As câmaras da memória

Diario di un(o che continua a confermarsi un) antieroe
Vortici di pensieri disordinati: un italiano che ha anche vissuto a Lisbona, ma non per fare l'er*smus
"La vita per te é solo un pretesto per scrivere a ruota libera" (simon tanner aka humpty dumpty)
"Io lavoro, eri tu quello che faceva cazzate!" (Franca)

venerdì, giugno 30, 2006

Le profonde rughe dei ricordi

Doveva essere una serata anonima, quella di ieri sera, finché inaspettatamente sei arrivata tu, e ti sei seduta lì, proprio vicina a me.
Tatiana.

Tatiana, ti ricordi? Avevi una maglietta verde col nome scritto dietro, erano circa tredici anni fa, e faceva caldo in piazza, quel giorno del torneo.
Tatiana, con quegli occhi colore del mare, e i ricci dorati che ti cadevano sul collo. Tatiana, quanto siamo cambiati. Irraggiungibile, eri, per me, brutto e antipatico, negato per il volley, fissato con il basso. Mai pervenuta a nessun concerto.
Non ti ho mai vista sorridere, Tatiana.

Quante volte ci incontravamo? A bordo della mia moto viola, albori di alcolismo, su e giù dal mare, dentro al bar a giocare a biliardo.
Una volta sei entrata, Tatiana, mi sedetti sul bordo del tavolo, tirai di schiena un pallonetto e imbucai.
Fu il più grande gesto atletico che mai ho compiuto nella mia vita, e quella volta ebbi la tua attenzione.

Ricordi i mondiali del '94, Tatiana? Eravamo vicini, e adesso che non ricordo neppure più gli avversari ricordo ancora i tuoi occhi.
Verdi, tristi, le tue labbra sottili e il tuo nasino all'insù, com'erano, com'eri ieri sera.
Quante labbra avrai baciato, quante braccia t'avranno stretto (e cit., perchè d'estate si tratta, e ai falò con la chitarra tu eri sempre nell'altro gruppo, quello vicino a noi), chissà cos'è quel tatuaggio.

Quante notti a pensarti, Tatiana, nome da triste diva del circo, a scrivere lettere che non saprai mai. Tatiana, che angelo sceso dal cielo che eri, che fresca brezza di settembre. Ti guardavo ieri, come ti guardavo sempre.
Come cercavo di incontrarti, e mai ti dissi una parola.
Avrei potuto dirtela ieri, ora che sono un uomo, ormai non più insicuro.

Ti avrei detto, Tatiana, quanto mi hai attraversato in questi anni. Donne, amici, fratelli, università, scuola, Portogallo, ideologie, battaglie, lotte, guerre, paci, sguardi, automobili, città, case, strade, bicchieri, bottiglie, mode.
E tu eri là, rimanevi nel mio cuore, profonda, immensamente innamorato di te da perdere ogni controllo, ché mi bastava sapere che c'eri, fata dai capelli dorati, per sentirmi migliore.

E perché avrei dovuto farlo? Non c'è più niente, adesso, ormai, della poesia, dell'innocenza, della voglia di vivere che portavamo dentro.
Del nostro mondo bambino senza telefonini, di corse al mare e partite di calcio, di sigarette amare che spaccavano i polmoni, della paura dei prof a settembre, delle piazze e patatine fritte.

Sono le due e tre minuti, un inatteso regalo, parte 'Felicità', di Albano e Romina.
Il mio volto ha tante rughe e i miei rari capelli si stanno tingendo di bianco. Tu parli con qualcuno lì vicino, e il tuo viso resta, come sempre, etereo e velato di un'aura di malinconia.
Il tempo ci ha sorpassati sulla destra, velocissimo, a bordo di un motorino viola, Tatiana.
E non ci ha lasciato niente.

mercoledì, giugno 28, 2006

Pessotto: sei e mezzo


In questo bailamme calcistico, due parole per Gianluca Pessotto, protagonista di certe mie fortunate stagioni al fantacalcio per quanto sciaguratamente juventino, mi sento di dirle.
Non sono il tipo capace di indignarsi perchè un calciatore (o un atleta in genere ultrapagato, o un musicista stramiliardario od anche Briatore) ha le sue paturnie.
Ognuno porta la sua croce, che può essere grande ed anche inostenibile a seconda della dimensione delle proprie spalle, al di là dell'apparenza esterna.
Chissà cosa porta dentro Pessotto, giocatore atipico, culturalmente notevole che azzecca i congiuntivi, che non debordava mai dentro o fuori dal campo. Pessotto, sei e mezzo: passaggi sicuri, commenti che anche quando banali riuscivano ad apparire profondi. Un po' come i politici, se non sei aduso all'ascolto.
Gianluca è salito su quel tetto, dalla sede della Juve, e si è buttato giù.
Dicono che ha rischiato di morire, stanotte, perché il sangue non gli si coagulava bene.
Ho in mente Signorini, e altre storie.
Alla Juve si dopavano, lo sappiamo tutti. E chi li difende e non pensa che un ragazzo di 20 anni non ha la capacità di distinguere tra bene e male, a volte, sopratutto se venuto dalla strada. Ché a 20 anni ti senti invincibile, e comunque, se me l'ha data il medico...
Solo spero di non dover dire, come per Pantani: 'scusaci tutti, Gianluca'.
L'addetto stampa italico, che diceva a Cannavaro (certo non esempio di alta virtù morale) 'andiamo avanti', è emblema di un certo modo di vedere le cose.
E se non cambierà questo...

Ribery è fantastico, io non ricordo Zizou tanto forte all'età sua.

Spero di riuscire a guardare un po' di Wimbledon, uno di questi giorni.
Dicono che Martina stia sorridendo.

Pronosticando


Quant'è bello poter dire 'io l'avevo detto'...
La Spagna cade, come ogni volta, come ogni anno, come dissi dall'inizio di questo mondiale.
Come se fare 4 gol agli ucraini, che han cacciato via di culo una Svizzera bellissima e indimenticabile, che ricordava il Parma di Brolin, Benarrivo, Mussi, Zola e Asprilla fosse motivo di vanto.

E allora arrivederci, grande sorpresa Frei. Troppo stupidi i nostri presidenti per comprarti, troppo piccola la tua squadra per renderti protagonista.

Pensavo, quando tornavo stasera a piedi verso casa, a quante cose sono cambiate nel tragitto -pur breve- che mi divide dalla piazza.
Palazzi, la mia altezza rispetto alla pavimentazione, il cemento della piazza stessa, l'edificio all'angolo dei semafori. E' dentro, che sono rimasto quel che sono.
Che bel post che ho in mente.
Ma fa troppo caldo di fronte al pc.

lunedì, giugno 26, 2006

Anvedi


Anvedi, Ciccio.
Sò sicuro che jo stava pe' ffa.
Stavolta non ha tradito, e sono contento.
Ciccio è un buono, è solo molto ingenuo, e ha un talento che nessuno al mondo (sì, nessuno, nemmeno Ronalcazzo), se non fosse sempre così caricato di responsabilità, poraccio.

Certo che:
-subire seppur in 10 contro 11 contro una squadra che fino a ieri non sapeva nemmeno se la palla fosse tonda;
-prendere atto per l'ennesima volta che quando sbaglia squadra quel presuntuoso di cittì (montero marca sheva in finalecoppacampioni, fa sempre bene ricordarlo) non cambia modulo manco venisse giù san Pietro a chiederglielo;
-insistere su Delpiero, controfigura della controfigura della controfigura che fu quando ancora portavo i calzoni corti;
-veder Gattuso in campo;
-veder Gilardino (riserva di Bonazzoli ai tempi del Parma) in campo;
-veder Iaquinta praticamente fuori forma subentrare a Toni e non a Dell'inutile Piero quando Super Pippa maxima ora come ora segnerebbe pure di capocchia;
-vedere gli autraliani che fanno 'oooohh' prima del tiro di un angolo;
-vincere contro i canguri con un rigore eufemisticamente dubbio;
non ci rende certo alain delon.

