As câmaras da memória

Diario di un(o che continua a confermarsi un) antieroe
Vortici di pensieri disordinati: un italiano che ha anche vissuto a Lisbona, ma non per fare l'er*smus
"La vita per te é solo un pretesto per scrivere a ruota libera" (simon tanner aka humpty dumpty)
"Io lavoro, eri tu quello che faceva cazzate!" (Franca)

mercoledì, aprile 25, 2007

Blocco del blogger?


Ci sono periodi in cui mi viene il blocco del blogger e non so cosa scrivere e ho paura di perdere il blog.
Poi ci sono altri, come questo, nei quali dovrei dire un sacco di cose ma mi rompo.

È quasi una settimana, per esempio, che ho visto i The Gift al casino di Lisbona e, a parte la terribile acustica, lei è bellissima e ha una voce da paura, ma questo già lo sapevo, si disegna i vestiti da sola, ero in mezzo a tantissimi portoghesi e mi risentivo come i primi tempi.
Poi loro fanno easy, un po' elettronica.
Ho perso Jay Jay Joahnson al Fragil quella sera, l'ho scoperto solo dopo, ma non mi sono pentito in fondo.

Poi ho visto un film crucco all'indielisboa, rassegna che perderò visto il mio momentaneo ritorno in Calabria: avevo tirato giù due righe ma le ho lasciate in Portogallo.

martedì, aprile 24, 2007

Sogni come realtà

L'incipit di uno dei post più importanti che scriverò nella vita di questo piccolo spazio non può che essere una frase che mi disse un amico di breve corso qualche tempo fa, in relazione, invero, ad alcune relazioni sentimentali che qui poco spazio troveranno, stavolta.

In genere si hanno dei desideri, nella vita. I desideri a volte si avverano.
Poi ci sono i sogni, che sono definiti tali proprio perchè in teoria non dovranno realizzarsi mai.
Io ho realizzato un sogno.

Ho trovato un lavoro, di rara stabilità, a Lisbona.
E risparmio il pippone, che in Italia ci sarei arrivato solo per raccomandazioni e/o amicizie, e qui é stato solo il mio merito.
Quando inziai a scrivere qui il Portogallo era un puntino su una mappa, mai nessuno in quel momento avrebbe potuto scommettere un cent che ci sarei arrivato, me ne sarei perdutamente innamorato, sarei tornato in Italia, avrei sofferto di saudade, sarei tornato ancora e infine ci sarei rimasto. Per sempre, forse.
Quantomeno ci spero.

Appena arrivato, una donna lesse nelle carte che sarei rimasto a Lisbona.
Oggi l'ho beccata sull'aereo.

Incroci, destini.
So che sono felice, perdutamente felice, infinitamente felice.
E pronto a vivere in questa nazione dal cielo bellissimo, dalla lingua soave, dal profumo di sapori antichi, contribuire a fare qualcosa per lei, sentirmi parte di tutto questo.

Oh Sugar

10/4/07

Frammentariamente, le Cocorosie sono una delle cose peggiori che mi siano capitate negli ultimi tempi. Il nuovo album è un inutile impasto di stili senza né capo né coda.
Bella merda.
L’unica cosa di buono che hanno è la fica, ma ciò non le autorizza a pubblicare una tale mistura di banalià assortite e dolori di stomaco senza fine.
Continuano ad essere pompate senza alcuna ragione apparente: ennesimo fenomeno indie del quale continueró orgogliosamente a fare a meno.

Capitolo !!!: mi pento e mi dolgo con tutto il cuore dei miei peccati, perché peccando ho scoperto che Myth Takes è un album bellissimo, molto lontano dalle stupide e noiose esagerazioni di Louden Up Now. Meno spigoloso, si mantiene originale e divertente.
Avrei dovuto presenziare al concerto.

Patrick Wolf con il suo The Magic Position mi hanno anch'egli divertito parecchio. Nonostante la firma Pol*dor (della quale proabilmente mi sono accorto solo io, visto che tutti continuano a classificarlo come indie) il disco è accessibile, divertente, diretto, eterogeneo e ha una prima parte da accademia del pop.
Gran bella prova.

Prima pasqua lontana dalla mia terra d’origine, sporcata dalla presenza di odiosissimi spagnoli che sono riusciti persino ad oscurare l’italiano seconda lingua (adesso che l’amato Portogallo va ahimè più di moda del latinoamericano) di questa meravigliosa città.
Sono riuscito finalmente, dopo tre mesi di africani, brasiliani, italietti, spagnoli, crucchi, giapponesi, francesi e compagnia emigrando, erasmus, studentelli, fancazzisti e pseudo-artisti che hanno pericolosamente minato la mia stabilità mentale, a conoscere elementi appartenenti al mio popolo preferito.
Tutto questo perché la mia estrema stupidità mi ha portato ad ignorare questo posto che corrisponde spaventosamente al mio paradiso personale e che si trova esattamente nel palazzo a lato di quello che ospita l’appartamento in cui vivo...
Robe come editors e organ sparati a manetta in mezzo a un delirio dark 1975-1990 con il meglio delle marce funebri che le nostre menti malate abbiano mai potuto desiderare.
E di nuovo braccia aperte, conversazioni interessanti, conoscenza degli ulimi fenomeni indie al di sopra di ogni più rosea aspettativa, amicizie inaspettate, persone gentili e divertenti.
Parlerò anche di questa meraviglia (che dá il titolo al post), mentre a Lisona il sole splende, la sera vado in club ricreativi che ricordano i primi anni della mia vita e il B*nfica ruba peggio della Rubentus.
Comincia l’open dell’estoril tra qualche giorno.

