As câmaras da memória

Diario di un(o che continua a confermarsi un) antieroe
Vortici di pensieri disordinati: un italiano che ha anche vissuto a Lisbona, ma non per fare l'er*smus
"La vita per te é solo un pretesto per scrivere a ruota libera" (simon tanner aka humpty dumpty)
"Io lavoro, eri tu quello che faceva cazzate!" (Franca)

venerdì, settembre 29, 2006

Blue


Ho visto -causa clausura forzata- la terza serie completa di nip/tuck, serie cui sono legato e che mi appassiona parecchio.
A parte qualche colpo di scena veramente inaspettato (ed è poco, visto che ne fanno abuso, di colpi di scena: uno ogni 15 devono azzeccarlo per statistica), la stagione scorsa è stata veramente deludente: una che da santa è diventata troia, uno che da robot è diventato l'uomo più sensibile del mondo, uno che è sempre più fallito e una conclusione del macellaio da far ridere i bambini delle elementari tanta la banalità.
In ogni caso ho sognato di andare dritto contro un'altra auto in compagnia di Christian Troy la notte scorsa.

Per il ciclo indieroba, segnalo che i Tiger Baby tornano presto, in download dal sito due nuove canzoni che mi lasciano abbastanza tiepido.
Inoltre ho in loop da due giorni questa cosa spaventosamente divertente.
Sottofondo di Magpie, e a questo punto a novembre l'agognata capatina potrebbe farsi.

Una volta scrivevo di quello che mi passava per la testa senza troppe paranoie: visto
che la cosa è diventata pressoché impossibile, mi adatto e parlerò per metafore.
Come arriva l'autunno la depressione si prende la mia anima senza permettere a nulla di arrestarla.
Un male di vivere - lo ammetto - differente di quando avevo molti meno anni, la tensione autodistruttiva non giunge ad epiloghi raggelanti, ma non si trasforma comunque in nulla di positivo.
I laughed to the mirror for the first time in a year.
Distese impressionantemente desolate si palesano davanti ai miei occhi, e la prospettiva non è un raggio di sole che dovrà arrivare, ma un vuoto ovattato senza pulsione emotiva.
E io ho sempre creduto che questo non dovesse tangermi, vista la capacità che ho di emozionarmi dalla vista di un pezzo di carta abbandonato da chissà chi venti anni fa dietro lo scaffale della cucina fino al tentativo di umanizzare i peggiori assassini che l'umanità abbia mai concepito, e invece la possibilità potrebbe farsi concreta, di fronte a specchi muti.
Gli specchi muti, quanto sarà che non ne parlavo?
Dai tempi dei mari in tempesta ispiratimi da quella specie di tumulto interiore che era diventata una passante.
Passanti.
Passanti di una vita, di strade stracolme che vanno via via scemando. Sempre meno, si fa sempre più l'ora di cena. E tutto si svuota.
E di marciapiedi con panchine colorate rimane solo il grigio d'un cemento che non cambierà mai.
Pomeriggio ho suonato la discografia degli Estra.
Ad un certo punto, favorito pure forse dallo spleen (citando lo stesso buon Giulio Casale), ché mai trova una via d'uscita (la finestra di Giulia, o il chi è stato di Drugo, me le chiamate vie d'uscita in do e la?), mi sono reso conto che anche suonando stavo perdendo la capacità di controllare ciò che stavo esprimendo, la capacità di colorare la mia anima.
I colori sono stati la mia finzione.
Oggi, ho perso la tavolozza.

Per l'ennesima volta.
Sono patetico?

lunedì, settembre 25, 2006

Riproposizioni: Harri Decheiver e l'irresistibile richiamo della libertà


Onde scongiurare il famigerato blocco del blogger, ripesco un racconto che incluederei ne "la materia dei sogni", che postai in un luogo... che non specificherò, ma mi accorgo che stavo davvero male.
E che, grazie a Dio, sono meno scorbutico, prolisso e pesante.
Sono cresciuto. In soli due anni.
Paura, eh?

Nota doverosa: questo è un mio racconto, molto parafrasato e con grande licenza poetica, basato su una storia vera, che risale al 18 dicembre dell'anno 2004.

Premessa.