Ma siamo una squadra di troie, in fondo.
E tutto questo culo ci porterà scandalosamente lontani.

Almeno abbiam vinto il referendum, clamorosamente, forse allora un po' di senso civico (pensa, Calderoli che cancella la costituzione scritta da Costantino Mortati, non quello della Defilippi e giuro che se qualche referrer mi piomba qui scrivendo su google 'costantino+defilippi' chiudo il blog) ancora in questo paese c'è.

Ma riponete quelle bandiere nel cassetto.
Non c'è nulla da festeggiare, ancora, e smettetela coi caroselli.
E' abbastanza presto, no?

Come ben vedete, è già tanto che ancora possiamo parlare di Italia.

Tao longe, tao perto.


Este post serà em portuguese, para celebrar esta incrivel e meravilhosa vitoria.
Mas:
jà sei que vou fazer muitos erros.
Desculpe.
Mas se a lingua nao serà perfeita, acreditam que o meu coraçao è totalmente portuguese.
E as palavras que vem vao diser so isso.

Esta noite.
Esta noite foi uma luta, um esforço, uma soferença e finalmente uma gloria.
Sozinho, com o coraçao a bater forte em frente da televisao.
Para o lado tecnico nao ha muito que diser: podemos ganhar, como perder, nao tinha grade importancia.
E' a alma que foi incrivel, inesquecivel.
Da primeira palvra do hino, e depois minutos apos minutos, o Ricardo ultimo obstaculo, os jogadores que trazem o seu coraçao no campo, as bandeiras, as camisolas atè a fim.
Fui em frente do jogo a critar contra os arbitragens, os olandeses, os meus amigos que falavam nesta maneira: 'fizeste as bagagens p'ra voltar p'ra Lisboa?'
Nao voltamos nada.

O Maniche, cada goda de suor que os nossos heroes tiraram ta noite, sao o espirito dum povo.
E quando falei com os meus irmaos portugueses, jà sabia como era a situaçao ai.
Disseram nesta mesma altura que a gente ta ainda na rua a festejar.
Aquela bandeira fica no ceu, e a gloria infinita è toda nossa.

Todas as caras, todas as palavras da gente que canheci agora tao em frente de mim, e eu sou ai, se nao fisicamente, è seguro, com a minha alma.

Va chegar um dia que serei ai.
Que serei a abraçar, a critar, a fazer todo o que tenho para ter ainda aquela bandeira no ceu, eu tamben.

E nada acabou.
Nada.

Tou a rir, incrivelmente, a gente pergunta porque.
Eu sei: acabei de perseguir o meu futuro.
Sei onde fica.
Vou viver-o.

Sò nos sabemos o que foi ta noite.
Foi incrivel perceber que todas as coisas os sentimentos ficaram em mim e eu nao sabia que ficavam.
Mas nasceram com mim.
Porque sinto-os tao intensamente que nada foi mesmo em minha vida.

Hà gente que dize que nao tem a sua casa.
Hà gente que dize que tem casa no lugar onde nasceu, so porque nasceu.
Eu tenho a minha casa longe.
Viagiai muito para encontra-a. Mas agora sei onde è.

E tem os cores do meu Portugal.

domenica, giugno 25, 2006

Dreaming


Continuo a sognare robe fuori dal mondo.
Tipo che stavo spiegando nel 2070 a mio cugino un gioco da tavolo e all'improvviso entra una super vespa che uccido con un macchinario che non capisco.
E concludo con un 'nel 1500 assassinii, nel 2500 il fair play'.
Poi ogni notte che mi taglio le mani con cocci di vetro.
Boh.

Argentina soffre, ieri sera alla divertente laurea del Barresi tra un chilo di cozze e il Capitano Paff(io), e Svizzera lanciata verso vette di gloria alla facciazza dei Coreani.

Il mio ritorno in Portogallo si avvicina gioiosamente a grandi falcate, tra spiagge e pericolosi referendum che potrebbero definitivamente affossare la mia regione nei secoli. Sarò indegno, tra oggi e domani.

Ennesimo danno materiale alla mia auto.
Defraudati toghi e forza Ghana (foto).

"Have you forgotten
Everything
That I wanted"
(Avril Lavigne)
Qualcuno sa perché.

giovedì, giugno 22, 2006

Puffo Newman, "The inadequate"

Non è mai stato capace di mettere la squadra in campo, effettivamente, grande puffo Niuman.
Puffo bestia e puffo culo ci spingono agli ottavi.
Ma ripeto, senza mentalità l'ultimo dei canguri diverrà un invalicabile Gargamella.

Death of an interior decorator


"You were the mother of three girls so sweet
who stormed through your turnstile
and climbed to the street
but after conception your body lay cold
and withered through autumn and you found yourself old

can you tell me why you have been so sad?
he took a lover on a faraway beach
while you arrange flowers and chose color schemes

can you tell me why you have been so sad?
can you tell me why you have been so sad?

the girls were all there
they traded their vows
the youngest one glared with furrowed brows
they tenderly kissed then cut the cake
the bride then tripped and broke the vase
the one you thought would spend the years
so perfectly paced below the mirror
arriving late, you cleaned the debris
and walked into the angry scene

it felt just like falling in love again (x2)

can you tell me why you have been so sad?
can you tell me why you have been sad?"
Death Cab For Cutie, Transatlanticism.

I miei diari erano pieni di testi di canzoni. Lo ricordo adesso, il giorno che tanti ragazzetti così diversi da quello che eravamo noi han fatto esami. E chissà che testi avranno scritto, loro.
Ricordo i Soundgarden, i Cure, i Litifiba, qualcosa anni '70.

Eri una donna felice, dice Ben Gibbard, tre belle figlie e poi ti sei rattristata.
Puoi dirmi perchè eri così triste?
Perchè il tuo corpo cedeva, appassiva, e pensavi che invece poteva essere per sempre.
Perchè pensavi che quando sceglievi fiori e colori e lui ti corteggiava poteva essere per sempre.
Perchè pensavi che potevi essere come quel vaso che avrebbe dovuto negli anni star sempre sotto la finestra a guardare la tua vita, felice, passare.
Puoi dirmi perchè eri così triste?

Pensavi che il subbuteo e la moto potessero essere per sempre, o il calcio, o il gruppo di amici in piazza, o il tuo primo amore, o quell'estate così pazza, o la scuola, o la band di quartiere, o la birra ogni sera, o i giochi di sguardi, violentati poi dal consumare.
Puoi dirmi perchè eri così triste?

Ogni volta. Ogni volta tutto finisce così.

Il vaso si rompe, e il giro di accordi cambia. Non è la prima volta.
Vorresti sempre rimanere uguale, eppure è cambiato tutto, ancora.

Sembra e vorresti che ogni cosa fosse per sempre. Che ogni momento, tutto sommato bello, non debba cambiare mai. Vivi intensamente e neanche pensi a quando finirà.
Se lo pensi sei pessimista.

Ecco perchè forse dicono che io lo sia.

E poi ricomincia qualcosa di nuovo.
And it feels like falling in love again.


Ho atteso, stasera, un vigile urbano per mezz'ora perché la mia auto era bloccata mentre Pirro festeggiava.
Non è comparso nessuno, e non fosse stato per il caso, sarei ancora in piazza ad attendere.


Portugal ganhou.
Qualquer minutos antes ouvi a televisao um cabrao que disse que os Países Baixos sao favorecidos em frente de nos.
Acreditam que è melhor.
Lembram do 2004?

Domani i puffi.

mercoledì, giugno 21, 2006

Traballo

Ma io in fondo, qui, sto bene o no?

Ti guardo e penso di sì. Vado al mare e penso di sì.
Eppure mi rendo conto che la s e la f iniziale non le dico più.
Preoccupante, se vuoi.

Passerà questo referendum, e io rimarrò:
perché forse, semplicemente, è il mio destino.

