As câmaras da memória

Diario di un(o che continua a confermarsi un) antieroe
Vortici di pensieri disordinati: un italiano che ha anche vissuto a Lisbona, ma non per fare l'er*smus
"La vita per te é solo un pretesto per scrivere a ruota libera" (simon tanner aka humpty dumpty)
"Io lavoro, eri tu quello che faceva cazzate!" (Franca)

lunedì, gennaio 29, 2007

Roger Quigley, At swim two birds


Al di là della poca capacità che sto dimostrando nell'ambientarmi a Lisboa, qualche solito problemino di salute, e al di là del fatto che il fine settimana a Viseu con amici che sono fratelli mi ha rinfrancato e riscaldato il cuore, i concerti che sto vedendo in questi giorni sono qualcosa di spettacolare.

Roger Quigley in versione At swim two birds.
Il nuovo album, Returning to the scene of crime, é sempre evoluzione del suo stile.
Quigley usa la voce colorando il monocorde della chitarra, la batteria elettronica non é banale, la Sophia al violoncello é speciale oltreché meravigliosa. Non scade nel ripetitivo come penso gli capiti spesso coi MB (cosa che gli ho pure contestato, pensate che sant'uomo) perché magari mette qualche eco post che ravviva i pezzi, la chitarra é semplice semplice solo un po' di reverbero ogni tanto.
Suona alcuni pezzi del nuovo abbastanza notevoli, anche se il massimo rimane I want you, del primo album.
Grande idea, presentarsi con dietro le spalle la proiezione di London nobody knows.

Inoltre, Roger Quigley, a differenza di star e starlette, mi ha trattato come un vecchio amico.
Mi ha scritto delle dediche, abbiamo bevuto insieme, mi ha invitato al concerto successivo, abbiamo parlato a lungo di musica e progetti, ci siamo scambiati le spillette, abbiamo discusso, ci siamo scambiati le mail e i contatti.
Dietro ogni artista c'é sempre un uomo; ecco, Roger Quigley, che nella sua straordinarietà é di una umiltà fuori dal comune, lui, che non ha ragione di essere umile, É un uomo.

mercoledì, gennaio 24, 2007

A domani

Vi dico solo questo:
http://www.australianopen.com/en_AU/news/articles/2007-01-24/200701241169623598804.html

Vi dico che dovete guardare il tabellone.
Vi dico che adesso o mai piú.

martedì, gennaio 23, 2007

Federer e la psicologia di un giocatore medio


Non ci si spiega in generale cosa spinga uno come Federer a continuare a dare battaglia su ogni campo e contro chiunque e a demolire chi gli capiti a diro.
Forse il vile danaro, ma questo non dovrebbe portarlo a dare sempre il massimo (almeno, spero sia così perchè la mia tesi abbia senso logico); forse perchè trova dentro di sè le motivazioni per migliorarsi affrontando sempre prima di tutto sé stesso; forse perché gli fa piacere.
Ma poniamo che tutta la federazione decida che Federer non debba piú vincere una ceppa. Che gli impediscano di avere una racchetta migliore, che puó permettersi, giocando con quelle di legno. Che gli chiamino tutte le battute fuori. Che nessuno apprezzi e lodi piú i suoi rovesci e le sue variazioni, che nessuno ammiri il suo stile e la sua classe.
Allora tutti gli altri, i giocatori medi, arriverebbero finalmente al primo posto: vincerebbero tornei, sarebbero i migliori, incoscienti a questo punto della loro mediocrità; la colpa sarebbe solo della federazione, che magari preferisce un numero maggiore e differenziato di mediocri anziché il vero campione; che fa una scelta pazzesca per avere di piú, per fare piú soldi, o per aumentare spettatori e capacitá di penetrare del tennis nel mondo. Ma la federazione, cieca a questo punto, piangerebbe allo spreco? Boh, solo finché non calcola costi e ricavi maggiori, forse.
A questo punto, il buon Roger, statene certi, si romperebbe i coglioni e se ne andrebbe a sciacquarsi le palle in Svizzera con i soldi che s'é fatto, mandando affanculo tutto e tutti.