Avril mi sta deludendo, ma veramente, mi fa proprio male.
La niusletta annuncia che lei (o chi per lei) ha deciso di potenziare la parte punk (?) di under my skin,e di portarsi dei ballerini sul palco, con i quali la nostra biondina del cuore danzerà durante le esibizioni del prossimo tour, come nemmeno la peggiore sciachira. Pessima scelta, perchè era solo in virtù dei pezzi lenti e melodici dell’ultimo album che quasi ero riuscito a conferire un minimo di credibilità alla mia strenua e donchisciottiana difesa della bontà del suo lavoro e della sua musica.
Facciamo così: non parliamoci per un po’, e ci sentiamo al prossimo cd, ingrata nana canadese dei miei zebedei, va bene?

Stupore

5/4/07

Testi più maturi, melodie più convincenti, ricorso agli archi.
Vuoi vedere che i Masturbazione stavolta hanno fatto un album serio?

Nera sugli aranci

4/4/07

Ho ascoltato, come ormai di costume in maniera del tutto frammentaria, i nuovi album di Arcade Fire, Lcs Soundsystem, Andrew Bird e Air.

Arcade Fire (Neon Bible) mi è piaciuto molto. L’ho trovato bassocentrico, maturo, abbastanza originale nel suo citazionismo. Una nota di merito.

Lcd Soundsystem (Sound of Silver) non sono e non saranno mai uno dei miei gruppi preferiti. Il cd è una buona continuazione del loro rock elettronico e ritmato; qualche canzone, tipo North American Scum (che infatti avrò già ascoltato in qualche pubblicità tipo eurosport, e d'improvviso mi viene in mente che è Money for Nothing), mi rimarrà impressa. Continuo a non approfondirli, tanto più che sono major.

Di Andrew Bird (Armchair Apocrypha) avevo letto una bella intervista sugli ottimi rotocaclchi settimanali portoghesi (che pubblicano cose come il regresso dei My Bloody Valentine, e ho foto-testimonianza). L’album è assolutamente ciò che mi aspettavo: un buon pop sempre meno ossessionato dal tecnicismo, come lui stesso (in concerto a Lisboa il 31 maggio) ha ammesso. La chitarra stavolta si sente e colora molto di più tutto l’album. Se terrà fede alle aspettative, nei prossimi (e ripetuti) ascolti che gli concederò, finisce in top 5 a dicembre.

Gli Air (Pocket Simphony) sono ancora delicati, dream, dolci e lievemente dark; ma mi è sembrato troppo un compitino, stavolta, e notevolmente più accessibile (e giuro, non sono spietato solo a causa della pubblicazione con E*I). Beneficio d’inventario, mi prometto di riascoltarli.

Ho visto Stay, sempre dietro consiglio del videotecaro, con Naomi Watts e Ewan McGregor ancora una volta fuori dai suoi panni. È stupefacente come questo ragazzo, da Trainspotting in poi, sia rimasto irrimediabilmente un personaggio in cerca d’autore. Non so se sono io ad averlo situato lì (Trainspotting, tra l'altro, è arrivato nel momento giusto della mia vita) e a non dargli credibilità, ma non riesce a convincermi mai, per quanto creda in lui, gli sia affezionato e gli conferisca sempre un’altra chance.
Comunque, sono indeciso se il film possa riassurmersi come Donnie Darko che va a suicidarsi a New York, Nicole Kidman (quella lurida) di The Others scaraventata a peso in una macchina del tempo o il ragazzino del Sesto senso tra vent’anni.


Note finali: il Milan ieri ha ladrato, e quando i crucchi hanno fatto gol al 725° minuto ho avuto un orgasmo; sempre a questo riguardo, ho riavuto la pessima idea di entrare in uno stadio portoghese: pessima perché non capisco come sia possibile che mi abbiano sgamato l’accendino nelle scarpe all’entrata, che quando l’arbitro ha annullato un gol valido allo Sporting nessuno abbia tirato nulla in campo, che restituiscano sempre il pallone nonostante non ci siano barriere, che i tifosi avversari –seduti su comode poltroncine imbottite in perfetto stato di conservazione e nessuna divelta- mi erano vicini e si discuteva amabilmente, che tra primo e secondo tempo abbiano premiato i ragazzini delle giovanili pluricampioni ripetendo ad libirum "loro sono lo Sporting, il nostro futuro", che all’intervallo gli altoparlanti passassero Fiona Apple, che sulla metro al ritorno sia entrato un negro con la sciarpa del b*nfica che stava tranquillamente in mezzo a 30 mila dei nostri, che il prato era in perfette condizioni nonostante il diluvio universale di mezz’ora prima e che all’uscita tutto sia filato liscio.
Due begli eventi per cui vergognarmi un po’ di più.
È proprio l’abitudine alla normalità che ho –che abbiamo- perso.