Ma. Oggi tra dieci anni non potrò guardarti.
E allora sarò davvero morto.

Azzurra, come me.

martedì, giugno 20, 2006

Croci bianche


Non è che la Svizzera abbia questa storia mondiale calcistica da far impallidire le blasonate nazionali europee e sudamericane, e a livello sportivo in generale la nazione dei cantoni appare sempre così com'è: tranquilla, silenziosa, operosa.
Non è da dire antipatica (magari per gli italiani del nord è così: tanti miei conoscenti sono stati a lavorare in Svizzera e confermano, tutto sommato, i luoghi comuni e sentito dire, o le impressioni che mi balenarono in testa quando adolescente visitai la terra degli orologi e del cioccolato): proprio indifferente.

Se non fosse per lei, chiaramente, per Roger, perché comunque sono (oh totti ha appena detto alla tele a una giornalista spagnola che gli chiedeva nonsocosa 'deve fasse a ceretta') una bella squadretta da un po', concreti e ottimamente disposti in campo.
Poi sono i più vicini, a noi, dopotutto: qualche cognome italiano si sente, e magari vola pure qualche parola in campo.
Dai, la Svizzera quest'anno per forza di cose mi è simpatica.
Ho visto solo il primo tempo oggi, oltretutto contro i simpatici toghi, e mi sembra che i rossocrociati ai quarti potrebbero pure arrivarci.
Visto Martina?
Ma non distrarti, ché lunedì comincia Wimbledon.

Lunedì, quando noi meridionali saremo già stati tanto creduloni da aver spaccato l'Italia.

Spagna: continuo a sostenere la tesi della categorizzazione ardita.

Domani finalmente vado al mare.
E dopotutto, qui, non si sta poi così male, vero?

domenica, giugno 18, 2006

Noi puffi siam così


Italietta ieri sera, partita guardata alla laurea di una ex collega con compagni inusitati (mi vengono in mente due parole, I*****o e disciotto) e quindi molto più sentita (acciuffata tra l'altro per i capelli pochi minuti dopo l'inizio).
Particolare non irrilevante, le mie capacità di intendere e volere erano intatte, e dunque è mancato pure un certo distacco, di fronte al pessimo segnale di RaiUno che a volte arrivava persino in bianco e nero.

Pirlo ha portato la croce? Può darsi, ma l'ingenuità di De Rossi è in sé emblematica del calcio italiano. Certe esagerazioni te le puoi permettere con arbitri -diciamo così- distratti, non davanti agli occhi di un direttore di gara del Mondiale.
Poi la nostra solita tendenza al primo non prenderle ha portato Lippi alla sostituzione del Pupone, onestamente avrei preferito rischiare, in quelle condizioni, anche 10 contro 11. In fondo, a talento, non dovrebbero esserci problemi a sbarazzarsi del collettivo statunitense.
Zaccardo, lungi dall'accusarlo di essere stato il principale artefice della disfatta, è a parer mio fuori luogo in quel ruolo. Il ragazzo ha i numeri e si impegna tanto, ma obiettivamente tenere in panchina Oddo e Bonera per lasciargli spazio è quantomeno misterioso.
Pecchiamo di presunzione, oltretutto, perchè 10 contro 9 c'era da stravincere.
E poi quel Delpiero. Miracolato da chissà chi.
Lippi dimostra per l'ennesima volta che in certe giornate esagera con esperimenti e scelte tattiche discutibili (da Montero terzino a marcare Sheva in finalecoppacampioni in giù) e la squadra ne risente.

Una nota di biasimo, comunque, all'arbitro stesso. Non si può perdere il controllo di un match di questo livello, in questo modo.
Ci siamo massacrati che nemmeno al rugby.

Ma cosa ancora peggiore è che quei cretini assassini incapaci di giocare al calcio hanno di che parlare e di che dire e fare un casino e addirittura recriminare.
Occasione sfumata, ma paradigma dei vizi calcistici italici sopratutto, i 90 minuti di ieri sera.
Bisognerebbe cambiare tendenze, modo d'essere e d'atteggiarsi.
Il talento c'è: sono altre le cose che difettano ai puffi.
Allenare le coscienze, please.

sabato, giugno 17, 2006

A cara do Figo


Antes que falar do jogo do Portugal, tenho que diser algumas coisas em italiano.

Ho visto Portogallo-Iran su Sky, visto che la Rai ci ha privati di quello che dovrebbe essere un diritto di natura acquisito (grazie al nano, ma questa è un'altra storia).
Il commento di José Altafini è stata una delle cose più vergognose che abbia mai sentito nella mia vita.
Una sufficienza, un'approssimazione, un parlar male, un continuo prendere in giro i calciatori portoghesi.
Ma chi cazzo ti credi di essere?
Il suo manuale del calcio, il libro nero in cui dovrebbe essere iscritto il Portogallo, la mancanza di gioco (??? 61% di possesso palla), Cristiano Ronaldo (ma cazzo, avete visto che partita?) bollato come giocatore inutile (addirittura su un controllo al volo con un gioco di gambe incantevole ha detto: 'l'avrei fatto pure io'), sbaglia di continuo confondendo Maniche con Costinha e viceversa, arriva al massimo con la spalla Massimo Tecca (mi pare fosse lui) che gli chiede se Cristiano tirerà il rigore di tacco e lui risponde 'forse non lo sa che non può farlo'.
Cazzo, al gol di Deco invece di festeggiare ho urlato 'stai zitto, coglione'.
Indisponente, sbruffone. Vorrei ben vedere se avrebbe detto le stesse cose per quei coglioni drogati verdeoro. La faccia di culo ha definito il centrocampo portoghese 'foche'.
Foche?
Foca sarà quel coniglio del cazzo di Ronalgigno.
Che poi non sa dire una parola d'italiano. Ma sforzati stronzo. Io in tre mesi ho imparato la tua lingua, tu in trent'anni non sai un cazzo della mia.
E conclude 'domani commenteremo Brasile-Australia'.
Ma chi se ne fotte del Brasile?
Mi auguro la disfatta personale di questo vecchio inutile fesso. Pagato miliardi dalle mie tasche. Ha rischiato di avvelenarmi un pomeriggio, se non fosse che Deco l'ha messo a tacere.
E quanto ha taciuto?
Va te foder, filho da puta.

Agora é a altura de falar do jogo.
Portugal finalmente com toda a gente capaz: o Costinha e o Maniche no meio campo pararam todas as acçoes perigosas do Iran, equipa que foi muito mais forte do que a gente imaginava, como eu previ.
Mas Portugal tem uma defensa impecavel, o Ricardo Carvalho e sobre tudo o Miguel foram importantes hoje, mas a gente que permeteram de ganhar foram claramente o Cristiano Ronaldo, o Figo e o Deco, os genios lusitanos.

Como sempre, o posse da bola foi fondamentale para ganhar. Esperamos, esperamos, atè o Deco foi magico e marcou aquele gol meravilhoso.
Depois o Cristiano, que è a alma jovem, espectacular, o motor desta equipa. cada vez que foi com a bola, ninguem podia para-o. Ele fala com a bola, acaricia-a. Mereceu de macar o penalti.
Qualquer dia atras, li num jornal que nos ultimos 4 anos ainda nao apareceu um campeao com os numeros do Rui Costa, ou do Figo, ou do Deco.
Pà, nunca viste o Cristiano.