Ecco, io mi sento molto Federer rottodicoglioni.
Vado a sciacquarmi le palle a Cascais.
Obrigado.

P.s.: ieri ho visto JP Simões alla fnac. Voce meravigliosa, nonostante canti della saudade per il suo cane fuggito e sia benfiquistamerda. Virtuoso della chitarra.
Triste; aria di fado su cantautorato europeo.
Ne é valsa la pena.

venerdì, gennaio 12, 2007

Morning Glory e a Torre de Belem

Sono le 16 sparate.
Torre de Belém.
"All your dreams are made
when you stay to the mirror
and the razor blade"

Apesàr che scoprire il significato del tresto di questa canzone é stata una delusione inesplicabile, direi che l'imponenza della musica rappresenta bene il momento.
Belèm, sei così come ti ho lasciata, dal paesaggio medioevale, lunare di un anno fa alla ferma imponenza di un sole che ti illumina mentre va a dormire, in una cornice di cielo terso, nel Tejo calmo e azzurro.
Quante volte ti ho vagheggiata, in un 2006 che è stato principalmente inverno di ghiaccio, in un 2006 che soddisfandomi mi beffava, affogando i miei desideri in un labirinto di riconoscimenti di carta, cui rimanevo se non indifferente, comunque infelice.
Svuotato.
Insensato.
Rapito dall'ignavia.
Impotente.
E adesso è di nuovo Portogallo. E' di nuovo Belèm e il padrão dos Descobrimentos che guarda verso quel mare infinito.
Marginale, di confine, lontano, diverso, silenzioso, incompreso.
Portogallo, mio, io.
Quant'era che desideravo di nuovo VIVERE cosí?
Quant'era che avrei voluto scendere dall'elettrico con "Cast no Shadow" nelle orecchie? Cose che, materialmente, non avevo mai desiderato, ma che cosí naturalmente mi hanno fatto pensare che gli Oasis sarebbero stati perfetti.
Perfetti, per un pomeriggio di sole tornando sulle mie strade, per camminare dentro di me, un pomeriggio solo pieno di speranze e di voglia di vivere, come quando avevo 16 anni, e "Morning Glory" aspettando di prendere la moto per uscire di casa.
Quanto ci sarà, ancora, da camminare felice, per le strade della mia vita?
Quanto tempo ancora, per scrivere di Portogallo, di Lisboa decadente?
Inseguo i miei sogni, inseguo la felicità, la tocco con mano, la vorrei vivere per sempre.
Seduto su di una panchina di fronte alla Torre di Belém.
"We we're getting high".
Il sole di Lisboa
Il Tejo.
Me, myself and I.

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Transatlanticism: chiudi ogni porta, e non voltarti piú.

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Quanto sarebbe stato stupido, quanto insignificante, dequalificante, venire qui con qualcosa di organizzato (che so, gita come i ragazzini di fronte, o viaggio di nozze d'oro con la mia anziana moglie)?
Quanto chi ci é venuto in questo modo non saprá mai della bellezza e dell'interiorità di questo posto?
Della magia, quando ti sembra di sentire quei portoghesi di 500 anni fa che urlano a bocca chiusa (che lingua d'amore infinito, urlare a bocca chiusa, come urlare al silenzio, all'immobile, all'immutabile, con cieca rassegnazione)?
Chi mai sentirà quello che sento io, con "Rock'n Roll Star" a passeggiare per Lisboa?
Mi sento a casa.
A Casa.
e penso a quante ore di NON vita ho passato davanti a un pc... Di non vita in un paesino arretrato, a ripetere sempre le stesse cose, gli stessi gesti...
Quando qui, a pochi chilometri, ho la vita.
Fuggire, senza schegge di vioialtri a spezzarmi.

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E sí, perché é ricominciare. Senza ricordi amari, ché rimane sempre solo il bello delle cose, solo il giusto, solo il divertente. Solo il senso di giustizia e l'affetto candido per l'aver appreso dal dolore.
Cosciente che nulla sarà mai equiparabile a un sorriso dato in questa cornice.