Le Cataratte

27/3/07

Ieri sera ho visto "Il Caimano".
In un istinto suicida, aggiungo, all'estero.

Prima di tutto, non mi sono spiegato il perchè la sinistra abbia criticato la sua uscita a ridosso delle elezioni.
In una prospettiva si stampo meramente documentaristico, il lungometraggio ha il suo perchè: sarebbe da mandare non nelle scuole, che i piccoli si spera quando voteranno lui sarà già morto, ma in ogni casa, come ha fatto con la sua autobiografia romanzata del cazzo.
Per non dire di quel libro sulle sue riforme che ho trovato appoggiato non vi dico dove.
Una pubblica denuncia di cui si sente il bisogno, un bel bozzetto sull'Italietta di oggi.
S'aggiunga che in questo periodo amo i crucchi, e dare del nazista a un crucco è veramente una vigliaccata suprema, da spalle al muro, da persona priva di argomenti. Che uomo di merda.
Ragionavo: sarebbe bello se ognuno di noi facesse una copia e lo mandasse in ogni famiglia della propria città - paese - quartiere.
A saperlo prima andavo al cinema col passamontagna.
Una ragione in più per non tornare, una ragione in più per tornare e lottare.

Dal punto di vista della sceneggiatura, invece, la parte comica si esaurisce nel riprendere e recitare le parole già dette dal nostro ex presidente del consiglio: la storia è approssimativa (nonostante mi si sia opposto che funziona come denuncia del sistema cinematografico italiano; denuncia fuori luogo, secondo me, visto che mi sembra che le produzioni nostrane stiano vivendo un momento di grazia, almeno rispetto agli '80, da Sorrentino in giù) e le prese in giro a tarantino ormai abusate (per non parlare della 7654839 volta che mette in un film la scena coi confronti dei guadagni dei film).
In ogni caso, la denuncia sdegnosa dello scadimento culturale tricolore, incentrato sulla rinascita e riscoperta di produttori di film tipo alvarovitaliedduiggfenech (ricordo, quando vidi alvarovitali dopo 20 anni a telekabul la sera alle 23, che mi corse un brivido lungo la schiena: avevo ragione a preoccuparmi, ma questa è un'altra stroia), il fatto che moretti faccia recitare tutti benissimo (tanto da farmi apprezzare persino quell'inutile pompatissimo facciadigomma stefanoacc*rsi nella stanza del figlio) -a cominciare da Orlando ormai favoloso, Mastrandrea, Sanguineti ma sopratutto la Trinca, e sticazzi se ha talento-, l'invenzione dei nomi ridicoli a fine "cataratte" veramente da oscar mi ha fatto apprezzare la pellicola.

Una volta tanto moretti, infine, azzecca una canzone italiana: il mitico Adamo di Lei, 1965.
Peccato che abbia scoperto, grazie a questo film, che Damien Rice abbia firmato, ahinoi, pure lui W*rner.

In continuo divenire


23/3/07

La cosa bella di questo posto è che, nonostante sia tutto fermo, le cose accadono lo stesso.
Tipo Quaresma, che sabato sera segna un gol che nemmeno Maradona.

O Michelle Brito, quattordicianni, nuova eroina portoghese del tennis
e di questo blog.

Quando la vedrò giocare ne vedremo delle belle.
Per ora, http://pemulis.blogspot.com/2007/03/generazione-zeta.html#links
.

Mi & L'au, ovvero la costruzione calcolata d'un grande inganno

22/03/2007

Aveva ragione qualcuno.
Non oltre i 7,50 euro.

I Mi & L’Au suonano in un localino al Bairro, lo "Zé dos Bois", generalmente abbastanza frequentato, con finestroni che dànno sulla strada tipo vetrine, offrendosi ad individui di varia estrazione che si fermano ad osservare cosa accade dentro.
Entro, e il bruttissimo Mi mi dá la mano, essendo il primo degli avventori, presentandomi la L’Au, specie di elfo dal viso angelico, occhi stralunati grandi come la fame (cit.) e corpo da nano ermafrodita.