Em fim, o Figo: a cara do Figo, que apos daquela pontapè, é a maior imagem do sofrimento que Portugal tolerou para ficar na fase sucesiva do Mondial.
Mas que agora fica aqui, em frente de nos.
Eu jà disse que nao tinhamos que ficar preocupados p'ra o jogo contra a Angola. Angola, a gente sabe, jogou o jogo da vida.
Este Portugal va ser maior cada jogo mais. Cada vez mais. Cada minuto mais.
Ficam com confiança.

venerdì, giugno 16, 2006

Bianco e celeste


Ho visto solo il primo travolgente tempo dell'Argentina di Pekerman.
Senza parole.
Non capisco perché si ostinino a dichiarare (da anni ormai) quella squadra di foche verdeoro favorita del mondiale.
Gli argentini in coppa america (come ho già detto) hanno dato una lezione di campo a Ronalgignu e amici da annichilire un bisonte affamato: e poi, volete mettere? Talento, garra, tango.
L'Argentina era la mia seconda nazione preferita (prima che sorgesse l'adorato Portogallo nella mia vita) e non solo a livello calcistico (quel Maradona, per chi l'ha visto, rappresenta il punto di non ritorno), con la storia delle Falkland ma anche dei milioni di emigrati, di dittature e desaparecidos, di politici corrotti e depressione non solo economica.
Guardate Esteban Cambiasso: partito dalla panchina, ha tirato fuori tutto e in men che non si dica ha segnato. Una squadra con un livello di classe altissimo, messa però al servizio di un gioco corale mai inutile, mai alla ricerca del dribbling in più.
E poi, ditemi di un argentino che fa le bizze nel suo club.
Ditemi di un argentino che va a farsi il carnevale.
Ditemi di un argentino trisci porque tenho a saudagi.

E nonostante quel ct che convoca Burdisso e Ayala (cazzo, Ayala ha 78 anni) e tiene Messi in panchina ma sopratutto Samuel e Zanetti a casa, questa squadra è così quadrata che vince lo stesso.
Altro che fuochi di paglia. Quest'Argentina arde di prepotenza.

Diego, continua a saltare.

Giallo mondiale


Come è stato battezzato l'ennesimo attacco di rigetto alle droghe di Nasario da Limina, chissà come mai, ogni volta che c'è un mondiale in Europa.
Questi futuri campioni del mondo, che mattacchioni!

Come il colore dell'Ecuador, bello, quadrato, convincente, determinato. Facilitato da un girone facile, ma concreto ed interessante. Sorpresa. E poi hanno un Delgado...

Come gli svedesi che eliminano zio Carlos Humberto (foto). Carlos Humberto in Portogallo lo ricordavano tutti come un indomito eroe. E noi ce lo ricorderemo così, ora che probabilmente (non riconfermato da Lillo) di lui non sentiremo parlare mai più e ci ricorderemo di un centrocampista che segnava da lontano, che a ogni partita faceva una rovesciata, di uno che era paraguayano o argentino, boh, quando racconteremo ai nostri nipoti di uno che baciava la maglia e segnava di tacco, che picchiava come un pazzo ma aveva degli ottimi piedi, e non abbandonava mai il campo con la maglietta immacolata.
Peccato. Il Paraguay avrebbe meritato di più.

Una nota importante: notti mondiali è un programma esagerato, approssimativo, supponente e antipatico (cit.) - anche perchè Mazzocchi da quando è stato minacciato di trombamento ha mutato la sua causticità in stucchevole servilismo ai potenti.
Tutto succede di corsa e gli argomenti vengono trattati con una sufficienza perniciosa.
Niente a che vedere con gli approfondimenti educati e competenti della Morace, di Zibibbo Boniek (che però a volte sbanda per colpa della demenza senile) e di inviati giornalisti di comprovata esperienza di La7.
Per non parlare del raggio di sole Natasha, mia favorita da anni.
Natasha, laureata in ingegneria, simpatica e bellissima (non più giovane ma sempre gran donna) e non gallinelle con le cosce di fuori che dicono 'e adesso pubblicità'.
E poi, notate, a La7 il volume default è bassissimo, sulla RAI sparato a mille.
Educazione, appunto.
(D'improvviso mi viene in mente quella che su Sportitalia intervista a fine partita allenatori e calciatori di B. Una peste, voce fastidiosa e domande inutili - ultima, Torino-Mantova, a Cairo: 'com'è salire in serie A davanti a 70000 tifosi?' avrebbe dovuto risponderle: 'una pena pazzesca, domani mi vesto in nero'. Che fastidio. Sono le uniche volte che dico: 'è vero, i calciatori sono stressati'.)

Giorni di sguardi, di pensieri che si materializzano improvvisamente.
Penso, che al reset del pc ha corrisposto il reset di certi sentimenti.

giovedì, giugno 15, 2006

Spagnoli: categorizzazione ardita?

Che non ci si azzardi a parlare di grande Spagna o collettivo vincente.

Quando catalani e baschi (e andalusi, e castigliani...) inizieranno a capire di essere di regioni diverse la squadra si spaccherà in due come al solito.

mercoledì, giugno 14, 2006

Il tamburo toghese


Che poi ai mondiali si vedono partite con cose di un'assurdità incredibile che ti lasciano interdetto e che poi ricordi a distanza di anni.
Tipo Corea-Togo è stata una collezione notevolissima da questo punto di vista: dopo che due giorni fa ho ammirato il ct dell'Angola (era dell'Angola?) togliersi le scarpe in panchina, oggi i toghiani o toghesi o toghi che fa pure fighetto festeggiano con una danza inspiegabile ed imbarazzante (ma perchè gli africani fanno 'ste esultanze? Indimenticabile il cane che fa la pipì sulla bandierina nigeriano) il supergol di Kader, un Babangida d'altri tempi che scatta sul filo del fuorigioco e fulmina il corean portiere.
Maledetti coreani. Sono di una antipatia stratosferica, non so, e non è solo perché ci han presi a calci quattro anni fa (che poi, povero Moreno, dovevamo esser capaci di seppellirli, 'sti quattro dilettanti), ma sono proprio antipatici. Bah, sarà che appaiono supponenti, che non hanno l'educazione e il sorriso (lo vedi, sugli spalti) dei giapponesi, che in Italia non vengono a frotte come i suddetti vicini a fotografarci pure le pietre della strada (e quando sei in vacanza a Lisboa gli copi la posizione per fotografare il Pavilhao do Descobrimento sennò non ti uscirà mai intero), che non sono allegri come gli amici di Nakamura a Reggio, che hanno troppo culo, che Mark Landers era giapponese e quindi loro rivale, che i cartoni fichi sono giapponesi e quindi loro rivali, che loro sono democratici e i cugini del nord (e quindi loro rivali) si sono inventati quella genialata del comunismo dinastico...
Fanno due gol della vita, con quel Liciunsò coi capelli tinti BIANCHI (ma si può, diosanto, che qua a ogni capello bianco è una tragedia) e Ahn che in Italia era una pippa e ai mondiali prende le pesanti e castiga.
Ma rimane indimenticabile pure il difensore togo che fa il tamburo sul culo del proprio portiere per complimentarsi, la sintesi rai che manda due volte la stessa azione e il cretino del commentatore fa finta di non accorgersene e un guardalinee che sembra Sciumachier.

La francia (lettera minuscola) con mia somma gioia pareggia coi rappresentanti di Roger e Martina (quarta nazionale del cuore, a questo punto, e solo per loro); e quel mangiatutto Brasile?
Oddio che figura di merda.
"La Cechia non vale le nostre riserve", "Totti chi lo vuole", dichiara Parreira; "non sono grasso" il nuovo testimonial McD**ald's gordo Ronaldo e gli incazzatissimi fabbri croati che picchiano come diavoli dell'inferno.
Il tritatutto s'è già inceppato alla prima: squadra senza idee, Ronaldinho (caro commentatore sky, o lo chiami ronaldigno o ronalgignu, ma non ronalgigno -ripetuto tre-quattro volte ogni volta che tocca palla quasi a vanto- e semmai lo chiami ronalgignu, Dida chiamalo Gida, o fatti i cazzi tuoi. Fastidio) non pervenuto, gordo controfigura di sè stesso, Kakà (Carà?) che se non inventava quel gol... Prso pericolo continuo, difesa allegrissima...
Due cose:
1) La Croazia non ha vinto perché secondo me nemmeno si aspettavano di arrivare ad essere così pericolosi (ecco perchè si passavano la palla di fronte alla porta e non tirava nessuno);
2) Il Brasile ha preso 3 pere dall'Argentina (terza squadra del cuore) in Coppamerica, e ricordiamo che i vari Kakà e Adriano giocano in Italia e non è che contro le nostre difese facciano sempre 'sti sfracelli (Franceschini quest'anno li ha annullati entrambi, figuriamoci Nesta) e mi sembra che in semifinale di coppacampioni il Milan meritasse di passare e Ronalgignu non pervenne p.II.
Ma siamo sicuri che sono così forti?