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"We're gonna live for ever"
E questo vento freddo, su Live Forever?
Ogni attimo, se fosse l'ultimo, mi renderebbe felice d'averlo vissuto.

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Alzo gli occhi, e mi rendo conto ancora di piú che la magia di questo popolo sta nell'aver vissuto sempre alle porte dell'infinito, dello sconosciuto, del lontano, e mentre gli altri stavano ad azzuffarsi, guardava al mare, malinconico.
Aspettando chissá cosa.
Lì, l'Oceano Atlantico (che was born today, e di fronte stava il Portogallo, caro Gibbard).

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Ore 16:55
Sole che cala, tra un albero e la Torre.
Cielo arancio, giallo, azzurrino, azzurro, blu.
Non c'é bisogno di fotografie.
Questa é la mia immagine eterna.

Muore un altro giorno, su "From the edge of the deep green sea".

mercoledì, gennaio 10, 2007

Molto da dire, poche parole

Causa totale inutilizzo di blogger.com, torno a postare, quando le cose da dire sarebbero molte, ma le parole sono di necessità poche.

Le cose che sono successe dal 24 di dicembre ad adesso (prosa dividentesi tra portoghese e italiano, chiedo scusa) avrebbero avuto bisogno di un post al giorno ma, tra ignavia ed insignificante convinzione che fosse possibile abbandonare questo spazio in nome di un qualcosa di piú significativo, non é piú possibile farlo.

Pertanto, non potró parlarvi di parole dette col cuore in mano a chi non riesce proprio a capirle, non vi parleró di chi, dopo aver letto queste mie righe, mi abbandonerá a causa di volatilitá insensate, in nome di un orgoglio non piú capace di aver ragion d'essere, non vi parleró di chi ha tradito la mia fiducia, non vi parleró di chi ancora non trova una ragione per i suoi comportamenti, non vi parleró di chi riuscirá, con un semplice colpo di cancellino, ad occludermi definitvamente le vie del suo cuore solo per le parole di uno sfogo che non ha piú ragione di rimanere dentro di me, non vi parleró dell'essere usati da chi pensavi fossi l'unica, non vi parleró di chi é già pronta a barattarmi col mio migliore amico, non vi parleró di egoismi immani, del non pensare nemmeno a queste parole che scrivo infuocato dal dolore, se domani non avranno senso, se domani non saranno.
Dopo quello che ho dato, dopo l'amore infintio, dopo le parole, dopo raccomandazioni e comportamenti, dopo speranze tradite, dopo l'onestá, dopo il regalo della mia unicitá.
Tradita, frustrata, calpestata senza pietá. Come se fossi l'ultimo dei soldati.
Non ve ne parleró.

Non vi parleró nemmeno dell'anno musicale appena passato, giusto solo che ho adorato le Organ perché erano "quattro zoccole che coverizzano seventeen seconds" giá sciolte, o per dire che in un anno di mixturas che ho amato gli amber smith, e che é iniziato con i due grandi album dei mogwai ne dei belle & sebastian, é finito male con autums che fanno il compitino e tiger baby a puttane, o, unica cosa notevole in Italia, i non voglio che clara con lo splendido omonimo.

Non vi parleró di Lisboa sempre piú bella, di nuovi amici, di una casa al Bairro Alto, di un compleanno nel posto che piú amo al mondo.

Parleró della mia depressione.
Anzi, non ne parlo.
Sappiate che é solo colpa sua.
Sappi che é solo colpa tua.

Fra amore e odio la distanza é minima.
So solo che non capisco come fai ancora a convivere con il male che mi hai fatto.
Solo hai distrutto
l'ultimo barlume
di innocenza
che ancora avevo,
che gelosamente
conservavo.

Cattiveria cosí grande da uccidere persino
il MIO
Portogallo.

Ché di fronte a tanta insensibilitá, non c'é modo di capire, di comprendere, di accettare.

La sola speranza sono nuovi sorrisi, nuovi amici, nuovi occhi lucidi, nuove strade nella mia vita.
Il futuro é davanti, come dissi una volta di Martina, e non mi resta che viverlo.
E stanotte ho sognato Martina.