As câmaras da memória

Diario di un(o che continua a confermarsi un) antieroe
Vortici di pensieri disordinati: un italiano che ha anche vissuto a Lisbona, ma non per fare l'er*smus
"La vita per te é solo un pretesto per scrivere a ruota libera" (simon tanner aka humpty dumpty)
"Io lavoro, eri tu quello che faceva cazzate!" (Franca)

mercoledì, agosto 31, 2005

Arcani ed anatemi a vendere


Dato che le disgrazie non vengono mai da sole, apprendo da poco che la Reggina ha preso in prestito dal Siena quell'idiota di CiccioCozza.

Allora, io avevo un blogghe ove una volta mi lanciai in accuse per nulla velate contro il fighetto di Cariati, che ha silurato diversi mister, spaccato spogliatoi, rovinato partite vinte.
Si sente il dio del calcio, come testimonia il suo atteggiamento che lo porta a non contrastare mai, a non difendere, a non lottare quando bisogna farlo, a mettersi all'ombra nelle giornate di sole limitandosi a timidi tocchetti laterali.
Titic-titoc, Francesco.
Una volta, inoltre, venuto al mio paese per reclamizzare nonsoquale fan club della Reggina, attorniato da bimbi plaudenti che chiedevano l'autografo, l'emulo di Zidane disse loro-testuale-: "levatevi dal cazzo, nani di merda".
Questo prima di essere un discutibilissimo calciatore, non è un uomo.
No, non va bene.

Non finisce mica qui.
Cerco di recarmi, pochi minuti fa, in un paese vicino per poter suonare.
Mi fermo ad un semaforo con la mia automobile, una 206 del 2000, che ne ha prese tante, di botte, ma che è fedele.
E alla quale sono affezionato.

Insomma, di colpo un tizio fa retromarcia con una X5 nuova nuova.
Io suono ma lui mi carica addosso.
Suono e carica ancora.
Mi distrugge il cofano, e lui non si fa niente.

Scende e con nonchalance tira fuori il palmare (è un medico) e si prende i miei dati. Mi dà un bigliettod a visita e mi dice: 'trovati un carrozziere e chiamami".

Lui dall'alto della sua presunzione non s'è fatto nulla.
Io sono a piedi.
E volevo andare a Palermo sabato, per i dEUS.
Dovrò farlo in seicento, forse.

E' la grande metafora della vita.
La presunzione paga.
Lui c'ha i soldi e se vuole si compra pure me.
Io rimango un povero diavolo.

Senza auto
e con un Cozza in più sul groppone.

La Malavita, il malanimo.


Finchè ho potuto me lo sono portato dentro.

Il cd dei Baustelle lo ascolto ininterrottamente dal 14 di agosto.

Non ce la faccio più.

Mi piace pochissimo.

Forse perchè sono un innamorato e aspettavo questo album con attesa spasmodica: volevo sapere come sarebbe andata, volevo sentire la voce di Bianconi cantare musica 'altra', volevo sentire i synth di fab, volevo sapere se il tanto temuto 'sputtanamento' da major sarebbe arrivato o no.

Eccolo, allora, questo album.
L'inizio è 'cronaca nera', un'aria strumentale assolutamente baustelliana, godibilissima, un minuto e spiccioli.

E poi arriva 'la guerra è finita'.
Un pezzo ENORME.
Un pezzo sulla linea melodica di 'gomma', addirittura, di 'sadik'. Un pezzo del sussidiario, una storia molto baustelliana.
E quel ritornello, così Pulp (il gruppo, non lo stile): apre, si chiude, si riapre, accordo pieno.
E bianconi straordinario, un incedere a 4/4 favoloso.
Sarà un singolo? Sarà un singolone.
Una perfect pop song.

Faccio io: 'sti qua han fatto un album favoloso.
Ma parte Sergio, che sto imparando ad apprezzare solo da poco.
Inzialmente quel ritornello strano, con parole alla rinfusa, aveva poco di Baustelle: l'abilità stratosferica del Bianconi è quella di conferire dignità a storie apparentemente e generalmente squallide.
Bianconi sa raccontare una storia, anche con parole semplici, chiare e banali, ma la modula con la sua voce e la rende bellissima. Costruisce un mondo intorno. Richiama ricordi di infanzie di vergogna e bassezza. Ma umanità a non finire.
Sergio ha queste caratteristiche, ma me ne sono accorto in ritardo.
Ma non è stata una folgorazione come Love Affair, come Il Musichiere.
E' dolcissima, coinvolgente, ispirata.
Ma meno folgorante.

Poi ci sono i Provinciali, un pezzo davvero di epoca 'remota', pre-sussidiario, e allora provincia isterica, morire la domenica, chitarre effettate, basso a riempire, arrangiamenti di baufab.
Alto livello.

A vita bassa: testo notevolissimo, canzone al di sotto delle attese.