Iniziano il loro set, due semplici chitarre acustiche preamplificate senza alcuna sezione ritmica, alle 23:30, e già si intravedono gli albori di quella che sarà una lunga litania, ad onor del vero multicorde, che propineranno con indefessa continuità fino alle 1:15 del mattino seguente.
Inizialmente adoro l’aria falsissima di innamorati pazzi che hanno, la voce tremante e debole, o d’improvviso forte e melodica della lei, eclettica, che, fissante il microfono, sussurra alla chitarra (non escludo che sia molto migliore di lui) serenate d’amori semplici e che basta poco per essere felici. A tratti la tipa mi sfora nello shoegaze, la vedrei bene su pezzi ben diversi, sopratutto quando si arrampica su tristezze ingiustificate o su nebbie che non si diradano per lunghe stagioni.
Lui, inutilmente virtuoso alla morte quando passa l’accendino sulle corde, si guarda le scarpe o ammira la leggiadria della sua donna; stonato come si deve, poco Banhart, come racconta chi lo conosce. Battute stupide, disabitudine alla vita sociale, per sua stessa ammissione.
Il contesto, decisamente minimale, si ravviva solo a tratti, quando i due disegnano arpeggi in coppia né folk né post; viceversa, opprimono i genitali, quando lamentele dell’uno o dell’altra riempiono gli interminabili spazi tra un Mi e un La (U, appunto), facendo il verso alla peggiore (ed è tutto dire) Bjork.
Dal punto di vista tecnico, in sostanza, il concerto è andato bene: sono bravi musicisti, hanno una discreta voce, sul breve periodo intrattengono, con sperimentazione esagerata, o echi di cantautorato francese addirittura o arpeggi magnificamente coordinati o melodie suadenti.
Ma.

La storia di Mi & L’Au la sapete, no?
Sembra che i due, conosciutisi a Parigi, si siano reciprocamente innamorati alla follía e siano scappati, rifugiandosi in una baita finlandese, suonando a scopando da mane a sera, senza uscirne per anni, per venirne fuori con un cd, un tour e i buoni uffici di Devendra Banhart.
A parte le cantilene che sul lungo periodo addormenterebbero un toro infuriato chiuso in un cubo rosso fuoco (e quindi voglio vedere se riescono a resistere ore intere a suonare un sol ogni dieci minuti intervallandolo da fischietti e peti e dolori di pancia che nemmeno la Shaw nella tragedia di oreste ed elettra), mi pare che i tizi recitino una bella parte.
Riempiono l’aria di tristezze altalenanti, di racconti di due cuori e una capanna, introspezioni profondissime, malinconie infinite di notti fredde riscaldate solo dal calore dell’amore (cit.), ed è un idillio così falso che te ne rendi conto, in modo molto brusco, quando da quelle vetrine di cui sopra passano ubriachi che ruttano o inneggiano al b*nfica(#) rompendo i silenzi di lei, o qualcuno tira lo sciacquone del cesso in quei dieci minuti di pausa tra sol e re, o la coppia a me vicina si sta divertendo da pazzi a prenderli per il culo o i soliti mendicanti suonano reggae nel minimale contesto disegnato, riagganciandoti brutalmente alla realtà del mondo esteriore.
La solitudine gli ha dato alla testa, se non mentono quando si guardano e sorridono con giochi di complicità che manco i miei nonni dopo 60 anni di matrimonio (e sono io che non ci arrivo), o il giochino di fare gli eremiti gli sta riuscendo (e rendendo) molto, se è vero, come ammesso dallo stesso Mi, che tra pochi mesi ci regaleranno un nuovo album.
E perché?
Non sono nulla più che una sufficiente band che non sposterà la storia della musica di un millimetro; un francese dalle battute che non fanno ridere e un elfo che doveva cantare shoegaze.

Setteeuroecinquanta. E nel giochino ci cascai anch’io (insieme ad un’altra settantina di persone, ad onor del vero).
Basta poco, per fregare un alternativo al giorno d’oggi.

(#) (stratagemma per evitare che arrivi qui gente digitando su google quella orribile bestemmia).

Hard Candy ovvero le riflessioni personali sulle malattie psicologiche


22/03/07

Nel tentativo, rivelatosi efficace, di liberarsi di serali compagnie lunatiche, ieri si è noleggiato un film; la confusione che derivava dal disordine (nostro mentale e) molto portoghese di una videoteca in pieno stile anni ’80 (e te pareva) ci ha indotti a chiedere lumi al titolare, un tizio inizialmente –stranamente- antipatico (causa nostro sotaque).
Un ragazzoalternativodeimieicoglioni si reca al bancone, restituendo la copia di tale Hard Candy.
Il titolare, tanto gentile (con lui), lo guarda stralunato "da togliere il respiro".
Occazzo, lo vogliamo pure noi.
"Non so, non so se vi piace, è terrore".
Cristo, mi dico, sto rivivendo The Ring: ma in 7 giorni ho il tempo di tornare a Viseu, e comunque la prossima volta che mi ubriaco muoio… E allora si noleggia.
"É só em inglês com legendas portuguesas";
e io in che lingua ti sto parlando?
Alla fine ci dà sto film.

Una produzione indipendente, di tale David Slave, un po’ fuori tempo massimo (il film è uscito l’anno scorso), ma un delirio pazzesco e una lucida follìa da inchiodare alla poltrona fino alla fine.
Praticamente a budget vicino allo zero, girato quasi interamente in una casa dai colori mutevoli e ambiente ovattato; a questo proposito, la scenografia è eccellente, calzando a pennello il rosso fuoco nei momenti di ansia più profonda, il rosa "sporco" dello squallore interiore del protagonista, il verde scuro della tortura psicologica e non.
I dialoghi sono serrati e perfetti, ricostruendo una storia allucinante che si compone scena dopo scena lasciando increduli – una tendenza ormai diffusa, ma che gradisco e che sono felice si stia sviluppando nella filmografia attuale; inquadrature intense e recitazione dei due protagonisti eccelsa.
Perché eccelsi sono, Ellen Page (paurosamente somigliante a Martina) e Patrick Wilson: la ragazza si fa notare più del coprotagonista, e anche se il culmine si raggiunge a 1:00.00 precisa precisa, in precedenza la finta recita di innocenza, mentre sta recitando il copione, è qualcosa che o lo si vede, o non ci si crede. Un raro cammeo.
Colonna sonora ancor più minimale dell’intero film, chiusura con Elephant Woman dei Blonde Redhead, secondo pezzo di tutto il film.
Strapremiato a ragione.