La mia passione per il calcio tedesco si formò (correzione: e si concluse) nel corso della seconda metà degli anni '90. Erano i tempi che la pay tv era Tele+, ci voleva il decoder (che aveva solo tre canali) per vederla, e lo avevamo in casa solo due persone in tutta la compagnia. I pomeriggi di sabato erano dedicati alla visione delle partite di Bundesliga, che, noi poveri provincialotti tifosi di serie B, amavamo quasi quanto il nostro massimo campionato.
Erano i tempi in cui Massimo Tecca e un imberbe Fabio Caressa entravano nelle nostre case a raccontare con passione e tanta ironia un pallone distante dal nostro, cui noi dedicavamo una cura maniacale.
Un Caressa pazzesco, ricordo: adesso è limitato dal suo ruolo di telecronista istituzionalizzato dalla responsabilità di commentare il posticipo di campionato (correzione, è arrivato ai mondiali, il buon Fabio), ma che allora si lanciava in descrizioni che facevano impallidire: "uscite misteriose", i primi"thé caldi" e, indimenticabile, un supergol di Paulo Sergio che lo fece urlare come un ossesso per tre minuti e mezzo.
Prendevamo appunti delle sue telecronache, ho quaderni zeppi delle colorite espressioni che si lasciava scappare durante i matchs di Bundesliga.
Altro che filosofia e latino.
Uno squilibrato, insomma, un uomo rimasto bambino con le sue espressioni adolescenziali. Era uno di noi, passione allo stato puro sopra ogni altra cosa, prima di ogni altra esigenza.
Ma questa è un'altra storia.

Harri "Knipser" Decheiver

Harri Decheiver approdò al Friburgo nell'Ottobre del 95, per sostituire Cardoso. Cardoso era un regista argentino dalla tecnica sopraffina,un piccolo genietto del calcio. Punizioni fenomenali, bordate da fuori area, assist al millimetro. Perfetto, dentro e fuori dal campo, con la garra tipica del suo popolo. L'idolo dei miei amici.
Giusto per andare controcorrente, quasi immediatamente mi schierai subito dalla parte del suo sostituto, tale Harri Decheiver.

Quell'anno Decheiver scardinò le porte.

Harri Decheiver nasce a Deventer,Olanda, nel 1970.

A 16 anni fa il titolare nei Go Ahed Eagles(sempre di Deventer), in serie A.
Nell'87, fulminati dalla sua abilità, lo tesserano l'Ajax. Lo mandano all'Ajax2 ma comincia a godere eccessivamente della bella vita di Amsterdam: non si allena e lo buttano fuori, dopo sole tre settimane.
Torna a Deventer e gioca tre anni in serie B, anonimamente.
Nel 90 va all'Herenveen, poi passa all'RKC.

Le squadre olandesi, per chi non lo sapesse, a parte l'Ajax che è una delle superpotenze del calcio mondiale (al pari di Real Madrid, Juve, Milan, Inter, Bayern, Manchester Utd...) sono tutte equiparabili a una discreta C1 italica. Passa, per intenderci, dal Milan alla Pro Vasto.
Perde la prima occasione.

Nel 91-92 Harri Decheiver si piazza secondo in classifica cannonieri in Olanda dietro a Bergkamp, allora osannato come uno dei migliori talenti d'Europa, a pari merito con un altro grande emblema dell'adolescenza, Wim Kieft (che qualcuno ricorderà per un suo gol che eliminò l'Eire agli europei '88), siglando 19 reti.

Fine stagione. Ultima partita. Si parla di un ritorno all'Ajax.
Si rompe i legamenti.

Salta tutto il 92-93, poi lo chiamano in Svizzera, al Servette. Potrebbe essere un interessante trampolino di lancio.
E'tutto pronto: in Svizzera lo vogliono, piace, sarà pagato e titolare, l'occasione per ripartire da zero.
Parte sballato, fumatissimo, e non passa le visite mediche.

Non demorde e riparte: 16 gol nel 94-95, prima all'RKC, poi al Go Ahed Eagles.
L'Olanda gli sta stretta, è deciso.
Fine stagione, si offre a mezza Europa, compreso il Cagliari allora allenato da Trapattoni.

Il presidente del Friburgo se ne innamora, lo prende.
Arriviamo dunque al 1995. Primo anno in Bundesliga, un Friburgo in cattive acque rischia la retrocessione.
A ottobre arriva Decheiver,casacca numero 27: 11 gol in 22 partite,salva il Friburgo.
Sembra che vada tutto bene: si allena, con la società e i compagni di squadra si trova bene, con i tifosi e la città è un idillio: firma fino al 99.
Inizia una nuova stagione.