Spavaldi come non mai.
Vedrete che bel botto, quando cadranno.

Silenzio di tenebra sul mio villaggio. Senso di incompiutezza non più risolvibile, di rassegnazione generale (ho corretto, avevo scritto genetale...).
Ma dove vogliamo andare?
"Scatta i nervi e i sensi che
le ombre dei sogni scuotono
spazza vento e porta via
il bambino che gioca con il mare
Eroy nel vento
è la noia che scava dentro me
(...)
Guerre di Eroy
traditi senza pietà
e svanite nei secoli."
(Eroi nel Vento - Litfiba).

Ciao con la manina del gigante.
(nella foto, i Toghi)

martedì, giugno 13, 2006

La 'prima' dei puffi


Mi ricordo, improvvisamente, che i Delgados hanno pubblicato le Peel Sessions.

E mi ricordo che Rocco ha trionfato, tra folle che straordinariamente plaudenti si offrono al giubilo di pirresche vittorie, con una anormale esaltazione collettiva coronata dall'esibizione sfacciata di nani, giganti, individui stranamente classificabili tra il phylum degli umani (persiano citantemi), nell'incedere incalzante di una canzone di diritto naturale appartente alla massa (aggettivo elegiaco preciso) presuntuosamente pretendente un'innalzamento innaturale delle proprie pulsioni irrazionali, effimeri ricchi ammaliati dalla tentazione di captare l'atrui, bramatissima, inaspettata,irrealizzata consapevolezza di ricognizione reciproca unilaterale.

E mi ricordo di diecimila fatture odierne (oddiosantoperdono).

E di inizi anonimi finiti inaspettatamente.

Ah. Ricordo, tra l'altro, che hanno giocato i puffi, stasera: Pirlo (ex REGGINA) finalmente degno della mia considerazione, Toni sull'onestà della cui condizione non sono pronto a promettere di scommettere un fagiolo, Totti proditoriamente asfaltato dai pretos do Ghana filhos do meu, e quel povero foliaro di Pippo Inzago relegato in panchina: elemento di spicco , profeta del mio modus agendi calcettistico meritava di essere partecipe di questa puffistica festa.
Ho paura che arriveremo fino in fondo.

Ta calado foda-se.
Un ringraziamento particolare al Barresi, che dichiara apertamente: "Voglio farmi la piccola".
Nipie, ci fate troppo male.

lunedì, giugno 12, 2006

Arjel Robben e la maglia fosforescente


Claro que vi o jogo do Portugal ontem a noite (sozinho... Prefiro nao ser incomodado dos meus amigos que nao tem interese p'ra a naçao lusitana), e sinto-me quasi totalmente de acordo com os journais italianos.
A equipa jogou so nos primeiros minutos da primeira parte. Um Figo majestoso como quando tinha 20 anos (jà lembro, no Barça), que claramente ficou cansado depois, um Cristiano Ronaldo que se pensa menos sò a fazer fumo poderia mudar todos os jogos, um Simao cabrao (è benfiquista, pobrinho, nao è sua falta), Ricardo decisivo e um Ricardo Carvalho jà em boa forma.
A equipa, na minha opiniao, pode jugar muito melhor, è claro isso, e nao acredito nas palavras da gente que disse que estes sao os habituais problemas do habitual Portugal. Tem que lembrar-se do grande numero de golos nas qualificaçoes.
Sò, a Angola foi muito melhor do que a gente podia esperar, eu acho.
Vamos ver que serà contra Mexico e Iran.
Tenho confiança.
(Hà muito mais que diser, mas acho que jà fiz muitos errores... Portanto isso è bastante!).

Gran partita di Arjel Robben. Lezione di calcio per lunghi e lunghi minuti, e una maglia fosforescente arancio da paura.
L'Olanda non vincerà nulla come al solito, ancora più macchinosa degli Heroes do mar ammirati ieri, ma quel Robben è un genio, un'ala come non se ne vedevano da tempo, e quelli delle telecronache che lo definiscono esterno...
Esterno? Esterno è il riadattamento scientifico 4-4-2 di un ruolo che è, da Garrincha in giù, la principale ragione per cui ancora seguo il calcio (anche perchè uno, dopo aver visto Maradona, che altro deve vedere)! Questa è un'ala, un'ala pura purissima che salta l'uomo, fa i cross, si accentra, ruba palla ai compagni, scatta sul fondo, non torna mai...
Arjel, concretizzazione di un sogno bambino, gioca sul prato verde tedesco come sui sassi della terra battuta a Johannesburg.
Meraviglia.

Stasera giocano i puffi.

sabato, giugno 10, 2006

La gioia di Justine


E l'atto finale di questo Roland Garros si esplicita nel modo che più avremmo desiderato fosse.
Justine Henin, 24 anni, 2 giugno 1982, trionfa, con un doppio, secco, 6-4 contro Svetlana Kuznetsova.

Nonostante quel che dice il risultato, Justine ha traballato, pochino, nella parte centrale del primo (da 4-1 a 5-4) e nella parte iniziale del secondo (partenza ad handicap, 0-2) set.
Ma dopo si è imposta. Eccome se si è imposta.
Contropiedi, top spin, bordate da fondo, dritti incrociati, e quel rovescio... Ah, quel rovescio ad UNA MANO è una delle cose che ti riconciliano col mondo.
Spettacolare, come lei, che dal basso delle sue minute misure, si sposta con tutto il corpo dettando legge anche alle velocità più alte, anzi, sopratutto, e dipinge traiettorie in pallonetto e contropiedi da artista della racchetta irraggiungibile.
E fin qui il lato tecnico.

Ma Justine, quanto hai sofferto? Ne parlavo, nel post precedente: senza una famiglia, adottata dal signor Hardenne che la diede in sposa al figlio (sulla cui indiscutibile bruttezza, anche oggi che sembrava un po' più guardabile, meglio sorvolare).
Quante ne avranno viste, gli occhi di Justine?
Quegli stessi occhi che oggi erano gonfi di lacrime, sull'inno belga. Che si abbassavano a guardare le linee del campo, mentre il popolo vallone faceva la ola prima dell'ultimo, decisivo, game (e non è facile vincere, e così tanto, in nome di un piccolo piccolo popolo famoso più per Deus e Girls in Hawaii che per Vincenzino Scifo - e avrai avuto il cuore a mille, Justine). Che si fermavano a guardare il suddetto monsieur Hardenne ('je voudrais remercier mon mari') e l'allenatore argentino chisiricordacomesichiama ('sont 10 ans!') a respirare profondo. E tutti quegli 'Allez!'.
Quante volte sarai stata costretta a dirlo per farti forza, Justine, tra le lacrime non di gioia, ma di un inferno che sembrava non dovesse finire mai?
E adesso, Justine, per l'ennesima volta, il mondo è ai tuoi piedi.

Justine non è nata con la camicia: ogni sua vittoria, nei silenzi e nella sua riservatezza che sono legna da ardere per la maldicenda delle inviodissime sue colleghe, rappresenta un riscatto. Riscatto su ogni punto tecnicamente studiato nei minimi particolari ed elegantemente offerto al pubblico di palati fini che mal sopporta quei maschi top model prestati al delicato tennis femminile, e quella forza che le viene da dentro.
Justine batte colosse di 180 cm e 90 kg con dritti che variano, con battute precise, con palle da fondo in contropiede.
Ma sopratutto con la forza di chi ha toccato il fondo.
Di chi dallo squallore è risalito solo con la forza della propria anima.
L'anima, indistruttibile.