Il videotecato antipatico la sapeva lunga.

Nota a margine: chi avesse voglia, o a chi capitasse la ventura di guardare la pellicola, si ricordi che il protagonista si è probabilmente macchiato d'omicidio.

Adamastor

20/3/07

A pochi metri da casa mia, alla fine di una lunga salita, dopo l'elevador da bica e mr. Camões, un poeta idolo dei portoghesi ovviamente privo di un occhio, esiste uno dei posti più meravigliosi che si possano immaginare al mondo: il miradouro di Adamastor.
Il miradouro di adamastor è un belvedere che affaccia sul Tejo, sul ponte del 25 aprile e su un signore molto alto che sta protestando con l'arbitro, sostenendo che il fuorigioco era tanto evidente da essere largo così.

Il miradouro era un posto bellissimo prima che arrivassero gli erasmus italiani, che, dopo aver fondato l'estrella amadora, hanno ben pensato di far convergere qui tutti gli strafatti, drogati, senzaddio, comunisti, fascisti, chitarristi, capoverdiani di lisbona e dintorni.
Al miradouro si incontra, difatti, la più varia umanità che vi passa per la testa.
La foto che vedrete in basso non rispecchia la realtà: questa gente, ahinoi, imbratta il posto con i propri rifiuti fisiologici e non. Imbratta il caro adamastor con disegni di cazzi enormi o nomi incomprensibili e bandiere di nazioni inventate.
Ad adamastor la colonna sonora di ogni giorno è la bongata, che inizia martellandoti alle 8:30 e non finisce mai.

L'abbigliamento indicato per recarsi all'adamastor è pantalone strappato, maglia sgualcita con scritta incomprensibile, borchie, chiave inglese conficcata nel naso, birra media, bicchiere di carta, bongo/chitarra/oggetto capace di emettere suono, stampella, cane e dreadlock.

Uno dei maggiori elementi di spicco è fumumpa. Fumumpa, alla Obelix, si è fatto un cannone enorme quando aveva 13 mesi. Ed è rimasto sotto.
Fumumpa conosce tutti ma non ricorda nessuno. Saluta dandoti il pungo e battendosi lo stesso pugno, tre volte, sul petto. Ha sempre degli occhiali da sole e una collana in oro falsa come il tre denari.
Fumumpa di professione fa il pusher. Sta di fatto che, dopo l'ultima retata, è rimasto solo lui. Fumumpa è dunque una spia americana.

Poi c'è un nero sempre ubriaco, che qualcuno chiama Checco, detto l'uomo supercazzola.
L'uomo supercazzola, alla 5a birra, inizia a tentare di parlare in italiano e di litigare con qualsiasi essere vivente si trovi nel raggio di 15 chilometri, urlando cose come Vaffanculo te, ne, te sei un pirla e scappellamento a destra. Dice di essere lo sponsor del miradouro.
Ci prova, invariabilmente, con ogni essere femminile. Non risulta che abbia mai concluso.

Altro importante personaggio è Pablo, motociclista, musicista, ex-eroinomane, valderrama che porta le stampelle.
Pablo racconta di essere stato ovunque. Se dite che vorreste andare a fare un viaggio su Uranio, lui vi dirà che nel 1999 suo cugino aveva affittato un monolocale in riva al mare, ma non si è trovato bene perchè i marziani al piano di sopra quando scopavano facevano un casino. Il concerto dei pink floyd a lisbona del 1974 è stato una merda, perchè suo fratello era inciampato nella presa delle luci. Agostini si è ritirato perchè lui aveva sbagliato strada ed era entrato all'estoril tagliandogli la strada e facendolo incazzare come una iena.
Un vulcano di emozioni, un esopo dei tempi moderni.
Peccato che l'unico obiettivo della sua vita sia fregarti la birra.

