ed un talento che probabilmente in pochissime altre band della scena italiana indipendente possono essere rintracciati. L’autoproduzione con mezzi che non si esiterà a definire di fortuna e ai limiti del dilettantismo viene assolutamente soverchiata dalla sublimità melodica, dal talento cristallino, dall’affiatamento dimostrato, dalla tecnica sopraffina e dall’orchestrazione generale di un album dai mille spunti e dal tocco originale ed inconfondibile.

Le meraviglie del Fa (ecco, un nome certo piu’ accettabile per un band dello scialbo non-sense americanizzato) è un piccolo gioiello che porta con sé delle promesse sulle quali i tre calabresi possono costruire una storia importante.

La classe c’è, insieme ad originalità e talento: il retroterra musicale di ciascuno di loro, associato ad un’attitudine rara, gli ha permesso di individuare un posto importante nel pop italiano. Raggiungerlo, ed occuparlo stabilmente, è quello che gli si chiede, mentre supporto incondizionato è quello che gli si darà, se le prossime prove si confermeranno, come decisamente gli si impone, a questi stessi livelli: i loro sforzi saranno ricompensati solo nella misura in cui sapranno mantenere le promesse di un esordio che, allo stato dei fatti, è uno dei piu’ straordinari dell’intero decennio, nella storia musicale della nostra penisola.