Si vede, quando sorride di quel sorriso triste, con quella grinta, che a fine match non c'è più, lasciando spazio alla commozione.

Solo tu sai, cos'hai dentro.
Tre Roland Garros, cinque Slam, e ancora ti commuovi.
Ma la vittoria più grande, Justine, è la gioia che oggi hai disegnata sul volto.

Justine Henin, Nicole Vaidisova e i Mondiali di calcio


Un malvagio trojan mi ha impedito di postare & usare il pc in questi giorni.
E ce n'erano da scrivere...

C'era scrivere di Nicoletta Vaidisova, diciassettanni made in Cekia trapiantata USA, 1,85 di pura bontà che spara bordatone e ha la luce negli occhi che raccontai quando parlavo del vittorioso suo incontro con Amelia.
Nicole non ha niente di tennisticamente attraente: spara bordatone centrali fortissime a metà campo e aspetta l'errore avversario. E' potente e mobilissima, ha una treccia bionda e un fisico da paura, e una rigidità e freddezza caratteriali impressionanti.
E' questo che la distanzia da Venus: Venus è più forte (fisicamente e tecnicamente) ma non ha lo spessore mentale.
Nicole è forgiata dalle difficoltà post-sovietiche, dal freddo e dalla voglia di vincere.
Venus ha ancora paura di papà che fa le foto in tribuna, che l'ha trasformata in macchina, a lei e alla sorella (e povera Venus, chissà quante volte sei stata costretta a perdere, per pura scelta matematica, eppure non eri triste, perchè legata allo stesso destino della sorellina). Nicole no.
Nicole è forte e bellissima.
Si farà, non sarà mai tra le mie favorite, è troppo accademica nelle sue cose.
Ma il futuro è suo (Martina permettendo).

Parentesi Justine: Justine Henin ha vendicato Martina, surclassando Kim e volando in finale (domani, contro la Kutznesova). E più di questo non potevo chiedere.
Justine subentrò a Martina nel mio cuore, quando Martina decise di abbandonare. Perchè è minuta, tecnicamente stratosferica, batte le colleghe maschiacce con accelerazioni e cambi di gioco impressionanti.
Justine, violentata dal padre, scappata di casa a pochissimi anni, sposata a 17 al signor Hardenne, è sempre in silenzio. Pensa per sè, riflette, ha lo sguardo impenetrabile, dice "allez" quando fa punto, viene dal Belgio, dicono che non dia molta confidenza in generale. E' impressionante come trovi dentro di sè, 1,66 mt per poco meno di 60 kg, la potenza e la forza che sprigiona.
Justine domani è favorita.
Forza Justine.

Iniziano i mondiali. Festa di popoli, colori, ricordi di infanzie perdute e di speranze infinite.
Honestamente, nao sinto-me capaz de apoiar a equipa Italiana. Um treinador que tem um filho indagado, jugadores sem sentimentos que pensam sò ao seu dinheiro e a ganhar sempre muito. Buffon, Cannavaro, os juventinos mas tamben os outros nao merecem a minha consideraçao. Com o medo que se os italianos vao ganhar esta taça, toda a gente que tem que ficar em prisao serà livre.
E depois, eu chouro quando sinto a Portuguesa, eu ainda acordo de manha e tou a achar ao Portugal, e conheço mais os jogadores portugueses dos italianos.
Vejo a cara do Costinha e sei o quem è, vejo aquela do Zaccardo e nao sei se é Grosso o um outro.
Portanto, a minha equipa serà Portugal, primeiro, e sò depois a Itàlia.
Hà uma bandeira verde e vermelha sobre da minha cama.
E se do Faro a Braga serà cheio de amor p'ra este equipa, longe longe do Atlantico hà uma outra alma portuguesa: a minha.
Heroes do mar, nobre povo: vamos ser campeoes!

martedì, giugno 06, 2006

Martina e il futuro davanti


E’ finita.
Ci ha fermati quella là.
Quella che a scuola è sempre puntuale, quella che sorride a tutti, quella che aveva i brufolazzi e poi la mamma l’ha mandata dal dermatologo, quella là che è la migliore amica dell’oca perché gli piace il giocatore di baseball e poi infatti glielo ciula (Hewitt docet), quella cicciotella che non studia tanto perché è brillante e ti dà sui nervi perché è sempre buona con tutti e socialmente impegnata, fa le assemblee d’istituto e salva i gattini.

Dea Martina cade contro Kim.
Un primo set difficile, eravamo sotto 5-2 e abbiamo ripreso la tettona burrosa antipatica fino al 5-5. Dea Martina arrancava all’inizio, poi ha cominciato a fare smorzate, a respingere la burrosa, a farla spostare, ad avvicinarsi a rete.
Mini grigia e smanicata rosa, ancora, perché c’aveva portato bene. Un campo tutto contro di noi, che non ci perdona niente; Dea Martina interrompe uno scambio perché diversamente il signor giudice di linea non chiama il fuori. Dea Martina serve solo un ace, ma pian piano si riprende.
5-5, 6-6 e tie-break.
Sorridi, Martina, quando burrosa ci condanna.
Ed è finita, perché nel secondo ti ostini a darle palle su quel rovescio lungolinea che ci fa tanto male. Ed è 6-1.

Si vede, il bagliore celeste t’è venuto solo quando abbiamo raggiunto la belga antipatica sul 6-6. E niente più.
Sorridi di un sorriso amaro agli ultimi cambi di campo.
Sorridi mentre il vento ti alza il gonnellino e quella scivola da tutte le parti prendendoci pure i geniali contropiedi che le facciamo.
Sorridi, Martina, perché Venus intanto ha perso pure, e perché noi a cavallo tra 79 e 80 siamo sempre un po’ incompiuti.

Non era il nostro torneo, forse, Martina.
Ma guarda quanto hai fatto, quante ne hai messe in fila.
Quanto il tuo tennis sia ancora classe, divertimento, variazioni e rovesci a una mano, smorzate e recuperi dal fondo.

Sei tornata Dea, e verrà il tempo che tutto questo tornerà, che sarai ancora regina.
Verrà il tempo per vivere il futuro che abbiamo davanti.

lunedì, giugno 05, 2006

Gli occhi di Martina


Si rivela più difficile del previsto la partita di Dea Martina contro l'israeliana Brufolazzi Peer, interrotta ieri sera per oscurità sul 6-3 2-6. Un primo set dominato e Brufolazzi si mette in testa che vuole vincere.
Che faccia.

Comincia il terzo set, stamattina alle 12 CET (che è una parola che conoscono solo ad eurosport e noi ci adeguiamo) e già c'è aria di 'altra partita’. E' evidente, anche perché Dea Martina non si è depilata la boccuccia e cerca di essere cannibale contro Brufolazzi tutto rovescio che vorrebbe impaurirci.
Brufolazzi picchia e spara bordatone lungolinea tra le cosce di Dea Martina, che si confonde parecchio e non riesce ad essere chirurgica come al solito. La prima di Dea Martina è sempre meno pericolosa e Brufolazzi urla e sbraita, dice cose brutte di Dea Martina e vuole gli applausi dello stadio.
Dobbiamo lottare, ed ecco una prima volée d'approccio che tramortisce Brufolazzi, un paio di servizi vincenti e cambi di campo con luce opaca negli occhietti a mandorla di Dea Martina, in smanicata rosa pastello e mini grigia, visiera e scarpette bianche, smorfia con dentatura di fuori e proteste contro una prima proditoriamente chiamata fuori.
Era fuori, ma va bene per far vacillare Brufolazzi, che non si aspetta la seconda paurosa di Dea.
Dea spara qualcosa come 30 errori gratuiti, ma negli ultimi 4-5 game si vede quel riflesso di bagliore celeste d’altro mondo che le colora gli occhietti chiari. Trascende da questa realtà umana e schianta Brufolazzi.
Insiste comunque per tutto il set decisivo a giocare sul rovescio di Brufolazzi, scelta quantomeno suicida visto che Brufolazzi gioca solo con quel colpo, ma secondo me Martina lo fa perché se non è epica non ci piace, se non dimostra la sua superiorità non ci piace, se non minacciamo la Kim non ci piace.