Poi c'è il pancabbestia con la maglietta dei Dead Kennedys. Questo è un idolo.
Ha la prescritta chiave inglese infilata nel naso, tre cani bruttissimi e i pantaloni della tuta a livello del ginocchio. Non porta le mutande, e mostra il suo enorme culone
Si muove con uno sciame di mosche che lo scortano in ogni dove: nonostante questo, spende tra i 200 e i 250 euro quotidiani in birra, fumo e cocaina.
Non è raro, alla fine della serata, vederlo bramare di fronte ad una vetrina di un ristorante (la casa das indias, che meriterebbe un altro post) che cucina alla luce del sole interi porci alla brace.
Di solito il tizio si accompagna con degna di lui pancabbestia sempre strafatta, occhioni neri e ovviamente bruttissima; si sa che spesso le pancabbestia sono fotomodelle buttate per strada: questa, essendo portoghese, è un cesso.
Ti impone di offrirle una sigaretta. Tu dici di no, e lei ti augura la morte dei genitori.
Poi c'è Casimiro. Casimiro è sempre strafatto di cocaina, ed è un film americano anni '70. Nero come la notte, occhiali neri, camicia bianca aperta anche in gennaio, sono tutte le sue principesse, e ha una principessa in ogni porto.
Peccato abbia anche tre figli; il minore, circa 5 anni, si atteggia già a boss.
I figli dei boss del mio paese non erano così, a 23 anni prima di prendere il potere. Ti guarda con aria di sfida e tira calcioni nella schiena passandoti alle spalle, o bordate alla mark landers in faccia giocando a pallone.
Piscia dalla balaustra, picchia le sorelline.

Abbiamo molti altri tipi, ad adamastor. Il principe di Belèm, ad esempio, cui dedicherò un post: 29 anni, un figlio, supermacho, nero, bellissimo e impotente; gli italiani di padova figli dell'imprenditoria nordica che fanno i pancabbestia e si parano la coscienza ed è un vero sballo; il ristoratore che quando ho chiesto una 7up non poteva crederci.
Solo che ora è tardi, devo andare ad adamastor.
E mi sono anche un po' rotto i coglioni di scrivere.

Aggiornamento

12/3/07

Solo per dire che questo fine settimana sono andato al mare, con mio sommo sbigottimento essendo solo il 10 di marzo, che ho visto Eusebio e che ho sognato di scoparmi Avril Lavigne per lunghe ore.

Mille domande, mille risposte amare.

8/3/07

Non sono ancora le due quando un milione di domande ancora mi separano dal momento in cui finalmente troverò poche ore di pace transitoria prima che un altro inutile giorno di Lisbona si riproponga ai miei occhi. Alla mia mente stanca.
Questa settimana, che non è ancora nemmeno entrata nel meriggio, mi ha fin troppo posto di fronte a constatazioni amare e riflessioni cupe come non mi accadeva, veramente, da quando avevo 16 anni.
Una domenica significativa, ad ascoltare un tizio con un contrabasso incapace di tenere la ritmica insieme ad uno svizzero allo xylofono.
Paradigmi del dilettantismo.
Sullo svizzero preferirei chiosare con un transeat eloquente: l’agguerrita turma di ventenni infoiate al seguito causa suo indiscutibile fascino non mi lascia più basito di come rimasi quando un essere si dimostrò finalmente ed irrimediabilmente permeato da inutile superficialità (o superficiale inutilità, che è ben diverso, e non antitetico, anzi, nel soggetto in questione l’andatura a braccetto dei termini è indiscutibile, ma non divaghiamo), confidandomi di essersi scopat* il proprio maestro di Latinoamericano.
E va beh, l’homo erectus per passare a sapiens qualche copulazione spuria l’avrà pure vissuta.
L’altro, il contrabassista, dopo 8 anni di conservatorio e l’affermazione tutt’altro che leggera "io faccio jazz", è il prototipo dell’alternativo per sentito dire, quello che a 18 anni cause manie di protagonismo, aria trasandata, amicizie sbandate, barba incolta, chitarra in spiaggia con musica giusta, sfida all’istituzione costituita mediante consumo erba alla luce del sole, professione dichiarata di comunismo in una qualsiasi provincia italica è il guru indiscusso di orde di bambinetti in lotta aperta col mondo.
Il Tizio che ascoltava Caio quando Sempronio doveva ancora farsi le seghe.
Il problema è che il Sempronio in questione sono sempre stato IO, e vi assicuro che molto prima di iniziare a farmi le seghe ascoltavo quello che ascoltava Caio quando iniziò a suonare. E si dà il caso che Sempronio, ancor prima di ascoltare gli avi di Caio, suonava il suo strumentino.
Ma Sempronio non sbandiera i suoi gusti musicali, si fa la barba ogni mattina (e ieri pure di sera), ha i capelli corti, non si loda per come suona (anzi), si veste bene e non fa professione militante di fede politica. Non suona cacofonie spacciandole per jazz, post-cazz o vaffancul.
Di fronte al contrabassista si stagliava un’oceanica folla di pseudo-alternativi al seguito, novello Artù contorniato da cavalieri sieropositivi (cit., anch’essi per sentito dire, ovviamente) in religioso silenzio; la capacità di critica difetta a Sanremo, figurarsi tra quattro universitari usciti da casa per fare l’orgasmus a Lisbona, che passeggiano al Bairro con Vasco nelle orecchie. Ma, dico io, fa così impressione un pizzo e i capelli lunghi?
Che poi, scommettiamo che il Tizio di cui sopra si fa le pere di Vasco, a casa? (In realtà il Tizio si pera di punk nostrano e pecoreccio, il che è anche peggio, se si vuole e anche se non volete).
Sintesi -> non sono scappato dal mio paese per questo motivo, figurarsi. Non ascolto musica per compiacere gli altri o per ritagliarmi un ruolo nella società, ma per piacere personale.
La mia inconsolazione risiede nel fatto che ho dovuto spostarmi di oltre 10000 chilometri, lasciando due lavori e nessuna paura di girare da solo alle 4 di mattina in uno dei comuni più pericolosi d’Italia (d’Europa?), per trovare le stesse cose, le stesse facce, le stesse persone.
La stessa stupidità.