Poi il nulla.
Del Corvo Joe apprezzo il ritornello, il resto è noia mortale.
Inverso per 'Un romantico a Milano'. I primi ascolti me la facevano odiare, adesso dico che forse, con un po' di lavoro in più, sarebbe stata una buona canzone. Ma il ritornello non si può sentire.
Il nulla (nomen omen) è una canzone di valeria rossi.
'Perchè una ragazza di oggi può uccidersi' è insignificante.
Cuore di tenebra non è una canzone dei Baustelle. Una chitarra inusitata.

Io credo che quest'album non è paraculo. E' solo molto mediocre.
Col 'sussidiario' non può assolutamente reggere alcun tipo di confronto.
Provo allora a fare un paragone con 'la Moda': nella moda ci sono due-tre canzoni stratosferiche, due-tre ottime e le altre buone.
Direi nel primo gruppo Love Affair, Alain Delon, La moda, e.n.; poi la settimana bianca, reclame, lo ye-ye; e poi le altre.
Tutte comunque opere bellissime. Episodi che disegnavano il mondo bau in modo cristallino e dorato.
In questo album vedo due-tre canzoni buone (i provinciali, la guerra e sergio), tre mediocri (il romantico, il corvo joe e a vita bassa) e il resto zero, zero assoluto.

Altra impressione: questo album mi sembra la produzione singolare e univoca di Bianconi. Rachele ripeto in secondo piano, Massara quasi ininfluente: solo nel 'romantico' si sente la sua mano, e nei Provinciali, che però è sufficientemente 'vecchia' per non poter far testo.
Testi banalissimi, troppe volte, però. Poco autoreferenziali, poco snobismo tipicamente baustelliano . Poche citazioni allucinantemente inaspettate, come Francesco faceva una volta.
Bianconi scrive cose, racconta fatti anche banali, a volte, con una raffinatezza grandiosa, come ho detto sopra. Rendendoli quasi commoventi, dando dignità a cose che generalmente sembrano squallide. Lo scrissi pure, in altri posti, i baustelle li amo anche per questo. Forse sopratutto.
Questa volta la raffinatezza non ce la vedo. E' come dire che se sussidiario e moda erano tutta una vetta di raffinatezza 'letteraria', la malavita vive di picchi.
E se non c'è il picco, il testo diventa banale e ridicolo.
E troppe volte risulta esserlo, alle mie orecchie, 'La Malavita'.

Voglio sperare che questo sia il prodotto di una corsa contro il tempo: nel senso, se è venuto fuori quest'album al di sotto delle attese, probabile che la colpa stia nel fatto che l'album non è stato 'rifinito' nel migliore dei modi. Cioè, forse ci sono i Baustelle in nuce, forse le idee ci sono, ma sviluppate così...
In 'cuore di tenebra' si può trovare in nuce -per dire-' la canzone di alain delon', con quella chitarra là.
Come trovo in nuce, in 'a vita bassa' lo yè-yè.
Oppure in 'perchè una ragazza...' (ribattezzata 'valeriascusamièstatounerror e') trovo in nuce che so, un pezzo a due voci del sussidiario con arie da moda.
Il problema è che, ad esclusione della 'guerra', che è una canzone meravigliosa oltre ogni limite o i provinciali, che è palesemente fuori dal contesto dell'album, trovo tutto in nuce, appunto.
Sembra fatto per forza, sembra fatto contro il tempo. Sento testi a volte lontani, troppo lontani dallo stato di grazia del Bianconi che ti ipnotizzava con una citazione.

C'era l'idea di fare un album 'per vendere'? Forse, e forse i Baustelle non riescono proprio a tirar fuori una roba del genere, ed è venuto fuori un ibrido.

Fosse stato un album di qualsiasi altro gruppo avrei tenuto le due canzoni e poi messo nel cestino della memoria l'intero cd.
Un po' come per i Babalot: mi piacciono due canzoni, le altre no. Ebbene, ogni tanto ne metto una in una compila, ogni tanto ne ascolto un'altra (due volte all'anno), poi lo dimentico.
Non fossero stati i Baustelle, quest'album avrebbe fatto la stessa fine.
Cover col mio gruppo de 'la guerra...' e provinciali in due compile.
Il resto, ciao ciao.

Invece per tutta una serie di motivi non sarà così. Perchè in fondo i Baustelle li ho amati, li amo, e amerò quello che sono stati.
Perchè due-tre pezzi li adoro già.
Mi accompagneranno in tante, troppe cose. Lo so.
Perchè non è stato uno 'sputtanamento' da major.
Però.

Il dolore c'è, profondo,
lancinante, a tratti.
BauFab non c'è più.
Due tre pezzi fanno da contraltare ad altri anonimi.
Ho rispetto per la produzione, volenterosa.
Ma forse azzardata.

Come spero sia la mia analisi.
Li andrò a vedere.
Mi commuoverò.
Continuerò ad amarli.