Friburgo non è Berlino, ma ci si può divertire anche qui: Decheiver ricomincia a uscire la sera, a non allenarsi. I suoi compagni di squadra sostengono che sia autore di piccoli furti, litiga agli allenamenti, i tifosi lo abbandonano. Decheiver non sta più bene, non segna, non inventa. Si fa espellere troppe volte inguaiando la squadra, il mister lo sostituisce spesso e lui lo manda a quel paese in 17 matchs su 19. Fa le ore piccole, salta gli allenamenti, beve birra, fuma e scopa alla grande.

Lo cacciano dalla squadra.
Torna ad allenarsi in Olanda, ancora a Deventer, dove fa la vita che vuole.
Decheiver è un destro naturale, seconda punta molto veloce che taglia l'area.
Va all'Utrecht, e segna 6 gol in poche partite.
Sembra essere tornato lui.

Siamo al 1998, e passa al Borussia Dortmund, l'allora grande Borussia Dortmund (sarà campione d'Europa nella famosa finale contro la Juve) per 6 milioni di marchi.
Memore dell'esperienza all'Ajax di nove anni prima, Decheiver è deciso e determinato a non perdere anche questa occasione: non beve più, si allena, lotta, gioca. Lo iscrivono pure alle liste Champions. Fa 8 partite,segna 3 gol.
Lanciatissimo.

"Harri Decheiver ended his professional footballcareer because of an heavy injury in spring 1999. His last club was Borussia Dortmund in Germany. Decheiver played in the European Supercup against Barcelona and in the Worldclub cup in Tokyo with Dortmund as well." (http://www.dutchplayers.nl).

Si rompe. E' finita.

Io immagino adesso Harri Decheiver sotto i ponti a insegnare calcio ai bambini. O ucciso in un pub olandese perchè ha rubato la moglie a un capomafia. O alle prese coi debitori che incalzano, alcolizzato com'è, stanchi di fargli credito.

Decheiver è un simbolo del nostro calcio da ragazzi giocato per strada, lontano da schemi e catene, quando a fine partita si prendeva una birra (due, tre, quattro birre), si usciva con la ragazza, si faceva la cazzatona con gli amici.
E'sempre tornato a casa, Harri Decheiver, per volontà sua, per sfortuna, per destino.
(Aggiunta di oggi: guarda un po' com'è la vita... Quant'è mia, questa frase, adesso, ché quando scrissi questo racconto del Portogallo non vedevo neanche l'ombra più lontana?)

Ma Decheiver è anche un simbolo della libertà.
Scappò dall'Ajax, dalla Svizzera, dal Friburgo.
Da ogni catena.

sabato, settembre 23, 2006

Qualcuno mi dia...

...un argomento o una ragione per indignarmi paurosamente e sparare un post di accuse random al mondo.

Edit, del 24/09/2006 alle ore 23:31. Effettivamente pochi minuti dopo la ragione l'avevo trovata nella trasmissione del Latinoamericanzo su RaiUno sabato sera ore 21.
Ma, ne converrete, sarebbe stato come sparare sulla croce rossa (ex).
Non ne siete sicuri?
Provate a guardare negli occhi quei recipienti vuoti quando ballano.

martedì, settembre 19, 2006

Graditissima segnalazione


Da un amico hattrickiano, Mrcamel.
Love tored us apart more times that you can imagine.

Perchè non sarà mai abbastanza ricordarti, omaggiarti, celebrarti, santificarti.