Un enorme transeat lo merita anche quell’elegante e raffinata occhi di vetro di ragazza conosciuta mezzo amici comuni che si accontenta di un uomo triste, grigio, brutto, sciatto solo in nome del suo esoticismo.
La cosa non mi lascia più basito di come rimasi quando un essere si dimostrò finalmente ed irrimediabilmente permeato da inutile superficialità (o superficiale inutilità, che è ben diverso, e non antitetico, anzi, nel soggetto in questione l’andatura a braccetto dei termini è indiscutibile, ma non divaghiamo), confidandomi di essersi scopat* il proprio maestro di Latinoamericano.
E va beh, l’homo erectus per passare a sapiens qualche copulazione spuria l’avrà pure vissuta.
Sintesi -> La gente vive solo per scopare random, anche dopo la conquista faticosa della capacità di raziocinio.
Non disdegno, ovviamente, la cosa, ma quando questo istinto diventa incontrollato e compulsivo, per quanto mi riguarda, è mero svuotamento.
Un film impegnato, un’ubriacata alla follia con due amici, la voce della Pollock, un tramonto al mare mi danno altrettante emozioni. Diverse.
Forse, spesso, più forti.
La mia inconsolazione risiede nel fatto che ho dovuto spostarmi di oltre 10000 chilometri, lasciando due lavori e nessuna paura di girare da solo alle 4 di mattina in uno dei comuni più pericolosi d’Italia (d’Europa?), per trovare le stesse cose, le stesse facce, le stesse persone.
La stessa stupidità.

Sui francesi ho discusso nel post precedente.
La cosa non mi lascia più basito di come rimasi quando un essere si dimostrò finalmente ed irrimediabilmente permeato da inutile superficialità (o superficiale inutilità, che è ben diverso, e non antitetico, anzi, nel soggetto in questione l’andatura a braccetto dei termini è indiscutibile, ma non divaghiamo), confidandomi di essersi scopat* il proprio maestro di Latinoamericano.
E va beh, l’homo erectus per passare a sapiens qualche copulazione spuria l’avrà pure vissuta.
Questi peró, grazie a dio, al mio paese non li avrei trovati.

Il culmine si tocca con la serata finale.
Il discorso adesso si tinge di oscurità e diventa criptico, di lisergica tradizione tanneriana.
Un eremita avrebbe saputo meglio aprire porte. La nostra assoluta corrispondenza all’arredamento agli occhi di nostalgici di aperitivi esclusivi, o miei (im-)pari nella maggior parte dei casi addicted di passeggere relazioni amicali scopo interesse, mi ha non dico scosso e nemmeno umiliato, ma, molto semplicemente, scoraggiato.
Io, e la compagna, cui reciprocamente ci facciamo da supporto, perla rara insieme al nostro amatissimo GA, unici stimoli di questa (da qualcuno definita uma) experiência esta também, magi fuori stagione privandoci delle nostre stessi vesti, sballottati da venti di ponente, trasformati in emblemi di un disadattamento che se da adolescenti era uno scudo da esibire con orgoglio quasi, una coperta di linus, forse causa incoscienza, oggi è solo ingiustizia e spreco d’intelligenza. Delle nostre intelligenza, brillantezza e cultura.
Che si sprecheranno ancora, in questo ambiente malsano, in questo mondo in bancarotta, di fronte a questa apparenza ostentata patina solo di risibile vuoto.
Confidavo alla compagna che nemmno la soddisfazione di morire di fronte ad un’orgia di pallone, m’è rimasta.
La TV CABO costa infatti 3 euro in più.
La cosa mi lascia ben più basito di come rimasi quando un essere si dimostrò finalmente ed irrimediabilmente permeato da inutile superficialità (o superficiale inutilità, che è ben diverso, e non antitetico, anzi, nel soggetto in questione l’andatura a braccetto dei termini è indiscutibile, ma non divaghiamo), confidandomi di essersi scopat* il proprio maestro di Latinoamericano.

La mia inconsolazione, stavolta ancora maggiore, risiede nel fatto che ho dovuto spostarmi di oltre 10000 chilometri, lasciando due lavori e nessuna paura di girare da solo alle 4 di mattina in uno dei comuni più pericolosi d’Italia (d’Europa?), per trovare cose peggiori, facce peggiori, persone peggiori.
Stupidità peggiore.

Non so fino a quando preferirò perdere un concerto di Tiersen ad appannaggio di una repressione continua di conati in serie.
Non so finché potrò barattare due aquile che si scannano da ottant’anni di fronte ad un’umanità immobile con la possibilità di vedere Tiersen e il cielo meraviglioso di questo posto.