Hai ragione, Monica
la sconfitta è storica
ma non posso dirtelo
posso solo piangerlo
e guardarti crescere
come cresce l'edera
come il rovo su pietre
e macerie

ed i cantanti dalle radio cantano
ed ogni anno foglie morte cadono
i calendari cambiano
ed i famosi ridono
e tutto il resto è inutile.

e le modelle per la strada sfilano
ed ogni anno foglie morte nascono
comete nuove cadono
ed è un errore cosmico
e l'univero è inutile

A vita bassa.

Poche righe, una valanga di emozioni profondissime,
di commozione,
di suggestioni.
Sono sempre loro.
Sono un po' cambiati.
Forse più d'un po'.

Ma non posso dirtelo.
Posso solo piangerlo.

domenica, agosto 28, 2005

Post periodico


'Periodico?!'
Sì, periodico.
Perchè è da tanto che non posto, e succedono mille cose
e il blog mi reclamava.

Allora
in hattrick ho vinto il campionato.
Bello.
Sono iscritto da febbraio e tutto va ok, alla grande.
Pecco un po' a centrocampo, ma mi rifarò presto.
Quello a destra è il mio logo.

Per rimanere in argomento calcistico, o prestuno tale, domani comincia una nuova stagione.
Sono reggino, inteso come 'tifoso della Reggina' oltre alla mia appartenenza geografica, come qualcuno saprà.
Si propettano giorni difficili, ma la piega mafiosa che ha preso il mio amato sport già di per sè mi fa essere sicuro che il buon Lillo Foti tra amicizie e tarallucci&vino saprà salvarci:
anche con Carobbio.
Io non ho rinnovato
perchè spero di non essere qui
perchè ho visto i miei amici, i miei compagni di strada
ultrà
aggredire un'auto con 5 donne dentro
e questo non mi piace
non sono un animale, io.

Notizie musicali: lunedì faccio un tributo a Stanley, cantante degli Alice in Chains.
Bello, e coinvolgente.
Utile, per i ragazzetti che hanno la maglia di quel coglione di Cobain e non sanno manco chi è.
Io c'ero, quando lui viveva di luce riflessa.
In his Jesus Christ Pose.
Comunque.
Periodo un po' particolare.
Ho il nuovo dei baustelle, ma mi farò 'sentire' solo dopo l'uscita ufficiale.
Per ora segnalo Edyta Bartosiewicz, polacca di Varsavia, dal 1998 non fa un album.
Ho avuto il suo cd, molto PJ Harvey come voce, roca, figlia di certi '80 molto new wave.
Qualche pezzo chitarra Cocteau, interessante nel complesso.
Lei è la led guitar, tossicodipendente, pop maturo.
Sembra che la Pausini, nostro malgrado, ce l'abbiamo solo noi.
Sigue Sigue Sputnik: cyberpunk, moog a manetta, elettronica '80. Idoli.

Lei intanto, fuge, torna, fugge.
Paradossalmente nichilista.
Paradossalmente biciclettata.
Paradossalmente.
O forse è un paradosso che le sto ancora dietro.

Sono un alcolizzato.
Che scoperta.

lunedì, agosto 22, 2005

Una vita in nero


Ieri sono andato a vedere i Cure a Taormina.
E' difficile spiegare, così, in un post, quello che ha rappresentato per me il folletto nella foto a destra...

Ho scoperto i Cure all'età di 14 anni, in un periodo terribile della mia vita, quando la morte mi aveva portato via una delle persone che più m'avevano insegnato fino a quel momento nella mia esistenza, e tutto stava cambiando irrimediabilmente, e me ne accorgevo, non riuscivo a dominarmi, mi facevo troppe domande, tutto mi appariva così grande e così impossibile da comprendere che un innato nichilismo mi stava prendendo e trascinandomi verso le più nere derive dell'animo umano.
Scoprii arie devastanti, funeree, lessi le parole scritte da Robert Smith e fu una folgorazione: scriveva, questo piccolo folletto, tutto ciò che avevo dentro, con le parole giuste, con l'intensità più disperata, con inni alla morte e alla fine di tutto nei quali mi ritrovavo esattamente e perfettamente.
Certo, ero trascinato dai miei 14 anni, dal mio infantilismo.
Ma la mia vita cambiò, paradossalmente trovai certezze, trovai che non ero così solo nel mio dolore, trovai il mio pessimismo atavico nel cuore di qualcun altro.
E iniziai ad andare in giro truccato di eyeliner, rossetto nero e unghie nere.
Immensi cappottoni in pelle nera.
Poesie di morte regalate ai miei diari.
Sempre triste.
Ero diventato un dark.

Con il fatto che suonavo già, che comunque non erano così sconosciuti questi Cure, conobbi anche quella che è stata, è adesso e probabilmente sarà per il resto dei miei giorni la donna più importante della mia vita.
Nel frattempo crescevo, e crescendo tutto cambia: non ti droghi più, bevi di meno, non ti trucchi a 24 anni e una laurea per andare in giro. Lei c'è, non c'è, c'è di nuovo, non c'è più.
Chissà dov'è finita.
Ma quel Robert Smith nella vita ti accompagnerà sempre: e non posso non amarlo, non amare la sua timidezza-vera o falsa che sia- la sua emozione, la sua voce tremante.