domenica, settembre 17, 2006

Un'impresa inaspettata


Solo poche settimane fa criticavo le nostre adorate e poco dorate femminucce del Tennis, sempre pronte a cadere uad n millimetro prima della meta, sempre pronte a deludere in campo dopo aver illuso per tanto.
Questa volta, invece, è stato trionfo, tra inspiegabile silenzio dei media (gazzettasport riporta in sottolinks la vittoria azzurra, la Rai oscura i canali per tutti lasciando spazio alla Ventura e a programmi per subumani come Parietti, isola dei famosi e puttanate del genere. Si aggiunga che allo sciopero dei giornalisti non viene meno nessuno degli aderenti, e il collegamento - solo su raisport, n.d.JP - va avanti per circa 8 ore senza che nessuno si degni di dire una parola. Davvero un bel giorno, scelto, per fare una serrata) e Flavia seduta accanto a Moya, mentre giraffona Santangelo malmenava la malcapitata Flipkens, la leonessa Francescona finalmente digrignava i denti e lottava fino alla morte contro sua maestà Justina, l'odiosa burrosa sparava insulti irripetibili verso le nostre, per una volta più incantevoli del passato terrificante di Henin, della fragilità di Amelia, dellle braccia corte di piccola Patty, degli occhi di Martina.
Le ragazze in campo, i pochi supporter sugli spalti, uno sputo in mezzo al delirio belga che avrebbe voluto, e fors'anche meritato, vista la sublimità di Justina uscita malconcia a occhio e ginocchio che ci regala la finale doppia, hanno vinto, hanno scritto il loro nome su quella coppa, hanno dato l'ultimo afflato di gloria di un'estate mondiale colorata d'Italia che resterà ancora indimenticabile, per una ragione in più.

In tutto questo silenzio, seven nation army più dell'Inno nazionale.

E tutto questo silenzio, fa pensare a quale volano mai potrà esserci per il tennis italiano? A questo punto, perché chiedersi del sottosviluppo nostrano a fronte di generazioni di fenomeni in paesi miscroscopici come (il musicalmente adorato) Belgio, quando nessuno celebrerà l'eroismo delle nostra ragazze, capaci di ripetere tra disinteresse federale (silvietta, che questa vittoria è tua, quanto è tua, ti ricordi quando ti diedero della troia?), incapacità tecniche, snobismo dalla base (chi pratica - chi può praticare - il tennis in Italia?) un'impresa riuscita ai maschi solo trent'anni fa?
Ma è mai possibile che siamo, a causa di follie gestionali, una sottonazione a livello di racchetta e pallina?
Ma è mai possibile che i nostri arrancano in serie B, mentre abbiamo 5 donne tra i primi 50?
Ma vi rendete conto che è solo un caso?
Io spero che ci sia stata una Flavia Pennetta di 6 anni di fronte a SKY, oggi. Col satellite a casa, mentre un talento povero, magari, l'ennesimo talento povero, sarà andato sprecato.

Comunque.
In un gioco così individuale, quando conta una vittoria di squadra?
In una coppa così tanto snobbata, quanto conta l'affermazione di oggi?
Non lo so, non importa.
Non importano i problemi.
Laggiù, alla base di quella coppa, finalmente, sta scritto
2006 - Italia.
E non conta molto, in fondo, il resto.
Almeno per oggi.

mercoledì, settembre 13, 2006

Uma noite com o coraçao a metade (? pode ser...)


Ao inicio do jogo desta noite, jà tinha a valia de apoiar o Sporting, e provavelmente ainda nao pensava, nao imaginava todas as emoçoes que chegaram em mim a fim.
Os meus amigos italianos nao acreditavam que eu podia ser tao apaixonado, atè nao ver a equipa do Inter, que foi no centro do meu coaraçao para 25 anos, para ter o branco e o verde em cima dos meus pensamentos desta noite.
O Sporting foi meravilhoso, foi incrivel, foi maior das todas as esperas... O Alvalade foi um teatro dum jogo perfeito, dum Nani maior do que lembrava, dum Moutinho que tinha a equipa nas maes, do Liedson que bebeu o Maicon, o Cordoba, o Samuel, a Inter milionaria e em fim o magico Caneira, que partiu desta terra onde nasci para chegar a tornar-se o protagonista duma noite que ninguem podia esperar, ele tambem nao, acho eu.
Lembra-te, Marco, de quando chateaste com o Adriano quando jogavas no Valencia?
Dos jogos na pequena Reggina?

Mas nao è disso que quero falar.
Quero falar do que senti quando o jogo foi jogar-se.
O Sporting è pequeno, mas imediatamente eu subi o fascinio daqueles cores..
Tem uma historia e um coraçao enormes, como se tem uns Deus que ficam sobre dele, que protegem-o, sobre aquele Leao que é mais que o simbolo duma equipa, duma mentalidade, dum povo de apaixonados.
Tou orgolhuso de apoiar uma equipa deste, que do dia que escolhi de adorar nunca foi capaz de desiludir-me, nos bons como nos maus tempos.
E tudo foi tao natural, que provavelmente ficava dentro de mim, do primeiro dia que vi estes cores.
Um jogo contra o Inter, mesmo, quando ainda Portugal tava tao longe dos meus pensamentos, quando se alguem contava disso eu provavelmente ri na cara...