Eh sì, perché finisce che sorridiamo 6-3 tra steccate di Brufolazzi e guanciotte sorridenti di Dea Martina, e la prossima sarà quella maledetta belga tutto muscoli e sorrisini mielosi simpatica-a-tutti di Kim Clijsters, la prima della classe un po’ cicciotella che ride sempre, dispensa consigli e tutti le scrivono sul diario ti voglio bene (tanto non ti si prende nessuno).
Ma il bagliore celeste è riapparso, siamo di nuovo chirurgici.
Grinta, cattiveria.
Martina, prendiamo quel treno.

La dolce Amelia e i treni direttissimi altrove

Oggi il Roland Garros (femminile, avrete capito che di Nadal che gli va la banana di traverso non m'importa nulla) è stato riserva di sorprese e piccole imprese.

A partire dalla nostra cara Franceschina Leonessa Schiavone, che solo dopo tre set (il primo vinto 6-1) si è arresa alla Kuznetsova. La Schiavo è sempre sul punto di fare quel passettino in più che sempre manca alle nostre migliori.
Sarà anche una questione di indole di popolo, ma quando le nostre sono a un passo dal varcare la soglia dell'eccellenza, cadono sempre.

Justine Henin massacra la Myskina, mentre Patty Schnyder cede a Venus, deprimendomi per nazionalità della dolce Patty e perchè Venere è sempre un maschiaccio prestato alla versione gentile dello sport della racchetta.
Venere picchia, caspita se picchia.
Piccola Patty ce la mette tutta, sfodera rovesci e palle corte cercando di variare, ma Venere picchia. E alla fine vince.
Delle due sorelle, Venus è sempre stata la più tecnica, ma onestamente è troppo vicina agli standard maschili perchè possa piacermi. Troppo veloce, troppo robotica (anche se meno di Serena), troppo picchiatrice. Spiace per la piccola Patty rovescio a una mano.

Martina vede il suo match interrotto contro pericolo israeliano Peer in situazione difficile (siamo un set pari) mentre quella fighetta (cit. Schiavone) della Shara cade con mia somma gioia al cospetto di Mademoiselle Dinara Safina (mentre Marat è sempre più latitante).

Ma l’impresa più bella e più grande oggi la firma Nicole Vaidisova, una ragazzona di due metri bionda e bella come il sole, 17 anni Repubblica Ceca, che sul centrale affronta la piccola-grande Amelia Mauresmo.

Amelia, quant’ha sofferto in questi anni?
Amelia è sempre fragile, Amelia perde partite che domina con la sua classe sopraffina e le sue magie tattiche, Amelia però cede di schianto quando sta per vincere, non è responsabile, non è equilibrata, le dicono da anni.
Il Roland Garros le fa male, le dicono, perché ci perde, inevitabilmente, sempre. Cade dopo pochi turni, e fa perdere le speranze al proprio sciovinista popolo che la adora.

Ma Amelia quest’anno viene da una stagione spettacolare: dopo aver dichiarato al mondo quali sono le sue tendenze sessuali si libera come di un peso, che grava forse troppo su quel segreto, e si carica di un coraggio inusitato (sembra una stupidaggine, ma quanta forza in quel gesto – forza che si riverbera in campo) e sbrana tutte. Vince Master e Australian Open, è prima al mondo.

Amelia si era spinta, ieri, a dire che finalmente non ha più paura del centrale, che si sente forte, che è sicura di sé. E sembrava dimostrarlo sempre, dal primo turno, autorevole e finalmente capace di dettar legge, ritmi, schemi tattici alle avversarie. Amelia sembra un tumulto, rotea quel braccio che è una meraviglia per gli occhi, sono tutti estasiati da Amelia.
La dolce Amelia, così forte e così fragile, sembra una nuova Amelia.

Va sul centrale, e la vittima sacrificale di oggi sembra la piccola Vaidisova, diciassette anni, dicevo, di bellezza esplosiva e insicurezze tipiche dell’età. Aveva perso contro zia Ciccia Leonessa, qualche tempo fa.
Ha i numeri la ragazza (e che numeri! Un rovescio Williams e accelerazioni paurose, una falcata impetuosa da destra a sinistra e su e giù, avanti e indietro, e una potenza nelle braccia non indifferente), e un vestitino fucsia che dà nell’occhio molto più del giallo pallido della dolce Amelia.
E sul centrale, massacrata dal tifo tutto pro-Amelia, Nicole tiene con scarsa disinvoltura, limitando i danni nella parte iniziale del primo set, stando sulle sue, protestando ad ogni segnalazione dubbia a favore di Amelia prendendosi in faccia bordate di fischi da tutto il pubblico sciovinista.
Chi, chi non sarebbe caduto? La stessa Justine (mia favorita da secoli), ricordo, vinse una finale di RG soprattutto grazie alla cattiveria gratuita del pubblico d’oltralpe che praticamente minò per tutto il tempo la tenuta psicologica di Serena.
E Nicole tira la racchetta a terra, s’imbroncia, spara parolacce a raffica, e perde il tie-break.

Amelia, è lì, osannata, sono pronto a giurarci: vincerà, sta danzando, imporrà il gioco, dimostrerà a tutti che davvero da spauracchio invincibile il centrale è diventato il suo mondo, la sua casa, che non ha paura di nessuno (già pensa, Amelia, a Venere e alle tante rivincite che vorrebbe prendersi), che devono passare sul suo cadavere prima di tirarle dalle mani quella coppa che ha praticamente già alzato.
E la piccola Nicole?

La piccola Nicole rientra in campo, e piazza un parziale di 5-0, 6-1 all’incredula Amelia.
Nicole. Diciassette anni, 1m40 di gambe. Ceca, completa tecnicamente, ripetitiva nei colpi, intelligente nella tattica. Giganteggia, e siamo già 4-0 al terzo.
Il Centrale tace, di un silenzio spettrale.

Amelia deve aver visto quella gigante fucsia diventare sempre più grande, diventare il centro delle sue paure più allarmanti, diventare insormontabile, mentre il pubblico è incredulo e la piccola biondina trasforma i suoi gridolini in ruggiti terrificanti. Amelia tace, il Centrale diventa di nuovo un nemico, le insicurezze sue (dov’è la tecnica, perché non riesce più a piazzare un rovescio dei suoi?) diventano certezze della teenager venuta dal freddo che senza farsi attraversare da nessuna emozione serve a 181 km/h contro la fragile e indifesa Amelia che guarda le sue certezze sgretolarsi, che pensa a quell’intervista entusiastica concessa il giorno prima e quant’emozione a rivedersi a 12 anni trionfare a Parigi.

E’ così semplice, buona, Amelia, che mi convinco non abbia la forza nemmeno di chiedersi perché.
Guarda il suo destino compiersi, quando Nicole chiude 6-2, si inginocchia, si commuove, pensa agli inverni freddi cecoslovacchi e ai sacrifici eccetera eccetera.
Ma Nicole ha il mondo in mano, ha fame, è giovane, bellissima, star, ha una luce strana negli occhi, sarà top ten tra un mese.

Nicole è la reginetta del ballo di fine anno, Amelia piange da sola in giardino, mentre dentro impazza la festa.

Amelia ha un sorriso dolce e triste.
Ha due occhioni grandi così e un completino giallo pallido.
Ma non preoccuparti, non piangere, dolce Amelia: ci sarà sempre un altro treno, per le ragazze come te.