E così ieri sono uscito di casa, da solo, alle 15 per andare a Taormina, e truccarmi a quel modo, rispolverare la maglietta aderente nera e le Doc. Martens è stato come ripetere un rito obliato e fiero. Rito che avevo compiuto, l'ultima volta, circa cinque anni fa.

Arrivo, e il Teatro Greco è una struttura bellissima: siamo in 4500 a stipare gradinate e platea, una immensità. Giochi di luce da sogno, panorama incomparabile, serata tiepida e meravigliosa di mezz'agosto.
Uno scenario da sogno.
Il problema è che non è possibile stare in piedi, e comunque il posto in gradinata garantisce ottima acustica, ma lontananza siderale dal palco. Quindi, richio di scarsa partecipazione emotiva.
Poco male, la capacità di rendere partecipi noi tutti di Robert Smith è arcinota.

E' difficile, credo, per chiunque proporre le stesse identiche cose per 20 anni- 'a strange day', per dire, di anni ne ha 23- e il rischio di offrire una minestra riscaldata, e anche male, è concreto sempre e comunque.
Stavolta i Cure sono senza tastiera. Ed è una scelta che non mi trova totalmente d'accordo: l'effettistica è essenziale, un reverbero, un flanger, un delay per Thompson e Smith, e solito suono metallico di Gallup.
Mancano in modo evidente i suoni liquidi delle tastiere, sopratutto se vuoi offrire al pubblico i pezzi di Wish o di The head on the Door. Ne risulta uno show molto più 'grezzo', rude forse: la rilettura di 'The funeral party' è nel caso emblematica; una distorsione francamente fuori luogo che la fa sembrare un pezzo quasi punk... Svuotandola dell'aria molto dark che invece la caratterizza...
Scelte, più o meno condivisibili, che comunque non mi sento di biasimare: c'è il rischio 'minestra riscaldata',e allora arrangiamenti nuovi possono anche andar bene.

Soliti limiti tecnici: Smith uccide letteralmente 'A letter to elise'; fuori tempo, sbaglia persino l'arpeggio.
Batterista che rallenta o accelera inspiegabilmente appena si passa dai 4/4 a qualsiasi altro tempo.
Gallup veramente in rovina. IN ROVINA.
Distrugge 10:15 on a Saturday Night, sbaglia perfino nelle 4 note 4 di A forest. Continua a dondolarsi col basso sotto le ginocchia e a steccare senza pudore. A quest'età.
Thompson va bene, invece: senza sbavature, compitino svolto alla perfezione.

Cosa c'è di buono, allora?
Di buono c'è che Smith la voce non la perde mai: 'Three imaginary boys', penultima canzone dopo 3 ore e passa di concerto, la canta come quando aveva vent'anni.
Che Smith ti fa chiudere gli occhi e tornare di colpo a quando a 16 anni camminavi in giro con le labbra truccate di nero in una provincia estrema nella quale era impossibile sentirsi 'vivi', ed eri solo tu col tuo walkman e tre canne addosso con 'Shake dog shake'.
Che su 'the figurehead' quando urla, e tu con lui, 'touch her eyes, press my stained face, i will never be clean again' ti metti a piangere a dirotto, tu e altri accanto a te, e chi se ne frega che la gente ti guarda attonita.
Smith è un vortice di emozioni, come sempre, un poeta del buio capace di emozionarsi anche lui su 'one hundred years', perchè davvero l'ha 'sentita', non è stata solo una mia impressione, visto come è fuggito via coprendosi gli occhi alla fine.

Palesemente sovrappeso, meno di quanto mi aspettassi, ma comunque molto grasso. La prima parte, chiusa con 'end', è filata via liscia. Poi ogni tre canzoni si teneva la testa e fuggiva nel backstage, per tornare dopo poco. Eh, starà invecchiando.
Parla poco, e questo è strano, solo per dire stupidaggini.
Storpia 'american dolls' con 'sicilian dolls'.

Timido e impacciato come sempre: ci è o ci fa? Nessuno secondo me può saperlo, neppure la fidata moglie, fino a che punto Robert reciti.
Ci regala pezzi inaspettati: Push, Never Enough, Grinding Halt, M, In your House, Kiss me kiss me kiss me, to wish impossible things, A night like this, End, from the edge of the deep green sea, oltre alle solite Boys don't cry, Play for today, Friday i'm in love, A forest...
Fa tre o quattro del nuovo, non le conosco.
Fa anche qualche pezzo che non mi ricorda nulla, stranamente, e non è genere nuovo album... O sono inediti, o fanno parte di quella roba b-side che ho trascurato in join the dots o nei doppi cd di questi anni.
Chiude con Killing an Arab, dopo 3 ore esatte di musica.