Todo foi tao natural que quase nao acreditava, como os minutos passavam e eu vi so a equipa de Lisboa no campo, o Leao que foi capaz de dar-me mais emoçoes em poucos meses que os adversarios desta noite nao conseguiram dar-me numa VIDA.

Pode ser que è isso porque o futebol em Portugal, mesmo que ta sujo, nao da a vomitar como o italiano.
Pode ser que è isso porque Portugal fica ainda tao longe do dinheiro que amar uma equipa è ainda amor verdadeiro, e paixao.
Pode ser que eu vi, vi verdadeiro amor, digo, e nao podia nao ficar apaixonado disso.

Mas prefiro pensar que a minha alma portuguesa foi tao forte, tao grande, tao importante que percebi, amai, adorei sem pensar muito, quase sem comprendeher os sentimentos que ta noite chegaram, improvisamente e que pode ser que ficavam profundamente em mim.
Neste povo.
E amai. E adorei.

Sinto-me sportinguista, sinto o meu coraçao, como disse ao Bruno, ao centro do Alvalade quando ganhamos ta noite. O meu perto dos irmaos brancos e verdes.

Qualquer coisa maior dos sonhos.
Qualquer coisa maior da realidade.
Qualquer coisa maior do Paraiso.
Obrigado.

martedì, settembre 12, 2006

Estemporaneo

Per quante volte ho detto una stronzata a qualche ragazza, probabilmente avrei potuto farlo con te, fratello mio, compagno di mille avventure, di mille pensieri, di mille situazioni che troppo abbiamo condiviso per non pensarla in maniera diversa, in serate troppo alcoliche e il nostro orgoglio ci impedì di avvicinarci, di confrontarci, di sentirci io e te unica cosa come in fondo siamo sempre stati.
Una parola ci distrusse, costruì un infinito di incomunicazione tra noi.
Non dico incomunicabilità, perchè questa non ci fu mai.
Quello che sei non è mai cambiato, quello che sei stato mai diminuirà.
E domani non saremo ciò che siamo stati: perchè tu non sei l'idiota che non mi parla più sol perchè prima di lui mi sono scopato la sua onorabilissima troia , nè quel sottouomo d'un flautista riciclato.
Sei stato un fratello.
E domani fratello non sarai più.
Perchè eravamo bambini, stupidi.

Cosciente, che in un'altra vita, forse, basterà solo uno sguardo.
Ma di questa, mio malgrado, rimangono solo i rimpianti.
E ciò che non sarà mai più.

lunedì, settembre 11, 2006

Un bilancio


Il bilancio d'una estate (finalmente NON italiana) risulta necessario al 10 di settembre, alla fine di un periodo a maniche corte, di giorni che se si vuole sono spensierati, in superficie, ma oberati, di torbidi pensieri, in fondo.
E che dirvi, di un sol giorno nell'amata Soverato, di una intensissima settimana portoghese, amore immane, infinito, che cazzo, un qualche germe di DNA dentro di me lo porto, se il sentimento è così forte.
Che dirvi di un'Italia campione del Mondo, ché mai me lo sarei aspettato, di una juve in B, ancora meno, di Reggio Calabria col primato di (mi viene in mente Luttazzi chissà come, chissà quando, chissà perchè) città turistica per eccellenza, di amici che troppo presto sono andati via, di Feste di Madonna con Grignani che tradisce, di poche mbriacate serie, chissà perchè, di qualcosa che forse negli anni torna, e che cazzo, me la sono tirata troppo quest'anno, per ricordare?
Ricordare di differenze, di cose troppo strane, di locali in cui non sono mai stato: i fuochi non li ho visti quest'anno, troppo lontano, a cantare Maudit e Lacio Drom (emozione, lacio drom, -drom, rom, viaggio: stà a vedere che drom è desinenza) in mezzo a chi forse non le ha sentite mai, e la mostra di Dalì.
Bilancio positivo, negativo, non lo so.
So che mi sento vecchio, troppo vecchio, per sopportare bambine arrapate, cosce al vento, notti insonni, ferragosti e caldo ionico.
La prima estate da fuori luogo, con una gamba rotta e un fegato ingrossato.

