As câmaras da memória

Diario di un(o che continua a confermarsi un) antieroe
Vortici di pensieri disordinati: un italiano che ha anche vissuto a Lisbona, ma non per fare l'er*smus
"La vita per te é solo un pretesto per scrivere a ruota libera" (simon tanner aka humpty dumpty)
"Io lavoro, eri tu quello che faceva cazzate!" (Franca)

giovedì, agosto 30, 2007

Atto di presenza


Sono vivo, eh?
E sono ufficialmente un laureato portoghese in scienze politiche e relazioni internazionali all'università Nova di Lisbona.
Ci vorrebbe un'altra festa...

Ho un ricordo molto particolare: l'altra sera eravamo in macchina, sarà stato venerdì notte, e passando da S.ta Apolonia vedo un cartellone gigante: "Lisbona, ogni cosa al suo posto".
Nemmeno cento metri dopo, un carcere di fronte a un liceo.

Infine, Elizabeth Melody.
Una che ha perso dalla Morissette nella finale per entrare nel mondo dello showbusiness e che da quel giorno è diventata l'unica cosa vicina alla Frazer che abbia ascoltato negli ultimi mesi.

EDIT: Se non ci fosse Pingu...
Adrenaline, Emma Pollock
Il video.

lunedì, agosto 20, 2007

Sogni in technicolor


Dicevo che l'album degli a Toys orchestra è un gioiello e continuo ad ascoltarlo in un loop devastante.
Di citazioni ne trovo tante, ma di sicuro la discriminante fondamentale sta in quella produzione imbastita da Dustin O'Halloran, che ovviamente li pone molto molto molto vicini ai Devics.
E sticazzi.

Por causa de alguns, que nunca vou cansar-me de acusar pelo que me fizéram (coisas como dar este link a quem não deviam), estou obrigado a escrever em português.
O fds foi muito lindo, até gostei da saída nos Santos com uns betinhos da pior raça. Claro, sexta na Bica com granda moca, todo magoado nos olhos da rapariga mais perto dos meus sonhos que pode haver nesta terra, ao lado do guitarrista dos Settlefish conhecido por puro azar (este é que é! Só em Lisboa um gajo sai e encontra na rua um perfeito indiekid itáliano de ferias para compartir opiniões, arrogancias e fixações!) é mesmo o que eu sou (além do incognito infelizmente ainda fechado), todo o que andava a procura desde uma vida inteira; mas o sábado (em qualquer maneira fiquei morto as 4:30, obviamente, depois do que tinha tomado) foi demais giro e demais amigavel e demais verão também para não gostar (até quando consegui), para não ter aproveitado (podia ser até o fundo, não é? Mas as vezes -muitas vezes- não apetece em frente duma sguaiata; não é minha culpa se só encontro-as deste genro...).

Domenica poi ho visto l'ultimo di Tarantino, tale A prova de morte, non so come l'avranno tradotto in Italia; che gran cazzata.
Milano a mano armata addirittura nella colonna sonora; idee scarsissime. Moretti comporrà un j'accuse d'altri tempi.
In fondo è sempre lui: i b-movie italiani riveduti e corretti. E se di pezzi di carne stavolta ne volano meno degli ultimi episodi, la pochezza sostanziale del film viene fuori alla grande. È in fondo il rischio che Tarantino corre sempre; dirigere sul filo dell'assurdo o ti getta nella merda o ti eleva a maestro indiscusso e immortale del cinema.
Gemme uniche, in ogni caso, un grande Kurt Russel e una provocante e meravigliosa da togliere il fiato Vanessa Ferlito.

Lo Sporting ha esordito con un roboante 4-1 sull'Academica. Io sono già socio da qualche giorno, e probabilmente quelle lacrime che ho versato spontaneamente venerdì sera all'esordio mi ricordavano qualcosa.
Una lunga strada che è finita proprio lì dove volevo; ed è facile e bellissimo vivere questo sogno.
Sogni in technicolor, appunto: come un film fine anni '70; lo scenario di questa nazione.

Nel libro che leggerò fra un po', alcune scenografie significative:
Portugal: geografia do fatalismo.

giovedì, agosto 16, 2007

Musica italiana

Se un giorno di Artemoltobuffa
e
Ease Off The Beat di A Toys Orchestra
sono due canzoni uguali.

mercoledì, agosto 15, 2007

Technicolor Dream


Technicolor Dream degli A Toys Orchestra è l'album più bello dell'anno.
Se non fossi così stanco vi distruggerei con un pippone d'altri tempi, che rimando al fine settimana.
Nel frattempo procuratevi l'album, perché sennó siete stupidi.

Stephanie Debois, se non fosse che Michelle Brito essendo tuga (e immaginate i tugas con una campionessa tuga) sarà la mia idola, avrebbe potuto essere la prossima Martina Hingis.

lunedì, agosto 06, 2007

Da Parma a Vancouver, con le nebbie che si diradano


Dopo due anni di silenzio, dopo quel folgorante esordio del Poser, Lover e Poet con relativo album, i miei sempre favoriti Vancouver vengono fuori con due (tre?) pezzi (da ascoltare qui) ancora una volta unici, ancora una volta eccellenti, ancora una volta marchiati da altissima classe ed originalità.

E qualsiasi riferimento, a volte forzato, a volte necessario, a volte del tutto inventato di sana pianta che gli è stato tributato mi viene da ignorarlo e snobbarlo, nella misura in cui Jennifer inizia citando in maniera palesissima Tonight Tonight.
Tonight Tonight, signori miei, come quelle urla da Corgan italico che l'Alain Marenghi sputava al microfono alla fine del poser e del lover, per innovarsi e strutturarsi su una armonia post-rock che nessuno in Italia, e fors'anche all'estero, ha ancora trovato: un noise che non stanca, una melodia tanto delicata da rimanere in testa come una canzone pop da due accordi, quando invece dietro vi è una genialità e una originalità negli arpeggi, cadenzati su una batteria precisa e secca, con un basso finalmente valutato come si deve per inscriversi nel nuovo mood indierock di questi anni da far impallidire banduccie di periferia e ragazzetti postshoegaze cover band di cover band con i padri miliardari a pubblicare dischi in serie senza il barlume d'un merito.