Cosa aggiungere?
Smith asseconda molto il pubblico, non ha toccato wild mood swings e bloodflowers, ha fatto poco, pochissimo del nuovo. Un concerto per tutti i fan, noialtri darkettoni (o post-), e quelli della 'seconda ora'.

Punto di vista sociale.
Vicino a me quattro ragazz* in blusa rossa e gialla, un verde e una camicia nera con innesti biancastri che mi guardano come un alieno mentre canto a squarciagola 'the blind man kissing my hands'.
Non sono fans, e per tutta la serata mi chiederanno lumi su album, anno di produzione e casa discografica (è sempre la fiction, cazzo), straniati dal fatto che io sappia tutte queste cose.
In sostanza sono arrivato tutto nero dove nero non è nessuno. Ci guardiamo con gli altri, pochi, truccati e abbigliati in funeral style rendendoci conto di quanto, in fondo, siamo patetici.
Molti vestiti in rosa, ragazzini che non sapevano le canzoni, nessuna canzone vecchia, che ci guardavano stupiti quando applaudivamo alla prima nota di un pezzo di seventeen seconds, il cui nome ci comunicavamo con ebbrezza innaturale, come se lo stessimo aspettando da una vita, e non era nemmeno lecito pensare che potesse regalarcelo.
Dietro, un anziano borghesotto sulla 50ina.

Sono passati quattro anni da quando li ho visti l'ultima volta.
Siamo tutti vecchi, siamo tutti legati a un passato che non tornerà mai più.
Con cui abbiamo fatto i conti, e non abbiamo, almeno per quanto mi riguarda, rimpianti.

Solo che è stato bello,
almeno per una sera,
tornare a sognare ad occhi chiusi
su quattro poesiole disperate
che hanno segnato irrimediabilmente la mia vita.
Tornare a pomeriggi d'inverno, al liceo, quando tutto era facile e invece ti sembrava impossibile, chiuso in camera con quattro cassettine.
Tornare a quando la conobbi.
Tornare a Pornography a 15mila lire.
Tornare alla disperazione infinita delle notti a chiedersì immensi perché, quando avevo il tempo di osservare la vita con il dono del dubbio.
Tornare all'erba nascosta nello zaino.
Tornare alla prima volta che fummo, io e lei, soli, il mondo intorno cattivo, lontano da noi, su Three Imaginary Boys.

Quando non avevo fretta di inseguire il mio futuro.

Bastava solo chiudere gli occhi ieri sera.
E tornare ragazzo, adolescente ipersensibile e incompreso, carezze leggere su visi pallidi, baci rubati al tempo.
Sbornie, urla a casa per nulla.
Un basso in legno.
Un libro folgorante.
Un messaggino d'amore.
Una stanza vuota,
un tavolo, una sedia e una luce fioca.

Notti senza luna.
Notti scure e profondissime.

Notti che non torneranno mai più.
O forse sì:
torneranno
ogni volta che chiuderò gli occhi
e sentirò la voce del mio amato folletto nero
raccontarmi di gironi che diventeranno sempre più 'heavier and weighted'
sussurrarmi
'sweet child,
the moon
will change
your mind'.

No, Robert,
non è stata la luna;
sei stato tu.

mercoledì, agosto 17, 2005

Quand'ero bambino, c'è stato un periodo in cui...


...ho sognato ardentemente di essere Attilio Lombardo.

martedì, agosto 09, 2005

Io non tremo.

Ieri ho visto gli Afterhours live a Fuscaldo.
Concerto meraviglioso.

Non era la prima volta che andavo a vedere gli Afterhours.
Spesso il rendimento live di Agnelli è al di sotto delle attese meno rosee: perde la voce alla terza canzone, stecca clamorosamente, sale sul palco scazzato al massimo, non ricorda i testi.
Se il prezzo del biglietto fosse stato superiore ai 20 euro, giuro, non sarei andato a vederli, per quanto siano uno dei gruppi che più ho amato nella mia vita, per quanto abbia gradito anche l'ultimo album, almeno nella seconda parte.

E invece.

Invece ieri è stata una serata magica.
La location è un piccolo campo sportivo di paese, prato in erba (e questo conferisce un po' di fascino) e il palco è sistemato davanti a una brulla montagna appenninica, con tanto di paesino simil-presepio come se ne vedono tanti da queste parti.
Sarà stato questo, sarà stato che eravamo meno di 300 persone, appassionate e commosse, sarà stato il sostanziale fresco rispetto alle altre sere agostane di questo 2005, Manuel ci ha regalato un concerto straordinario.

Due ore e un quarto.

Apre una band di ragazzini che si chiamano 'MF' (?), musicalmente copia conforme degli A Perfect Circle, e il cantante che cerca con scarsissimi e deludenti risultati di imitare Mike Patton. 'Na palla. Ma non così.