Perchè impedire a un vecchio blogger di postare per tanto tempo puó rivelarsi pericolosissimo

7/3/07

Dopo qualche mese di permanenza su pianeti sconosciuti, finalmente stamattina mi sono svegliato più interista che mai.
Ieri non ho visto la partita, ho solo notato scene di panico a fine match trasmesse su bbc, cnn e cazzi e mazzi.
In compenso tifavo fortemente Porto, strapazzato immeritatamente da un chelsea fuori forma.
E da adesso, forza maggica.

Forza maggica che mi ha dato una soddisfazione in più: due sere fa sono uscito con dei francesi, a causa dell'impossibilità di qualcuno di vivere lontano dal pene. A parte l'antipatia enorme, la bruttezza patetica delle ragazze, l'ironia terrificante (tipo ridere a crepapelle di uno zoppo o di un guercio), alla trecentesima presa in giro su come parliamo noi poveri italiani gli ho consigliato di ripetere più spesso una parola che dovrebbero conoscere bene: MATERAZZI.
E calò il silenzio.
Mi spiace vantarmi di una vittoria di fighetti ignoranti, ma grazie a loro siamo un pochino più rispettati nel mondo. E in ogni caso la loro grandeur si riduce solo ad uno sciovinismo e una pochezza naif urticante. Cento volte meglio i tedeschi, e che nessuno si azzardi a parlarmi di genocidii vari: dopo aver visto la vita degli altri, tengo a ricordarvi che i nostri hanno avuto pure il loro bel periodo di socialismo. L'unico errore è stato che dovevano sterminare i francesi, anzichè gli ebrei.

A proposito, "Zidane" etc. dei Mogwai mi è sembrato un capolavoro eccezionale.
Finisce tra i primi tre 2007.

E a proposito di mogwai, la niusletta della chemikal underground dice che:
"Yes indeed, to coincide with the release of our landmark (and dare we say, pioneering) album 'Ballads Of The Book', we've got together with our friends at Small Oranges to construct another rather fabulous mini-site for you to explore. For those of you who are unaware of the project (and let's face it, it's our job to keep you abreast of such things), 'Ballads Of The Book' is an ambitious and groundbreaking album of collaborations between some of Scotland's most prominent writers and musicians. The brainchild of Idlewild's Roddy Woomble, 'Ballads Of The Book' is an 18-track album featuring exciting partnerships between the likes of Aidan Moffat & Ian Rankin; Emma Pollock & Louise Welsh; Sons And Daughters and A.L. Kennedy; Aereogramme & Hal Duncan; Idlewild & Edwin Morgan; Alasdair Roberts & Robin Robertson; King Creosote & Laura Hird and a host of other talent to drool over...

With an original album cover design by Alasdair Gray, supplemented by a lavish 32 page booklet (designed by Arab Strap's Aidan Moffat) 'Ballads Of The Book' is much more than a compilation album: its a snapshot of Scottish literary and musical culture. From Whitbread Novelists Of the Year (Ali Smith) to TS Eliot Award Shortlists (Robin Robertson) via the UK's #1 best selling crime writer (Ian Rankin); from folk legends Mike Heron (Incredible String Band) and Vashti Bunyan through to new Scottish talent like Foxface and Strike Colours; featuring first outings for established artists in new incarnations (ex-Delgado Alun Woodward as 'Lord Cut-Glass; Aidan Moffat And The Best Ofs) and original material from the likes of James Yorkston, Trashcan Sinatras, Karine Polwart and Malcolm Middleton, the album is full of surprising match-ups with assuredly elegant results."

L'album di zia Avril è inascoltabile.

I baustelle il nuovo lo tirano fuori presto
.
Per ora mi limito a citare zio Piero: "scusate la confidenza, ma ho un problema di coscienza: piacere a tanta gente è una gabbia seducente".
All'Audi è finita la benzina? È così necessario pubblicare un album così presto, cosí a ridosso della malavita?

Lisbona si sta colorando di primavera, qualche nube si dirada.
Bentornata, angelo nero.

Raccolta arretrati

Nella prospettiva di chiudere l'alternative version, pubblico di seguito gli arretrati.

3/1/07

Ieri ho visto "La vita degli altri", premiato con l'oscar per il miglior film straniero e quant'altro.
Piú che meritato direi: interpretazione intensa, storia profonda e molto significativa; l'insopportabile peso della solitudine, il vicolo cieco del tradimento, l'importanza della libertà.
Nonostante sia ambientato nella DDR, e non tracci della germania comunista un ritratto proprio da paradiso del socialismo, mi ha segnato e scosso parecchio. La colonna sonora è pessima, da copione in un film crucco, ma anche molto cruccamente esprime un notevole senso di colpa endemico nei tedeschi.
Interpretato eccezionalmente.

Elsa Lila ci aveva provato.

mercoledì, aprile 18, 2007

IL RITORNO

FINALMENTE questi tizi si sono decisi a passarmi il blog alla nuova versione!
Qui, www.bloggers.it/junkpuppet potete trovare gli arretrati.

In ogni caso, tornerò presto con tante belle novità, una vita nuova, abbronzato dai 40 gradi di Lisbona e sempre più felice si questa nazione.

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