Ricordati, Antonio, di lei, per la quale hai sofferto finchè non è andata via.
Ricordati dell'Algarv.
Ricordati, della Juve in B e dell'enciclopedia blu.
Del tuo primo stipendio e contratto di lavoro.
Della laboriosità di questo post.
Di Grignani e Pelu.
Dei Novembre, della Quiete.
Di quelle là, ai lidi
Della Juve in B.

Ricorda, perchè non tornerà più.
Com'è difficile, crescere in un sol colpo.

Mi ricordu da prima sfilata
'ndavia dec'ianni

martedì, settembre 05, 2006

Un post, bello lungo, dedicato alla memoria di Giacinto


Ogni tanto si deve pur postare per (far)vivere(un blog), no?
Ed eccomi qui, di nuovo, a raccontare di storie storielle e avvenimenti personali e meno.

L'incipit è che la prostituzione, ahimé, non conosce confini, ma mentiroso per mentiroso il mio anticipo è come sempre stato provvidenziale e determinante ai fini della mia placida reazione: prevenire è meglio che curare, solita solfa.

Tra Reggio Calabria, mare dietro l'angolo, sentenze irrispettose e guai fisici (buon'ultima un'analisi del sangue non proprio esaltante) scopro nuovi mondi e che in fondo delle persone si dovrebbe dubitare sempre, anche in bene.
Le mie prime impressioni difficilmente mi abbandonano, anche quando l'evidenza mi condanna ai dietro front, ma questa volta ammetto che oltre ad essere divertente èpure molto intelligente, chi dovrebbe essermi stat* sul cazzo per tanto tempo.
Ammenda, pubblica.

Duas palavras em Portuguese vao escritas, porque nao tem mais razao o vìnculo do segredo.
Jà passaram muitos dias da minha chegada, da feria no Algarve, da viagem no Alentejo e na Beira Alta, mas todas as emocçoes ficam sempre mais nitidas em mim.
Alem dos dias em vila Real, que foram inesqueciveis, os momentos com os amigos, Bruno, Daniela e Nuno (ordem alfabetico) as noites e o Oceano que va mudar a vida de qualquer va ve-o.
Mas mais os novos amigos, os pais do Bruno aos quem nunca bastarà dizer obrigado, obrigadissimo e nada va desobrigar-me para como trataram-me, que dizer como um filho è pouco, e o aniversario do Vasco, uma pessoa maravilhosa que cada coisa que faz fica sempre na minha alma, como um ensino, como uma escola.
O meu coraçao ta sempre ai, lembra-vos, qualquer coisa va acontecer.
E desculpe pelas minhas palavras, que tao cheias de erros, como o meu portuguese sempre mais enferrujado.
E' o meu coraçao que tem que falar. E serao so acçoes para monstrar o que tenho.
Sempre pouco, mas nao è possivel explicar.
Esta vez nao chourai.
Porque a proxima fica muito mais perto do que voces pensam.

E per questo, al ritorno dal Portogallo comunista dell'Alentejo violato da un cazzo di McDonald's tra le palle, tra gente chiusissima e case basse sempre più basse, porte aperte e diffidenze, ricatapultato al lavoro, stremato dalla lesione alla gamba, mi fa gioia essermi esibito estemporaneamente dal vivo di nuovo.
La ruggine di cui sopra c'era, evidentemente. Ma ho ritrovato vecchie emozioni, in misura piccola, ma così significativa.
E ho riletto sostiene Pereira, e il dottore è venuto a trovarmi, per chi ha avuto la fortuna di possederne una copia e divorarla. E l'ho rivisto, ma questa è un'altra storia.
Il mio paesino si appresta a conciarsi a festa, e queste sono le uniche giornate in cui son capace di amarlo.

I Novembre risuonano maestosi nelle mie orecchie.
Metal, progressive metal, dicono.
Bah, io li sento così tristi, decadenti, aspri, divini nelle melodie che le categorizzazioni, per una volta, le lascio a chi ha poca fantasia (accusa, come ben vedete, prontamente da ribaltare al mittente).

Giacinto era un fiore, han scritto sulla gazzetta.
Anche lui, non l'ho visto giocare, e non l'ho conosciuto, nemmeno di sfuggita, come invece capitò col buon Peppin Prisco.
Sempre sembrato un uomo serio, con qualche lacrimuccia sulle parole di Moratti, orgoglio interista è fatto anche di questo.
Ciao.