Aggiungiamoci che per 'riscaldarci' mettono su l'intero Master of Puppets dei Black sabbath, due-tre pezzi dei Led Zeppelin e un intero Faith No More.
La risposta è clamorosamente deludente.
Orde di ragazzetti incapaci di cantare una canzone che fosse una.
Non conoscevano testi, non conoscevano autori, non sapevano nulla.
Ma porca miseria, come fate?
A presentarvi anche a un solo concerto in queste condizioni?

Insomma, ci mettono addosso la depressione, e l'inizio con Transmission è pressocchè sottotono.
Ci scaldano le prime note di 'è la fine quella più importante', un altro pezzo del nuovo e Manuel ci regala la prima sorpresa: 'Rapace'.
Manuel non stecca, tiene la voce benissimo: ci guardiamo tutti stupiti, mentre le luci violacee del palco materializzano cavalieri sieropositivi. Passiamo per 'le piccole jene' e 'carne fresca', 'male in polvere' ed ecco 'sui giovani d'oggi ci scatarro su': la presenta nel più banale dei modi ('ed ora un pezzo lento per rilassarci') ma il rendimento è straordinario.

Note di merito vanno tributate al batterista, Giorgio Prette, di una precisione stratosferica, e sopratutto a Dario Ciffo, violinista, che entra, si siede alla tastiera e canta da solo un pezzo molto intimo. Poliedrico il ragazzo, visto che più avanti, nel concerto, Agnelli gli lascia il microfono e con voce squarciante dipinge 'Dea'.
Altro regalo meraviglioso.

Siamo noi a chiedere '1.9.9.6.', con un coro forte e deciso, ma Agnelli fa orecchie da mercante. Applaude al pubblico ma ci comunica che lui sì, è vero, è una testa di cazzo, come tutti i suoi musicisti.
Parla poco Manuel, pochissimo. Lo sputo in faccia arriva, una volta sola, durante 'male di miele', ma non per questo lo vedo emaciato o stanco.

Continua a tenere la voce per tutto il concerto. Il suo classico perdersi e urlare con la carotide che si gonfia senza risultati non si vede nemmeno. Evidente stato di grazia.
Non abbandona mai il microfono, tranne in alcune occasioni, per renderci solo più partecipi se diamo segni di cedimento. Lui no. Lui non cede mai.

La sua voce si rompe, per l'emozione, una volta sola.
Su 'quello che non c'è'.
Perchè la sussurra.
E si mette a piovere piano.
E noi stiamo cantando sotto, lo stiamo accompagnando.
E davvero i brividi scivolano lungo la schiena.
E scorre una lacrima.
Mi ritrovo a cantarla abbracciato ad una sconosciuta (bruttina, ad onor del vero).

'Non sono immaginario' da solo chitarra e voce, è dolcissima lettura di vago tremore, 'pelle' seduto al piano è reinterpretata con grandissima personalità, una 'sangue di giuda' urlata con dolore ed evidentemente molto 'sentita'. Lacerazioni interiori, senso di disfatta, dolore infinito con grande dignità.
'Bye bye bombay' la cantiamo noi, 'Veleno' (incredibile, inaspettatissima) solo chitarra e violino, 'strategie' pogo da matti, altre nuove e si chiude col 'Compleanno di Andrea'. Altri sussurri al cuore.

Ancora canta come fosse la prima canzone.
Sovrumano.
Una cura rigenerante? Doping? Operazione alle corde vocali?
Unico appunto: come al solito, variazioni, almeno musicalmente, rispetto alle versioni 'album' ce ne sono davvero poche. Solo alla voce rimane lo spazio per folleggiare.

Fatto sta che ci ha regato un concerto ad altissimo tasso emotivo.
Un caleidoscopio di emozioni indimenticabili.
Inaspettato, ripeto, è il termine giusto per definirlo.

Note di colore: tre gin lemon, ormai sono dipendente, e dunque favolosamente semi-ubriaco; spilletta dei Magpie alla prima uscita ufficiale e richiesta di notizie da più parti; ho quasi litigato con un tipo in prima fila che si lamentava per le spinte nei poghi.
Il discorso è semplice:
ti ammazzi per stare in prima fila.
Si comincia a pogare.
Io sono dietro di te.
Trecento persone mi spingono.
Finisce la canzone da pogo, inizia un pezzo lento.
'Sto tipo spinge indietro.
Lo chiamo: 'oh, ma sei impazzito?'
E lui: 'ma che vuoi, mi potevi fare male!'
E noi: 'ma ti rendi conto che sei in prima fila? E' normale che ti arrivano le botte! Io qua dietro ne prendo, fa parte del gioco, del divertimento'
E lui: 'oh ma che cazzo dite? così non ci si diverte'

Chiaramente tutti lo guardano male.
Era il suo primo concerto.
Finisce là.