(Nella foto, Amelia)

giovedì, giugno 01, 2006

Martina per abitudine


Ritrovo un articolo di Gianni Clerici, su 'la Repubblica' del 21 maggio scorso.
Stavo viaggiando in treno verso Roma, e leggere quelle parole mi scosse profondamente. Martina è nata un mese prima di me, eppure ci ha saputo fare molto di più. La solitudine del viaggio, con la poesia del mezzo-treno, oltre all'indiscussa bravura del sedicente scriba, tutto concentrato sull'evocatività del tennis (e Martina, anni 25, coetanea e bambina prodigio quando eravamo noi bambini tennisti non prodigio) mi han causato troppe emozioni, che a riproporre qui il testo, freddamente, su uno schermo, non possono riproporsi. Non si ha la stessa capacità di colpire e rendere partecipi di un formato cartaceo di un confortante quotidiano di sinistra dopo la politica e la cronaca, ma si dà comunque un’idea del proprio immaginario legato al mondo di Martina.

"Smemorato. D'abitudine, e non solo per l'età. Quando si confonde ciò che è avvenuto con quanto si è immaginato, mi disse Karen Blixen mentre l'intervistavo a Copenaghen per il Giorno, allora si può provare a scrivere. Questo è più utile nelle occasioni di giornalismo rilegato, che ogni due o tre anni oso definire fiction. Ma per un pur modesto adattamento di una partita del passato a quella d'oggi è forse possibile, frugando non solo nella memoria, ma nell'archivio di Repubblica. Correva il 10/05/1998 e l'articolo dello scriba affermava 'Minerva ha battuto Venere per ragioni che non sfuggiranno non si dice a un allievo di Robert Graves ma ad un qualunque studente del Liceo. Minerva Hingis è stata sempre lucida, ha giocato geometrico, non ha mai perso di vista il valore relativo dei punti. Minerva non si è mai, apparentemente, lasciata andare alle emozioni, o quantomeno le ha controllate, quasi fosse un doppio di sé, un piccolo coach celato dietro a quell'aria di bambolotta sorridente. Era scesa in campo con un disegno tattico geniale tutto semplicità, Minerva Hingis: palleggiare con rotazioni svarianti sul diritto dell'avversaria, evitandone il rovescio... ', e così via.
Siamo stati autorevolmente informati che non c'è nulla di nuovo sotto il sole, che la storia si ripete. Par giusto annotare che, nell'adattamento odierno, la mutazione più evidente è stata esteriore: da una blusettina blu e minigonna di allora, Venus è passata al completino giallo con sottanella, dalle perline nei capelli ad un elaborato chignon. Da un modellino per una volta conformista del tacchini anni '90, Martina ha adottato una canotta scalfata carnicina, e un'aderentissima mini. Quanto a gioco, l'impostazione tattica di Minerva non si è per nulla scostata dal novantotto, mentre, una volta ancora, Venere si affidava ad un forcing di puro muscolo, reso presto inutile da una preparazione fisica affrettata.
Sin qui, scarti e analogie, entrambe di modesto rilievo. Quel che è mutato, in questi anni, è rimasto segreto, intuibile soltanto a pochi intimi, o ad osservatori versati in psicologia. In tutte le correnti biografiche, più o meno autorizzate, si trova scritto che il ritiro dal tennis della Hingis era stato provocato da ribaditi incidenti occorsile a piedi, caviglie, anche, tra il 2000 e il 2002, che l'avrebbero trascinata dal 1° posto al n.10, e infine spinta al ritiro. In quello sventurato biennio Venus strappa 4 slam e Serena 3. Sono loro, le sorelle nere, a conquistare la ribalta sotto la regia di papà Richard.

Ad ogni sconfitta sua, ad ogni successo delle sorelle, il dolore di Hingis cresce. Ufficialmente, sotto glia archi plantari a soffrire, in modo da poter giustificare il ritiro intentando anche una causa miliardaria allo sponsor Tacchini.
In realtà, è tutto un mondo a crollare dentro a una ragazzina che si era creduta invincibile e non aveva mai immaginato la vicenda del Principe Felice di Oscar Wilde. Si dice appagata, e mente. Cambia non solo casa, ma addirittura continente, per iniziare un inesausto ping-pong di -chiamiamoli così- flirt, uno più improbabile dell'altro. Riappare nel mondo che le deve disperatamente mancare sotto spoglie di improbabile commentatrice o testimonial. I cavalli, giunge ad affermare, quasi una qualunque Elisabetta d'Inghilterra, la interessano in fondo più degli umani. Sinchè giunge un'ora che deve esserle parsa disperata, l'ora in cui è impossibile mentirsi.
Riprende la racchetta, e il suono della palla sulle corde l'attraversa, quasi rintocco divino. Riappare in una sorta di esibizione benefica su spiagge esotiche e , pur battuta, si rende conto di non appartenere interamente al passato. E allora ritorna: addirittura crudele col suo corpo che si era arrotondato, impigrito.
Dall'inizio di questo 2006 non fa che giocare,e ripete a tutti i cronisti di essere felice, vinca o perda. E' sincera, all'avvio, ma pian piano ritornano a visitarla i desideri. Vuol vincere, e vince sempre più spesso, sinché a Varsavia ritrova una delle sorelle Nemesi, Venus. Ci perde, ma capisce di poterla ancora battere. Si giura che lo farà, alla prima occasione.
Oggi, alla fine di questa storia vera, l’ha battuta”.
Gianni Clerici, la Repubblica, 21/05/2006.

Martina era così, una belva assetata di sangue su superfici rosse o verdi, una ragazzina tutta classe ed erotismo da compagna di banco, da vicina di casa.
Martina è tornata, e le altre non saranno mai Martina.
E non a caso oggi la Henin compie 24 anni ma riporto l’articolo sulla svizzerotta rotondetta.
Martina, Minerva, è unica.
Profuma dell’erba del campetto dei miei 16 anni.

E mi chiedo, ma saranno così importanti questi mondiali? Coi titoloni sui giornali ‘oggi il ct ha ruttato due volte come Bearzot nell’82’ o ‘Delpiero ha la diarrea come Tardelli al Mundial’ o ‘Totti si è depilato il pube come Pablito in Spagna’.
Ma chi se ne frega.

Adolescenza e poesia, caramelle amare e 20 sigarette, come diceva una volta un gruppo di Montepulciano che non conosceva nessuno.
E Martina.

Martina per abitudine
Miele infinito per anima
Piccola speranza di non deludere mai più
Per morire un attimo
Per calvario un angelo
(…)
Piccole catastrofi
Per minuti intimi
Tutto ciò significa
Scavare in profondità
(…)
Ora ridi...
Dietro lenti scure riderai

Baustelle, "sussidiario illustrato della giovinezza".

Martina è caduta, sembrava finita per sempre, e poi è tornata.

Ricordi, Martina, il nostro Sussidiario?
Ricordi, Martina, di Dylan Dog e del Subbuteo?
Ricordi, Martina, di preti malvagi, di cimiteri di notte, di pomeriggi pallidi?
Ricordi, Martina, di palle gialle sgorbie e sgonfie, di racchette graffiate, di alberi d'arancio, di erba curata male, di campi pieni di buche?
Ricordi, Martina, di motorini truccati, di patatine fritte alle sette di sera, in quel bar dove non andava nessuno, di sigarette di nascosto, con la paura che mamma lo sapesse?
Ricordi, Martina, quel giorno abbracciati ubriachi sulla terra sporca, ricordi di assemblee d'istituto col coraggio di aprire il cuore, di musica innocente e tu lì, a vergognarti di incrociare il mio sguardo?
Ricordi, Martina, di vino rosso e gin lemon, dell'illusione di essere diversi, cullata e poi rivelatasi un bluff, inutili come il resto, dell'innocenza dei nostri sogni così grandi da non stare nelle nostre manine piccole e impotenti, e crederci senza paura del domani?
Ricordi, Martina, io e te mano nella mano e baci che nessuno seppe mai, ricordi la piazza così grande, sotto le palme e panchine verdi?
Ricordi, Martina, come s'illuminavano i tuoi capelli al vento?

Ricordi, Martina, quand'avevamo quindicianni?