As câmaras da memória

Diario di un(o che continua a confermarsi un) antieroe
Vortici di pensieri disordinati: un italiano che ha anche vissuto a Lisbona, ma non per fare l'er*smus
"La vita per te é solo un pretesto per scrivere a ruota libera" (simon tanner aka humpty dumpty)
"Io lavoro, eri tu quello che faceva cazzate!" (Franca)

giovedì, maggio 28, 2009

Il lungo addio


Chi ha una vaga idea di chi io sia al di lá di quattro stronzate scritte su un blog o da qualche altra parte nella net, sa che se ho delle certezze nella vita esse sono la finale della coppa dei campioni e il mese di maggio. Il mese di maggio e la notte della finale della coppa dei campioni del 2009 probabilmente rimarranno per molto tempo dei ricordi indelebili nella mia vita, le decisioni che ho preso negli ultimi due giorni influenzeranno il mio futuro e solo il tempo potrà stabilire se l’ennesima scommessa forte che ho giocato col mio destino ha avuto ragion d’essere o no.
Mi sono dimesso oggi, nella spirale economica peggiore degli ultimi 80 anni, rescindendo un contratto a tempo indeterminato, da un’impresa multinazionale che mi garantiva esplicitamente una carriera luminosa e un futuro garantito in una terra che forse non amo piu’, ma che nulla ha fatto perché io la odiassi. Questo perché il mio cuore, questo inverno, ha deciso così. Perché la mia determinazione e la mia volontà, il mio istinto, mi hanno spinto ancora una volta a cambiare le carte in tavola, quando l’ultima volta che mi han fatto i tarocchi, due anni e 6 mesi fa, in una casa diroccata ai piedi del Bairro Alto, ho estratto il mondo e poco tempo dopo l’ho preso in mano per davvero. Mi sono sentito spesso, in Portogallo, come si sarà sentito Messi ieri sera, un istante dopo che dall’alto del suo metro e 63 ha messo in rete la palla decisiva della finale della coppa dei campioni con un colpo di testa magistrale: non so come ho fatto, ma ce l’ho fatta. Ce l’avevo fatta, ma non era abbastanza.
Lisbona a un certo punto, non so a che punto precisamente, ha cominciato a svuotarmi. Senza stimoli, senza forza per percorrere ad inerzia un cammino facile facile, ho deciso ancora una volta di rigiocarmi tutto. Di ricominciare dall’inizio e di saltare nuovamente nel vuoto. Lascio il Portogallo, sicuramente per sempre in una prospettiva di residenza, lascio quel che è stato, l’amore che ho avuto, l’amore che ho dato, la tristezza e il calore umano di un popolo buono e generoso, le vie strette e il sapore di birre ultra gassate, le amicizie sincere e leali, le sue donne imperfette che tanto mi hanno conturbato, il clima mite, la calma e la lentezza e la pazienza e il silenzio dell’irrimediabilità del fato, del fado cantato agli angoli della baixa, del freddo pungente di Viseu, lo snaturato Algarve, l’ostile Alentejo, il Tejo, il Douro, i gotici squarci di Porto, i mc donald’s di Braga, le mura romane di Evora, la lingua piu’ romantica del mondo, i due anni piu’ intensi e piu’ pieni della mia esistenza, per ritornare a casa. Se esiste ancora una casa, per uno spirito zingaro come il mio, che ancora una volta non è riuscito ad amare pienamente qualcosa o qualcuno, e a un certo punto ha detto basta. Senza una ragione apparente, non me lo so ancora spiegare neanch’io.
Una persona che ha insistito, in tutti questi mesi, ad idealizzarmi, e che comunque presumo mi conosca bene, ha sostenuto che possiedo un innato senso di previsione del pericolo ed è per questa ragione che ho deciso di ritornare indietro anzitempo. Controtempo, anzi. Non credo di avere queste capacità, altrimenti non avrei compiuto determinate scelte in gioventù le cui ripercussioni ancora, non mi sarei dato all’isolazionismo esistenziale, non avrei voltato le spalle a cio’ che tra qualche tempo avrebbe potuto essere stato. La verità è che sono refrattario alla vita comoda, alla ripetitività dell’essere, al continuum dei sentimenti. Sono contrario al bilocale, una moglie, due figli e la speranza che loro siano diversi. Sono contrario alla banalità nella vita, sono contrario alla carriera a tutti i costi, sono contrario alla freddezza dell’essere. Mi mancano la mia famiglia, i miei amici di una vita, il mare caldo e la disgrazia irrimediabile dell’essere quotidianamente calabrese. Prima di reprimere per sempre questi sentimenti e trasformarmi anch’io in un altro uomo macchina, capace solo di obbedire e deresponsabilizzarsi, o di esercitare il mio carisma in giochini di potere subdoli per colmare quello che non dovrei avere avuto nella mia infanzia e che invece ho avuto, prima dunque di tradire la mia infanzia e il mio essere, ci metto una pezza e ritorno al paese senza futuro che è Taurianova, provincia di Reggio Calabria. Perché non ho mai provato invidia per gli altri, non ho mai avuto bisogno di confrontarmi all’ultimo sangue per scoprire di essere diverso, non ho la grinta che deve avere un arrivista perché diventi un professionista del 2000. Non voglio una casa in un palazzo al 40° piano alla Expo o una macchina da 100 milioni di dollari, perché non devo dimostrare niente al mondo. La vita è stata generosissima con me, non vedo perché dovrei odiarla, non vedo perché dovrei avere un istinto predatore a tutti i costi. La carriera non è il mio obiettivo esistenziale, la mia ragione d’essere al mondo. Io sono una persona sensibile che ha smesso di piangere da qualche tempo, purtroppo, che tutto sommato ama le persone con le quali condivide questi anni di vita, e che desidera soltanto essere felice, non so in che modo, forse solo seguendo il mio istinto. Che mi riporta indietro, alla fine di un maggio raramente caldo, stranamente piovoso, rudemente pratico, con una Slovenia amena nel mezzo, un lungo addio dal sapore adolescenziale e una scelta di vita difficile da prendere e ormai irrevocabile, verso un domani che non conosco. Che sarà ancora una volta lontano dal posto nel quale sono cresciuto, ma che mai smetterà di accompagnarmi, e che in fin dei conti mi avrà per sempre, se non fisicamente, almeno nel bisogno interiore irrimediabile di riviverlo continuamente. È forse per la paura di quest’unico legame eterno che la mia anima in pena continuerà sempre a vagare, a viaggiare.
A vivere.

Adeus

La finale di coppa dei campioni merita sempre un post, e io mi ricordo di Basile Boli, Desailly e alain Boksic.
Pero' domani vado a lavorare.
O que vale é que isso não vai durar assim muito.