E qui ci sono le foto che ho scattato all'evento.
Lo so che non sono un granchè, ma è già qualcosa... :)
Enjoy!

lunedì, agosto 08, 2005

Intimo stupore

Ritorni, Anna, e mi fai del male.
Mi fai del male a guardarmi così
mi fai del male a parlarmi

Mi fai del male
quando io ti apro il cuore
e perdo ogni senso del limite

e perdo ogni mio pudore
nel dirti
quanto ti amo
quanto sopporto ogni tuo capriccio
quanto mi sento migliore di tutti gli altri tuoi gioielli

quanto soffro
nel non saperti mia
quanto in fondo non mi importa niente
nel sapere che non sono nulla
se tu sei felice

quanto ogni altra mi scivola addosso
quanto sia inutile
ogni carta
ogni oggetto
ogni bene
se non mi sei vicina

quanto sia uno splendido dolore
buttarmi via
abbandonare ogni strada
gettare al vento ogni sogno
sacrificare la mia stessa anima

per te
solo per te

quanto ogni fiore più lontano
più staccato dal contesto
più remoto da pensare

ogni iperbole più grande

ogni sogno più incantevole

non sia nulla davanti ai tuoi occhi

perle d'un mondo lontano
coscienza di malattia terrena

davanti al bisogno represso di stringerti
di annullare ogni altra cosa
di vendere me stesso

dolore per non avere oggi
quello che in fondo
non ho avuto mai

tornerai, angioletto
tornerai

come un sorriso infantile di innocente gioia
tornerai
inaspettata
pura
semplice

tornerai.

(parole di un boia
parole di nulla
parole di chi
ti ha rubato l'anima

ieri
ieri.)

giovedì, agosto 04, 2005

Io

Ho speso 300 euri in tre ore.
-Cavo per basso;
-10 plettri;
-Chitarra acustica preamplificata;
-25 cd;
-Memory card per la fotocamera;
-Polo Tr*ssardi (sconto 50%);
-Pantaloni Tr*ssardi (sconto 50%);
-Jeans Rome0 G*gli (sconto 50%);
-Polo Calvin *lein (sconto 30%).
Benvenuto nell'era delll'ottimismo.

Nessun silviomane però mi ha detto grazie, diobono.

lunedì, agosto 01, 2005

Le vacanze del duemilacinqué sembravanò sintetiché

Primo post vacanziero.

Sono stato sette giorni 'via', a Soverato. E'incredibile il susseguirsi di avvenimenti, storie, piccole avventure.
Parlavo, qualche tempo fa, nella mia 'lettera aperta', di un mondo -quello giovanile- dal quale mi sento molto estraneo, spesso, disadattato, forse.

Queste vacanze mi hanno dimostrato che, sostanzialmente, se non prendo tutto pallosamente sul serio, a partire da me stesso, non sono così fuori dal mondo come precedentemente illustrato.

Adesso mi metto a raccontare.
Ma come mi viene, però, perchè le emozioni sono state tante e ricordarmi di tutto è veramente impossibile.

La colonna sonora di questi sette giorni è stata, assolutamente, senza nessun rivale, prima di tutti e di tutto, Forever dei Cranes. Alison ci mandava a letto con la sua splendida vocina da dolce ninna nanna, Alison ci svegliava proiettandoci in mondi incantevoli di eterea maestà.
E così ritroviamo Alison in una cameriera. Una tipa che non parlava, si lamentava. Voce stonata come lei, nasalissima, ridicola. Non potevo non volerle bene.
'Come la volte l'acqua, naturale?', e sembrava che ci stesse cantando Jewel. Che dolce.

Mare bellissimo, altamente salato. Serate meno caotiche del solito, poca gente. Cioè, un fracco di gente, ma meno degli anni passati (Soverato è il mio luogo preferito di vacanza, non lo baratterei con nulla). Tutto ciò rendeva più facili e soventi gli approcci con le ragazze.

Prima sera, ubriaco lercio, blocco una svizzerotta. Una bambolina: occhi chiari, italiano stentatissimo, inglese zero. Sua sorella una maledetta crucca demoniaca. Gran pezzo di..., la sorella, ma una nazista incredibile. Mi odia sin dal primo istante.
Ogni parola che dico alla mia svizzerotta, lei si gira e bofonchia minacce in tedesco terribili, mi salgono i brividi, sembra sempre pronta a menarmi ad ogni pié sospinto.
La svizzerotta sembra curarsene poco.
Ma.
Finisce lì. Le sere dopo, ci si ferma e si parla solo del tempo, lei ha il tipo e infatti si fa rossissima ogni volta che mi incontra mano nella mano con lui, e neanche saluta. La immagino internata nel giardino di casa con la sorella SS che la obbliga a spaccare pietre.
Povera ragazza. Quasi quasi vado a Zurigo a rapirla.
Nota di colore: il tipo l'ho poi beccato da solo in una disco. Noi nove maschi terroni animali e lui in compagnia di un suo amico. Mi guardo intorno e vedo che la crucca (di sicuro novella Uma Thurman capace di massacrarci tutti insieme da sola con la sua spada di cristallo) non c'è. Allora via con spallate, pestoni, gomitate. Alla fine cede e se ne va. Ci mancava, che me ne ciulasse un'altra!