Non so se solo io ci leggo così tanto quello che avrebbe fatto corgan se fosse ancora lucido oggi in loro, se è un bisogno che ho io di trovare la band tributo agli Smashing, e non voglio mancare di rispetto a questi ragazzoni parmensi che meriterebbero di stare in festival internazionali accando a presunti mostri sacri d'oggi -avanti i, per quanto da me osannati ché non è mai facile farlo, Camera Obscura non hanno fatto altro che prendere una chitarra e scrivere 10 canzoni uguali in mezz'ora-, e i Vancouver hanno dietro di loro un bagaglio culturale che non si esaurisce in questa mia ossessione continua, ma pescano in poesie scozzesi (The Idle, i Mogwai che si fanno produrre un album dai Delgados) -edit delle 22:26 locali: e nell'Idle ci sento pure un po' di Gibbard-, forse in un certo spirito Teenage Fanclub, raramente, mentre sotto il post d'avanguardia che cresce sulla voce dal timbro inglese del Marenghi (e ditemi se l'originalità sta qui o dalle parti dell'arrogante bottegaio, indeciso tra Low e Robbie Williams, gente che incide dischi a cazzo, per intenderci), che facilmente è accostabile alla rinascita shoegaze di questi tempi, crea una strada, un percorso da seguire, una innovazione logica e matura di un progetto che da una Foggy Town porta precisi precisi alla realizzazione di due pezzi che solo dalle premesse promettono di imporsi a diversi livelli e in diversi generi in tutto il panorama musicale d'oggi.

Due singoli d'eccezione, cui deve seguire un disco degno di loro, se queste stesse parole vogliono confermarsi.
Qualcuno, visto che per chi merita veramente in Italia non c'è posto, si propone di produrgli questo disco.
Da parte mia, se qualcosa si può muovere da queste parti, non farò mancare il mio appoggio.

E credetemi, io di cazzate ne scrivo tante, ma stavolta non scherzo: vi basta seguire due link per innamorarvi.

Manuel Rui Costa e i limiti dell'antib*nf*quismo


Per la prima volta nella mia vita, in terra lusa, ho visto il mio adorato Sporting perdere.
E contro il B*nfica; ancora peggio.

In ogni caso, in quell'equipa de sidosos, rimane quel ragazzone incorruttibile che è Manuel Rui Costa.
Che è partito da Damaia, un bairro eufemisticamente degradato di Lisboa, molto vicino alla nostra adolescenza in terre difficili (diciamo che Damaia è il posto che più mi ricorda in assoluto a Lisbona la mia terra d'origine), per diventare il principe di Firenze, poi una colonna del Milan, senza urlare né scalpitare quando il suo posto fu preso da Kaká, un giovanotto senza barba né patene venuto da São Paulo -e chi non ci vive non puó capire il rapporto tra brasiliani e portoghesi; il portoghese vorrebbe essere brasiliano, il brasiliano schifa il portoghese, in due culture fondatesi, un modo di parlare opposto la stessa lingua, chiusa, cupa, scura, misteriosa la variante europea, cantata, sguaiata la brasiliana: il tuga sará sempre troppo triste, deluso, malinconico, profondo per essere un pagliaccio brasiliano, e il brasiliano troppo superficiale per non deridere la serietà lusitana - a rubare il posto a Rui, per arrivare ad essere amato e rispettato ad ogni latitudine.

Rui Costa rideva come un bambino quando guardava l'aquila degli infami volare dopo la vittoria. Rui costa sorride ad ogni partita che fa, mémore di quante nostalgie portoghesi che sempre ammise, quando già a Firenze diceva "tornerò a Lisbona", e a Milano e sempre e così ha fatto, tenendo fede ad una promessa d'amore infinito; per quei colori, certo, ma anche per il cielo dell'Algarve, che oggi ammirava inebetito, per il vento freddo di Lisbona, per il Ponte del 25 aprile, per i tramonti sul Tejo da togliere il respiro, per quell'oceano lontano e misterioso che finisce chissà dove, mentre alle tue spalle sono troppo indaffarati ed arroganti per preoccuparci, mémore di tascas e partite a pallone sotto gli archi delle mura romane, quei romani che ci hanno dato una lingua che abbiamo colorato fino a renderla così speciale; come i sapori del nord e la serra d'Estrella, o serate universitarie a Braga e Coimbra; come i ponti di Aveiro e i leoni di Porto; di ragazzine dagli occhi profondi che saranno chiacchierone sorridenti, donne così delicate, così semplici, così sincere e pure, tenere e minute da chiedersi da quale incanto siano state rapite così da renderle tanto vere.
Ogni volta che Rui guarda a tutto questo si sente così rilassato, con un sorriso irreale, così felice come un bambino che scopre una cosa nuova, che gioca nella -ed è il capitano della- sua squadra del cuore, che mangia a casa guardando sua madre, che la sera esce con gli amici alla tasca lì sotto, conoscendo uno per i uno i buchi nei ciottoli dei marciapiedi lisboeti.

Io non avrò mai tutto questo amore per questa terra, per quanto la possa sentire mia, profondamente; ma vorrei averlo; vorrei solo per un attimo sentire questo tepore di Manuel Rui...
Ecco, forse questa è una vaga idea di saudade.