Alcool a fiumi. Ogni sera ubriachi, adesso infatti sto ancora male. Veramente dei cadaveri. Il punto più alto l'ho raggiunto una notte in disco però.
Adesso racconterò di un evento surreale, se non mi crederete non posso farci niente, ancora non ci credo neanch' io e dunque fate un po' come vi pare.
Mi trovo in disco. Sono fuori, ma non così. Oltre ogni limite.
Mi siedo su un divano in plastica scomodissimo. Musica a tutto volume, ma non fa nulla. Cado in un sonno profondo simil-coma.
Ad un tratto mi sento toccare: 'scusa...'
Allora, premessa: io sono brutto, come potete vedere. Neanche un tipo, io sono brutto. Sono simpatico, un po' ci so fare, però sono brutto. Insomma, le mie ragazze le ho avute, le storielle pure, com'è normale che sia. E qualcuna ci ha anche provato con me, in tutti questi anni.
Ma mai una stanga bionda mozzafiato.
Rimango stordito.
'Come ti chiami?'
'Perchè dormivi?'
'Cosa studi?'
'Da dove vieni?'
'Dove vai al mare?'
'Con chi sei qui?'
Cioè incredibile. O è drogata o è pazza. O Gesù si è ricordato di me. O sto ancora sognando.
I miei amici sono esterrefatti.
Io pure. Rispondo ancora stordito, lei è un fiume in piena, ci sta provando spudoratamente. Non posso crederci, non posso crederci. Recito pater noster, ringrazio Allah e Buddha, insomma, chiunque me l'abbia mandata.
Rimaniamo con un appuntamento fissato, lei deve andar via. Boh, forse mi darà buca. Ma mi è bastato per comprendere che in fondo un senso questa vita ce l'ha. Che non siamo stati generati dal caso, e in culo a Morgan.
Neanche i film americani.
Ormai me la tiro da paura.

Sempre in discoteca, un tipo con la maglietta di Velvet Underground & Nico. Che gioia, in questa musica di merda, ritrovare un essere pensante.

E sempre in discoteca, abbiamo assistito ai cinque minuti di follìa isterica di 10 persone.
Fermi a bere un drink. Arriva una, nana, ci balla davanti sbattendocela in faccia. Fuggiamo e una prende il bicchiere di un mio amico e ci beve. Glielo lasciamo e se lo contendono come se fossero turisti fai-da-te persi nel sahara. Attoniti fuggiamo ancora e vediamo un tizio con tutti i capelli tinti di verde litigare col barman, e una ci dice 'non avete sete, ragazzi?'
Noi: 'no'.
Scappiamo via da questa gabbia di pazzi.

E comunque devono aver sciolto l'LSD nell'aria.

Una sera vado a un concerto punk. Due palle che non vi dico, batterista martellante privo di qualsiasi tecnica, poghi di 18enni drogati una cippa. Mi siedo e guardo, osservo, mi diverto.
Mi assopisco. Sono vecchio.

Spiaggia, e capitolo a parte.
Troviamo il luogo ove albergano i fighetti. Uno zingaro mi legge la mano e dice che muoio a 82/3 anni e avrò quattro figli, tre maschi e una femminuccia. Magari. Cioè, magari da quando me l'ha detto.
Prima di matrimonio no volevo sentir parlare. Adesso, con questa prospettiva... Mah. Che bello. Boh, ci ho riflettuto. E ho immaginato. E...
Ed ecco, sì, mi piacerebbe. Non parlerò mai più male del matrimonio e dei bambini piccoli. Voglio i miei figli!!!

Compro un paio d'occhiali da un senegalese col quale discutiamo a lungo della Muridiyya e dei marabutti e la deriva dell'islam centroafricano. Poi mi fa vedere gli occhiali e ne scelgo un paio palesemente da donna. Ridicolo. Il primo a ridermi in faccia è proprio il senegalese, poi gli amici e poi chiunque altro. Mi rido in faccia anche io.
Io non so essere serio. E sono contento che non mi prendono per persona seria. Non posso essere così triste da ingrigirmi per le parole e i pensieri degli altri.
La mia vita è la ricerca dettagliata sull'islam italiano, ma anche il gavettone a tradimento allo sconosciuto vicino di posto al mare. Non ci si annoia mai. Io non mi annoio mai con me stesso. E allora viva l'imitazione Yves Saint Lauren da ragazza (in foto), così poi faccio il bagno con gli occhiali da sole per imitare i fighetti impomatati stile-porto cervo.

Che poi al mare si scende con il giornale. Quanta bella stupidità che si fugge tuttavia: scendo con l'Unità e a nessuno passa per il c***o. Scendo con la Repubblica e mi danno del comunista. Qualcuno me lo spieghi, please.
Ah, alle primarie voto Berty. O scrivo Fassino. Ma Prodi no, ve prego.

Quaranta sigarette al giorno, litigi continui coi compagni di viaggio.
Ridatemi quel posto.
Sono qui da meno di 24 ore e già sto morendo di nostalgia.